Autori di quattro capolavori assoluti, pubblicati tra il 1986 ed il 1994, ovvero Rage for Order, Operation: Mindcrime, Empire e Promised Land, i Queensrÿche sembravano aver perso ispirazione e smalto all’inizio del nuovo millennio, molto probabilmente anche a causa della fuoriuscita dal gruppo del chitarrista, compositore e cofondatore Chris DeGarmo.
Dopo alcuni dischi di transizione, la band è tornata lentamente a risollevare la qualità della propria produzione e già alcuni segnali di ripresa si erano ascoltati in Operation: Mindcrime II e nella penultima fatica in studio, American Soldier. Uno degli elementi distintivi che caratterizza tutta l’opera dei Queensrÿche è lo sguardo attento ai problemi del nostro tempo e la analisi acuta della nostra società, infatti la band ha trasformato e nobilitato l’heavy metal affrancandosi dalle tematiche un po’ stereotipate del genere (draghi, spadoni, sesso, droga, ecc…) per affrontare argomenti seri ed attuali quali la manipolazione delle masse, i poteri occulti, la politica corrotta, la guerra e la povertà. Anche musicalmente, assimilata la lezione di Judas Priest ed Iron Maiden, riletta in chiave personale nei primi due album, Geoff Tate e soci, hanno sempre cercato di sperimentare ed innovare, restando comunque se stessi, inconfondibili, ed innalzando, di fatto, le fondamenta del metal moderno. Arrivata a celebrare il trentennale della propria carriera e con le sopra citate credenziali, la band pubblica il tredicesimo lavoro in studio (se si tiene conto anche di Take Cover, l’album con la riproposizione di brani altrui). Dedicated to Chaos non è un concept, ed in merito il vocalist ha dichiarato di recente: “Con questo disco ho voluto prendere una pausa dal lavoro con i concetti e temi, e davvero solo concentrare l’attenzione sulla scrittura di una raccolta di canzoni che fossero rappresentative di dove è arrivata la band in questo momento”, ma anche se i brani sono slegati, un filo conduttore, come suggerito dal titolo dell’album, esiste. Le canzoni sono dedicate al caos che affligge l’epoca contemporanea, piena di cambiamenti ed in continuo fermento, si narra di shopping compulsivo ovvero della ricerca sfrenata della felicità che proviene dal possedere sempre nuovi oggetti ("Retail Therapy"), di frenesia per il web e le nuove tecnologie ("Hot Spot Junkie"), di infatuazione per donne fredde e calcolatrici ("Got It Bad"), di sesso offerto in maniera esplicita ("Wot We Do"), dei ritmi forsennati che imponiamo alla nostra esistenza ("Get Started", in cui è illuminante il verso: “la vita è troppo breve per rallentare”), dell’amore e della pace come soluzione per salvare il mondo (con la frase “All you need is love” di "Around The World" e non si dica che il tema è troppo scontato perché offenderemmo i Beatles) e, ancora, di amore ossessivo ("LuvnU" e "I Take You"). In alcuni casi i testi esprimono rabbia, contro le bugie dietro le quali si nascondono i politici mentre si combattono guerre inutili, la crisi avanza e la gente continua a perdere il lavoro ("The Lie"), rabbia verso la generazione di adulti ingrassata e pigra a tal punto da non potersi più sollevare e reagire ("At The Edge") e della rabbia necessaria per fare una bella rivoluzione e cambiare il mondo ("Big Noize"). Qualche testo appare un po’ ingenuo o addirittura banale, ma, confidando nella intelligenza di Tate, c’è da pensare che la cosa sia studiata appositamente per rispecchiare la superficialità dei giorni nostri. Parlando di musica, Dedicated to Chaos (di cui viene valutata la edizione speciale con quattro bonus track) si apre con “Get Started”, brano lanciato e di grande impatto, con una ritmica diretta e senza fronzoli ed un assolo che suscita forti emozioni. “Hot Spot Junkie” è costruita su un incessante lavorìo delle chitarre. Segue la sinuosa e orientaleggiante, con venature funk, “Got It Bad”. “Around the World”, arrangiata con archi e pianoforte, nella sua semplicità è una bella canzone, paragonabile