Steve Hackett è riuscito a ritagliarsi un posto di rilievo negli ultimi anni. I suoi apporti come chitarrista e co-autore nella famosa band prog inglese dei Genesis, durante il loro periodo più innovativo e prolifico dal 1971 al 1977, sono stati frequentemente sottovalutati.
Hackett ha infatti costantemente sostenuto il suo lascito artistico. La musica dei Genesis continua ad avere un vasto pubblico e il chitarrista ha riunito un eccezionale gruppo di musicisti per eseguirla, riuscendo a conciliare il tour con gli altri impegni paralleli dei componenti. Nei Genesis, Steve Hackett si presentava come un giovane musicista schivo, spesso seduto mentre suonava la sua chitarra. Oggi, al contrario, è un artista capace di esibirsi sul palco con sicurezza, rivestendo il ruolo di frontman che canta da solista e collabora nella scrittura dei testi, supportato dalla moglie. La sua produzione risulta estremamente interessante, poiché affronta una sempre più ampia richiesta di musica priva di confini di genere. La sua creatività, intensa e tormentata, insieme a sonorità affascinanti, gli ha garantito una posizione di rilievo tra i musicisti che ispirano e motivano i giovani artisti ad elevare i propri standard in cerca di grandezza. La prima parte dello spettacolo si concentra sulla carriera solista del chitarrista, attingendo da brani tratti da "Spectral Mornings" e "Voyage of the Acolyte", entrambi lavori di alta qualità. In gran parte delle sue composizioni, Hackett delinea una sua visione di come avrebbero potuto suonare i Genesis. L’insieme si presenta come un’interpretazione di prog sinfonico, mescolato con dolci melodie folk, con la chitarra che dimostra uno stile decisamente versatile. In brani come “Every Day”, "Spectral Mornings" e “Shadow of the Hierophant”, si stagliano melodie incantevoli e sintetizzatori di grande effetto. Il set è caratterizzato da magnifici crescendo acustici che richiamano un forte sapore britannico, alternando brani strumentali dalle sfumature scure. I primi generano paesaggi sonori incantevoli, con un focus sul delicato intervento dei fiati, mentre il suono si fa via via più sperimentale, fondendo tessiture orchestrali con chitarre dissonanti. Pur mantenendo un forte legame con i Genesis, lo sguardo è decisamente proiettato verso il futuro.
La seconda parte dello show è dedicata a "The Lamb Lies Down on Broadway", l'unico concept album dei Genesis in senso stretto. La narrazione surreale e impressionista racconta le avventure di Rael, un punk portoricano di strada, catapultato in un mondo sotterraneo psicologico dove viene messo alla prova e, alla fine, trasformato. I momenti salienti di "Lamb" si susseguono rapidamente: "Carpet Crawlers", "The Chamber of 32 Doors", la deliziosa "Lilywhite Lilith", ma non c’è, ahimè, spazio per "In the Cage". È sempre affascinante osservare con quanta creatività e finezza Rob Townsend riesca a destreggiarsi in questa musica, considerando che nei primi Genesis non era presente la tessitura dei sax. Jonas Reingold esprime una forte personalità con la sua chitarra a doppio manico, mentre Roger King, in qualità di direttore musicale della band, ricopre con maestria il ruolo di Tony Banks. Nad Sylvan, alla voce non è apparso invece sempre irreprensibile. Si torna poi a "Selling England by the Pound" con "Dancing with the Moonlit Knight", seguita da "The Cinema Show" e un gran finale con una ispirata "Firth of Fifth", per concludere con il consueto dittico "Dance on a Volcano/Los Endos". Davvero sorprendente notare come queste composizioni stravaganti e dalla scrittura complessa resistano ancora alla prova del tempo, continuando a toccare nel profondo molte persone - il teatro era sold out - e attraversando almeno tre distinte generazioni di appassionati.
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Steve Hackett: chitarre, voce
Roger King: tastiere
Gary O'Toole: batteria, percussioni, voce
Rob Townsend: sax, flauto, percussioni
Jonas Reingold: basso, chitarra
Nad Sylvan: voce
TEA - TEATRO EUROPAUDITORIUM
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