Prima di scrivere questa recensione sui Dperd, ho preferito attendere un po’ di tempo, infatti, l’ascolto approfondito del loro album “Regalerò il mio tempo” mi ha permesso di capire che questo duo ennese è dotato di uno stile musicale molto originale e maturo anche se ricalca sostanzialmente strade stilistiche già percorse più di venticinque anni fa.
Musicalmente, difatti, i Dperd possono essere considerati a tutti gli effetti un gruppo appartenente alla new-wave benché abbiano optato per la non facile scelta di cantare in lingua italiana. Come ben sappiamo, spesso l’italico idioma poco si concilia con le musiche anglofone, ma in questo caso specifico è un piacere vedere (anzi, sentire) come il tutto scivoli liscio come l’olio. Non è un caso, quindi, che dalla felice sinergia di questo duo (composto da Carlo Disimone e Valeria Buono) fuoriesca un prodotto finale davvero degno di nota e, soprattutto, ben lontano dall’essere un mero déjà-vu musicale della vecchia “nuova onda”. Le canzoni che compongono questo lavoro discografico sono tutte ben scritte ed arrangiate, unite da una precisa volontà della band di non voler intrattenere l’ascoltatore con suoni aggressivi, bensì con affascinanti melodie lunari e vellutati monologhi recitati dalla suadente voce della cantante, che spicca su di un drumming ben articolato, perfetto tappeto ritmico per malinconici accordi di pianoforte e pulsanti note di basso. Devo ammetterlo, ascoltarli mi ha riportato indietro nel tempo, fino a quei fatidici anni Ottanta, quando da ragazzino ascoltavo alla radio gli alfieri di quella “nuova ondata” che tanto travolse la scena musicale di quel periodo, ricolorandola in un modo che nessun altro ha mai più fatto. Che nostalgia, ragazzi! Ma bando alle ciance e torniamo alla nostra recensione. Allora, una delle prime cose che salta palese alle nostre care trombe d’Eustacchio (troppo spesso maltrattate dalla meschinità musicale di certi gruppi creati ad hoc solo per scalare le classifiche), è l’innata capacità di questo duo di creare trame sonore rarefatte ed eleganti, cosa (e la si intuisce senza troppa fatica) che fanno con smodata passione, senza fottersene troppo delle tendenze del momento. Il disco apre le “danze” con la struggente “Cuore malato”, traccia che a mio avviso potrebbe essere l’archetipo perfetto per un’arcana ed oscura canzone d’amore: l’incalzante gioco di tom e rullante e le cervellotiche meste armonie fatte di pianoforte e organo, incantano letteralmente l’ascoltatore. Segue poi “Per tutto quello”, canzone di notevole spessore che si lascia ricordare soprattutto per il suono profondo del rullante che scandisce il ritmo a mo’ d’orologio, per le sue note di pianoforte sospese nell’aria, per la sua calda linea di basso e per un assolo di chitarra di sapore “newordiano” (se conoscete questo storico combo allora avrete già capito di cosa sto parlando). “Ali(de)” – terza traccia del disco – è un’ottima canzone caratterizzata da eteree atmosfere di tastiere e da un solenne assolo di basso a la Joy Division. Questo pezzo è poi seguito dalla galoppante “Il buono, il brutto e l’oscuro”, unica traccia strumentale del disco, che non a caso si rifà nel titolo ad una delle celebri colonne sonore composte dal Maestro Ennio Morricone. Quinta canzone del disco è la magica “Sogni persi”, seguita dall’emozionante “Dimentica” e dalle restanti (ed altrettanto valide) “Chiudo gli occhi”, “Piango”, “Regalerò il mio tempo” (che dà il titolo all’intero album) e “Stropicciala”. A mio modesto parere, “Regalerò il mio tempo” è un disco che funziona bene, eccetto quando incespica in certi frenetici ricami di tastiera che s’incrociano con altri (altrettanto cervellotici), ma infondo nulla è perfetto e tutto è perfettibile. L’album si conclude con la versione re-mix di “Sogni persi” (eseguita da Nen.t.e.), bonus-track che dona un respiro di carattere europeo ad un album di wave italiana che personalmente ho trovato onesto e piacevole da ascoltare. 80/100
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Carlo Disimone: Chitarre, basso, tastiere, percussioni Anno: 2008 |