Il fondatore Stefano Donato avvertiva che, per evolvere, doveva dare al nuovo disco un’impronta ancora più forte e poco italica, per confermare quanto di buono si era detto sul loro conto. Ne scaturisce No war to win: 11 brani che sorprendono per classe e ricchezza di suoni intarsiati ad arte. Logico che, incrociare presenze come Noel Gallagher and brother, gli abbia dato il guizzo determinante per non deludere le attese e curare le sessions con tanto lavoro alle spalle. Già si avverte l’internazionalità nel singolo d’apertura “Human machines” e in “How the hell”, con andamento tipicamente british e refrain tanto centrati quanto eleganti. Con “Out of control” si decelera leggermente a vantaggio di bassi più autoritari e maggior percussività e lasciando ampi sfoghi alla chitarra del pregevole Oliviero Fella. Il paio che segue: “Two idiots” e “Mess panther” piacerebbero senz’altro agli Arctic Monkeys, con il loro tipico dinoccolare ritmico. Mentre, “Stay awake” trasmette charme a iosa e non inciampa mai nella banalità. Si sente che stazionare a Londra è tutta salute e se poi trai spunto non solo dagli Oasis ma, chiaramente, anche dagli Stereophonics allora progettare la magia di “Something more” è un gioco da ragazzi. Infine, col supporto dei loro seguaci sui social, cosa si inventano i The Step? Semplice: affidano loro di scrivere la lirica di “Connection” per chiudere il lavoro alla grande, con una semi-ballad profonda e di sostanza, con vocalità passionale. È bene ribadire che No war to win convincerà persino le orecchie più esigenti e snob, in quanto sarà difficile non riconoscergli la smisurata cura dei suoni e la carismatica esecuzione. Non c’è “nessuna guerra da vincere”: l’unico conflitto da perseguire sarà con se stessi al prossimo ..step, per continuare a stupire e dare un degno seguito a questo disco di raro spessore. Anno: 2017
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