A distanza di due anni dal precedente “La Muerte”, che aveva visto tornare sulle scene i deathsters olandesi dopo alcuni anni di inattività, arriva sugli scaffali questo “Rise To Ruin”, settima fatica di una carriera che li ha visti raggiungere l’apice del successo durante il periodo d’oro del Death Metal durante gli anni ’90, quando divennero una delle band europee e non solo più influenti del genere grazie all’album “Erase”.
Dopo le vicissitudini di line-up, dovuti in parte alla svolta stilistica che intrapresero a partire dall’album “Soul Survivor”, in cui le classiche sonorità death vennero influenzate da marcate venature hard rock di chiara matrice anni ‘70, e dopo la ristampa da parte della Nuclear Blast di tutta la loro discografia, i Gorefest ci propongono un lavoro senza alcun compromesso, tornando a picchiare duro come se 15 anni non fossero passati, riproponendo un disco di puro Death Metal senza particolari contaminazioni. Pestano duro i Gorefest, riffs pesanti e granitici che lasciano però in alcuni brani delle aperture melodiche che sono sempre state un marchio di fabbrica degli olandesi. La voce growl, gutturale e iper-cavernosa di DeKoijer, imprime una violenza sonora non indifferente, sulla quale si basa gran parte del lavoro, insieme ad un drumming teso e martellante, in alcuni brani anche complesso, il tutto supportato da un’ottima produzione che non snatura il loro sound grezzo e aggressivo. L’esperienza c’è e si sente, i brani volano via alternando sfuriate spaccaossa fino a dei tempi più lenti e cadenzati tanto cari ai gruppi metal moderni. Il primo pezzo "Revolt" è un assalto frontale lucido e compatto, sembra quasi di ascoltare uno dei primi album dei Gorefest, come nella title track, dove i tempi seppur rallentati non ammorbidiscono il risultato finale. La brutalità di "The War On Stupidity" e "A Question Of Terror" non lascia spazio a nessun fraintendimento, come nei successivi 9 minuti di "Babylon’s Whores", dove l’inizio tritatutto si modifica successivamente in frangenti musicali lenti ed armonici, ricordando più da vicino soluzioni utilizzate in passato dagli Hypocrisy, sicuramente uno dei brani più riusciti dell’intero disco, dove la sostanza pura si sostituisce alla ricerca di nuove sonorità. Il disco prosegue tenendo sempre la linea della stabilità e semplicità nella struttura come negli episodi "Speak When Spoken To", "Murder Brigade", e "A Grim Charade" dove a farla da padrona sono sempre i soliti killer riffs, capaci di farci scapocciare senza soluzione di continuità. L’ultima traccia, "The End Of It All", è accattivante e ci propone un brano massiccio e dai forti connotati Thrash, come a voler lasciare aperta una porta sulle caratteristiche che potrebbe avere il futuro lavoro in studio degli olandesi, davvero una bella chiusura ad un buon disco. Qualche appunto può essere mosso per quanto riguarda i solos , a volte sembrano uscire fuori dalla canzone stessa, sembrando in alcuni casi un po’ forzati, ma il tutto influisce poco sull’impatto finale. Al termine dell’ascolto la prima cosa che viene in mente è che i Gorefest sembrano aver completamente abbandonato il Death’n’Roll che li ha esposti in passato a molte critiche, creando un sound genuino che farà sicuramente felici gli amanti del genere, pur non essendo un album che cambierà le sorti del Death Metal. Da segnalare la presenza di due bonus tracks nell’edizione digipack in commercio. 80/100
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Jan-Chris DeKoijer: Voce, basso Anno: 2007 |