a certe pietre miliari degli U2 (ai quali i Queensrÿche andrebbero accostati secondo l’equazione “QR:Metal = U2:Rock”, ma questa è un’altra storia), e con una melodia di chitarra che richiama "Sweet child of mine" dei Guns n’ Roses. Il ritmo sincopato di “Higher” è lo sfondo ideale per i fraseggi del sassofono; da segnalare il break strumentale, ai limiti dell’improvvisazione jazzistica, posto a circa metà brano. L’energia compressa di “Retail Therapy” esplode prepotente nell’accattivante ritornello. “At the Edge”, oscura e rocciosa, sembra uscita dal primo Mindcrime; geniale lo stacco onirico centrale, la grandiosa ripartenza ed il mirabile assolo di sax di stampo chitarristico. Si prosegue con la drammatica e struggente “Broken”, orchestrata come una colonna sonora. “Hard Times” è un pop rock elegante in stile Roxy Music o, meglio, alla David Bowie (in alcuni passaggi la voce di Tate richiama in maniera impressionante quella del “Duca Bianco”). “Drive” (che accende il ricordo di "Gonna get close to you") è cadenzata e tribale così come la successiva “I Believe”. “LuvnU” parte con un omaggio al musicista più famoso di Seattle (occorre precisare?) e procede con un riff a singhiozzo ed un ritmo saltellante. “Wot We Do” ci trasporta direttamente in uno strip club (suggestione che deriva anche dalla visione del relativo clip realizzato dal buon Geoff assemblando una serie di foto scattate durante il Cabaret Tour del 2010). “I Take You” risulta uno dei brani più riusciti, grazie alle intriganti tessiture armoniche imbastite dalle due chitarre. Si chiude con la corale “The Lie” e la sperimentale e psichedelica “Big Noize”, entrambe dal sapore vintage. L’album si avvale dell’apporto compositivo di figure esterne al gruppo: Jason Slater (autore di musica industrial rock ed elettronica, già bassista degli Snake River Conspiracy e produttore di Operation II e American Soldier) che produce anche tre brani, Randy Gane (che aveva suonato le tastiere anche nel disco precedente), Jeff Carrell (chitarrista nell’album solista di Tate) e Kelly Gray (ormai presenza fissa nello staff della band) anche producer dei restanti tredici pezzi. Nei brani non appare mai (fatto piuttosto singolare) la firma di Michael “Whip” Wilton e Parker Lundgren, anche se lo zampino dei due chitarristi, in fase esecutiva, è fondamentale per la riuscita dei pezzi migliori. Geoff Tate è in piena forma e a proprio agio nelle tonalità più basse e calde; ma la prova più strabiliante è quella offerta dalla sezione ritmica formata dal duo Rockenfield e Jackson, che in questo disco supera se stessa per inventiva, compattezza, groove e potenza. L’ascolto in cuffia o ad alto volume esalta la qualità delle composizioni (abbonda infatti l’uso di effettistica, pan-pot, rumori di sottofondo) e consente di apprezzare al meglio l’opera di rifinitura delle chitarre. Si percepisce chiaramente che il gruppo ha realizzato tutto con grande vitalità ed entusiasmo; l’impressione è che la band abbia voluto ricreare certe particolari atmosfere già proposte negli album precedenti, senza rinunciare alla contaminazione con altri generi, suonando in maniera differente i propri strumenti ed introducendo anche elementi elettronici nel proprio sound. La formula vincente, dunque, è la solita: innovare, sperimentare, restando comunque riconoscibili. Il risultato finale è che, eccetto qualche brano trascurabile ed un paio di bonus (che poco o nulla aggiungono al resto), nel lettore scorrono almeno dieci canzoni di alto livello e, sinceramente, ad una band sulla breccia dal lontano 1981, non si può chiedere di più. Ad ogni modo, che si vogliano fare o meno paragoni con il passato, Dedicated to Chaos è un gran bel disco e anche se i Queensrÿche sembrano aver spostato il tiro verso un hard rock grintoso e dal taglio modernissimo, hanno centrato il bersaglio anche questa volta. Gimme another shot!!! 85/100
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Geoff Tate: Voce e sax Anno: 2011 |