Dal loro primo album in studio sono trascorsi 25 anni, della cui formazione originaria è rimasto ben poco se non un solo membro che può a pieno titolo addossarsi l’onere di portare avanti il nome della band.
Questi sono gli Angra di oggi, quelli che a distanza di quattro anni dal precedente album sono tornati in sala di incisione per ripresentarsi ancora una volta sul mercato discografico, nonostante la defezione, nessuno sa se temporanea o permanente, di Kiko Loureiro, dal 2015 in forza ai Megadeth. C’è comunque da dire che i vari avvicendamenti verificatisi nella loro storia, sono sempre avvenuti sfalsati tra loro, facendo sì che il bagaglio stilistico venisse in parte tramandato gradualmente ai nuovi arrivati. Da un confronto con le loro precedenti produzioni, partendo quindi da Angels Cry del 1993 fino a giungere a Secret garden del 2014, questo nuovo lavoro si presenta pertanto in linea con l’impostazione tipica degli Angra: un power metal melodico, con il tempo sempre più contaminato da accenni di prog metal, e in alcuni casi anche da incursioni sinfoniche. L’italiano Fabio Lione si conferma sempre più una delle ugole più strabilianti del panorama mondiale e in ØMNI è proprio il caso di dire che fa la parte del “leone” (concedetemi il gioco di parole), per estensione vocale e per tecnica esecutiva. Ho avuto l’onore di assistere al concerto degli Angra nel 2016 al Traffic di Roma (qui recensito) e posso garantire che la sua performance è stata eccezionale e per nulla inferiore alle sue incisioni in studio, cosa che purtroppo non si può dire per tanti altri vocalist in circolazione nell’ambiente rock/metal (riferimento assolutamente voluto a James LaBrie che, all’Auditorium Santa Cecilia di Roma, nel Gennaio 2017 in concerto con i Dream Theater, rovinò letteralmente almeno 1/3 dell’esibizione a causa della sua assoluta incapacità dal vivo a gestire quelle tonalità che tanto ama raggiungere in studio, cantando nel vero senso della parola come un cane attanagliato da dolori addominali). Dal punto di vista qualitativo ØMNI è quindi altrettanto valido di Secret Garden, e costituisce di fatto una evoluzione ed una maturazione nella carriera della band brasiliana. È infatti tangibile il tentativo di avvicinarsi sempre più al prog metal, senza però perdere i connotati power che li hanno sempre contraddistinti. L’album è infatti strutturato con due tracce iniziali d’impatto immediato in puro stile power, per poi deviare sempre più, soprattutto nella parte centrale (quella che preferisco), verso architetture prog più articolate e ritmicamente varie, favorite anche dal concept di base delle composizioni, i cui testi vanno ad intrecciarsi con i precedenti dischi, per poi svilupparsi lungo un proprio percorso narrativo che si dipana nello spazio e nel tempo. Oltre alla eccellente prestazione di Lione, la parte strumentale è comunque di altissimo livello, la cui unica pecca è forse una eccessiva ricerca della frenesia a tutti i costi, andando così a minare l’incisività di alcuni passaggi ritmici che meriterebbero forse di essere maggiormente valorizzati. Dopo quindi le prime due tracce impostate su una doppia cassa mitragliante senza tregua, a partire da “Black Widow's Web”, nella quale i dolci vocalizzi della brasiliana Sandy Leah Lima contrastano piacevolmente con il growl della incantevole canadese Alyssa White-Gluz (Arch Enemy), l’incisione diventa veramente interessante e assume connotati prog metal senza comunque discostarsi troppo dal power puro, a meno della fin troppo radiofonica “Always more” e della orchestrale “Infinite nothing”, messa a conclusione dell’album senza alcuna plausibile e valida motivazione. Con ØMNI gli Angra si confermano pertanto una della band più interessanti e valide nel panorama metal mondiale. Da non perdere quindi i prossimi appuntamenti dal vivo in Italia, a Milano, Roma e Bologna, rispettivamente il 3, 4 e 5 Aprile 2018. |
Fabio Lione: Voce
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