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Ella Goda
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Ci son voluti all’incirca 1500 giorni di gestazione per il primo lavoro omonimo degli Ella Goda. Arrivano dal bergamasco, sono attivi da 4 anni e la loro proposta è decisamente accattivante che raccoglierà consensi. E’ un album che, per semplicità , s’inquadra nel power-pop ma non è propriamente cosi. Conierei, piuttosto, col marchio “lord-pop”, in quanto il sound ha sfumature signorili di pop ma anche di rock, piazzato in giuste dosi. L’opera parte col singolo “La cura Schopenhauer”, basso severo per introdurre un pezzo che ha il suo fascino nelle latenti trombe e l’arpeggio lontano di chitarre con l’azzeccata alzata di un’ottava nella tonalità. Si prosegue con “La mia eredità” in cui si rende omaggio al padre del singer Brian , per aver ereditato la sua navigata chitarra che conserva un sound fascinoso: e si sente. Ora, signori, un inchino prego! Per una ballad da brivido: “Qualcosa di astratto”, una delle migliori che siano passate in questi ultimi tempi. Elegante, viscerale, moderatamente accorata, con sfumature vocali dei fascinosi Radio Dervish. Invece, “Quattro anni” è traccia vivace e spensierata che evidenzia la constatazione che nella vita di provincia possono passare tutti gli anni che vuoi ma, gira-gira, in una piccola realtà, i pensieri tornano uguali a prima. Con gli Ella Goda si assorbono anche concettualità di spessore: dal già citato Schopenhauer ( il quale dimostrò che col solo ausilio delle parole si possano innestare cambiamenti e cure nelle persone ), alla poesia di Marco Ardemagni titolata in “Uomo e cosa” con la quale il cantante Brian Zaninoni ne rimane folgorato a tal punto da scriverne l’omonima canzone, costruita su un giro di piano che s’attacca come una zecca e si stacca solo passando a “Che cosa rischiamo”, un dolce power-pop appoggiato su riff chitarristico e andatura circolare.

L’episodio che denota una sua precisa identità è senz’altro “Canzone apotropaica” per la sua scrittura piuttosto anomala e frizzante rispetto al sound fin qui proposto. Tralasciando “Solo il silenzio” che non lascia il segno né per la tematica esile né per i contenuti inconsistenti e prevedibili, la band torna a suscitare presto interesse con le due ultime tracce , con le quali chiudono in bellezza. Tirando le somme, la sensazione che resta dell’album è quella di una prova riuscita sotto l’aspetto emotivo ed intenzionale e basterà innestare piccole migliorie d’arrangiamento e che Zaninoni non soffra più le note basse per poter scalare posizioni di prestigio nell’olimpo underground. Ci riusciranno con naturalezza perché hanno idee chiare e immediate capacità empatiche . E, per essere un’opera prima, è già tanta roba.

 

 

Year : 2017

 

Label : Bullbart

 

Genere : Rock-power-pop

 

 

TRACKLIST :

 

1 - La cura Schopenhauer

 

2 - La mia eredità

 

3 - Qualcosa di astratto

 

4 - Quattro anni

 

5 – Uomo e cosa

 

6 - Che cosa rischiamo?

 

7 - Canzone apotropaica

 

8 – Solo il silenzio

 

9 – Le attese bruciano

 

10 – Anni luce da te

 

LINE-UP

 

Brian Zaninoni : voce, chitarre, pianoforte

 

Sebastiano Pezzoli : basso, sintetizzatori

 

Marco Towers : batteria, percussioni

 

 

 

 

 

 


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