Verde chiaro che, dal basso, sfuma in una tonalità più scura, quest’ultima sovrastata dal logo della band e dal titolo dell’album: se la copertina di Close To The Edge, nella sua semplicità, non è sicuramente lo zenit artistico di Roger Dean, lo stesso non si può dire del contenuto musicale, probabilmente il capolavoro assoluto degli Yes e uno dei dischi fondamentali del progressive britannico. All’epoca gli Yes, dopo i primi due album, che, seppur non perfetti, lasciavano già presagire l’arte della band nello scrivere ottima musica senza confini, diedero alle stampe, nel 1971, The Yes Album e “Fragile”, due incredibili raccolte di memorabili brani.L’anno dopo la band bissava tali capolavori con un album mastodontico contenente tre sole canzoni: Close To The Edge. La title-track è ambrosia uditiva: un’introduzione agreste precede un vorticoso riff nel quale gli strumenti sembrano rincorrersi per poi sfociare nel tema del brano, semplicemente meraviglioso nella sua solarità. Nonostante la durata della suite (perché di questo si tratta), il gruppo, grazie ad una sapiente diversificazione musicale e al coinvolgimento totale di tutti gli strumenti, riesce a non stancare mai l’ascoltatore e a mantenere sempre viva l’attenzione per tutta la durata del brano. Uno dei momenti più alti del progressive rock di ogni tempo. Le due tracce successive dimostrano di non essere certo dei riempitivi: pur non arrivando a lambire i vertici estetici della title-track, la più lineare “And You And I” gode ancora di una scrittura eccellente, grazie soprattutto al movimento “Eclipse”, dove un trionfo di moog, mellotron e chitarra pedal steel, riprendendo un tema del compositore finlandese Sibelius, sfocia in un'epica ed eroica melodia che tocca direttamente il cuore di chi ascolta. Il terzo e ultimo brano, “Siberian Khatru”, ricorda i Gentle Giant più squisitamente rock e si muove tra ottime soluzioni corali e un fantastico riff alla chitarra di Howe. Se in questo album la musica assume una maggiore complessità, anche le liriche, proporzionalmente, hanno una connotazione più filosofica, basandosi sul celeberrimo “Siddharta” di Herman Hesse. Ascoltare quest’album è un’esperienza ultraterrena, utile per comprendere appieno il cosiddetto progressive-rock e ascolto consigliato anche per chi considera il genere in questione “freddo e privo di emozioni”. |
Jon Anderson: voce Anno: 1972 |