Home Recensioni Live Deep Purple - Roma, 22 Giugno 2017

Deep Purple
Roma, 22 Giugno 2017

Roma, 22 Giugno 2017 - Palalottomatica
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Quale critica si può sollevare, qualora ce ne fosse il motivo, a cinque musicisti settantenni o quasi, che riescono ad affollare il Palalottomatica e suonare in maniera esemplare per quasi due ore, ripercorrendo cinquanta anni di storia della musica?
Di sicuro, se commenti ci fossero, dovrebbero essere senz'altro positivi.
Quasi settanta anni di media perché, a parte Steve Morse, che con i suoi 63 anni è il giovanotto del gruppo, gli altri quattro si attestano tra i 69 ed i 72.
Il 22 Giugno 2017, i Deep Purple, nella loro ottava incarnazione, la cosiddetta Mark VIII, si sono così esibiti a Roma in quello che si dice sia il loro ultimo tour prima dello scioglimento definitivo (chi vivrà vedrà).
Peraltro, tour promozionale del loro recentissimo ed ottimo album “InFinite” (qui recensito).

La location era gremita seppur non del tutto satura e l’'esibizione è durata all’'incirca 1 ora e 45 minuti, senza interruzioni, con la piena soddisfazione del pubblico presente.
Soddisfazione giustificata dalla eccellente esibizione della band e da una scaletta che, pur dedicando attenzione agli immancabili brani storici del gruppo (da "Hush" a "Perfect strangers", passando per "Lazy", "Smoke On the Water", "Space Truckin' ") e soltanto ad una manciata di brani recenti (tra i quali "Uncommon Man" e "Hell To Pay" da "Now What?!" e "Time for Bedlam" e "The Surprising" dall'ultimo album, dimenticando, cosi, altri ottimi pezzi della discografia con Steve Morse, sempre puntualmente ignorati), sembra aver appagato, se non il palato dei puristi, quantomeno quelli del pubblico più comune, certamente meno intransigente e oltranzista.
Vedere Ian Paice che martella la sua batteria con un vigore, una velocità ed una tecnica che ancora non cede il passo, per niente inferiore a quella di batteristi più giovani, è sempre motivo di grande emozione interiore. Assistere ai virtuosismi di Don Airey, capace di spaziare tra i classicismi barocchi e quelli più avanguardistici e syntetizzati, è una gioia per gli occhi e le orecchie. Come pure è galvanizzante osservare Roger Glover mentre percorre il palco con il suo basso e mentre inneggia il pubblico e si sbilancia in un medley solista per nulla scontato. E che dire di Steve Morse? Abilissimo nel passare dai disciplinati accompagnamenti ritmici ai pregevoli assoli nello stile che ha contraddistinto i Purple nell'’ultima decade.

Ultimo, ma non ultimo, Ian Gillan, forse il vero anello debole di questo organico. La sua voce non è ovviamente quella di un tempo giacché egli fatica a raggiungere quelle tonalità proibitive che lo avevano reso noto negli anni ‘'70. Del resto, se per gli altri musicisti le corde usurate dei propri strumenti possono essere sostituite senza problemi, quelle vocali di Gillan non sono altrettanto facilmente intercambiabili! Un tempo riusciva a gestire la sua voce al pari di una chitarra slide, mentre oggi i suoi gorgheggi da gallinaccio in crisi stipsica, potrebbero essere filosoficamente paragonati ad una chitarra distorta.
E, a dirla tutta, dove se non nell’'hard rock, sono presenti le chitarre distorte?
Tuttavia, recentemente (con ciò intendendo anche la precedente perfromance al Palalottomatica, di circa un anno fa), egli affronta con maggiore dignità la platea: le sue attuali esibizioni sono comunque più che soddisfacenti, con lui proteso a non cercare l'ottava alta, ma a posizionare le sue corde sulla giusta tonalità, ancorché non altissima. Questo vale per l'intera esibizione qui recensita, fatta eccezione per il solo brano "Space Truckin' ", purtroppo completamente cannato, dall'inizio alla fine.
Ad ogni modo, considerando che stiamo parlando di un ragazzo di 72 anni, c'’è poco da recriminare.

Il fatto che quei signori sul palco abbiano suonato in giro per il mondo per oltre 50 anni, basta da solo a giustificare una serata spesa ad ascoltarli, a cui va aggiunta la soddisfazione motivata dalla loro eccellente esibizione, pur non potendo loro perdonare l'assenza dolosa di "Highway Star", inspiegabilmente castrata dalla tracklist definitiva. Avremmo preferito ascoltarla in luogo della abusata e ormai scontata "Hush", brano da sempre poco rappresentativo perché portato al successo dalla Mark I e ripreso dalla Mark II soltanto negli anni '80.
In ogni caso, peccato per tutti coloro che se li sono persi e che forse non riusciranno più a goderseli. Al riguardo, considerando che si parla dell'ultimo tour (c'è da crederci, vista l'età avanzata di 4/5 della formazione), ci si aspettava il sold out, quantomeno in termini di doveroso omaggio ed immutato affetto.







 

Ian Gillan: Voce e armonica
Steve Morse: Chitarra
Don Airey: Tastiere
Roger Glover: Basso
Ian Paice: Batteria

Data: 22/06/2017
Luogo: Roma - Palalottomatica
Genere: Hard Rock

tracklist:
Time for Bedlam
Fireball
Bloodsucker
Strange Kind of Woman
Uncommon Man
The Surprising
Lazy
Hell to Pay
Perfect Strangers
Space Truckin’
Smoke on the Water
encore:
Hush
Black Night

 

 

 


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