Diavolo di un Voltaire! Ispiratore e stimolatore di tanti filosofi, scrittori e dotti musicisti, questa volta ha folgorato il nostro Ottodix (alias: Alessandro Zannier); il quale è rimasto colpito a tal punto da generare il sesto album della propria luminosa carriera Micromega (disco co-prodotto da Flavio Ferri, già con i Delta V). Non càpita sovente che, da una manciata di canzoni, si possano trarre una miriade di considerazioni sui meccanismi che orbitano nel cosmo, sotto forma di strutture fisiche, biologiche, matematiche e manufatti vari che condizionano, in qualche modo, l’esistenza. Chi volesse approfondire le tematiche, non compirà una brutta azione ma, in questa sede, ci limiteremo a parlare, logicamente, dell’immanenza delle nove tracce, legate tra loro in un’opera elettro-sinfonica, che delinea nettamente l’inarrivabilità per tanti: non a livello culturale (cosa che si può recuperare con lo studio), ma, piuttosto, a livello globalmente ponderativo dell’insieme (e qui, invece, ci vuole un talento specifico). L’inizio di “Cern” è sgocciolio di note spaziali e fraseggi cosmici con belle esplosioni centrali, mentre il clacson e i rumori di vita di “Elettricità” fanno da preludio ad un pezzo carico di pop-mood anni ’90. Le sorprese sono dietro ogni angolo: “La risonanza” presenta inserti orientali fibrillanti su andatura sostenuta che non lascia respiro. “Il mondo delle cose” è fluttuante ed ipnotica, con aspetti piacevolmente easy. Con “Micromega boy” si torna a schiacciare il pedale, con dinamismo e fantasie a lambire il firmamento. Immaginate cosa possa succedere durante gli spettacoli di Ottodix durante i quali si intrecciano, in un suggestivo mèlange: musica, natura, scienza, arte, il tutto tenendo d’occhio la relazione con l’uomo contemporaneo distanziato da opinabili credenze come religioni, superstizioni o chimere. Nello spazio siderale di Micromega confluiscono anche le oscurità dei Depeche Mode in “Planisfera” e l’assenza di gravità in “Sinfonia di una galassia”, brano dal gusto retrò-futurista, tra elettronica e remote orchestre Hollywoodiane, con fitte trame di synth e la fascinosa semplicità con la quale si viene catapultati, all’istante, sulla Via Lattea. “Zodiacantus” è raro episodio costruito su cadenza regolare e, proprio per questo, si guadagna strada facendo la candidatura a prossimo singolo. La navicella Micromega termina il suo viaggio con “Multiverso”, suggestivo ed etereo, ma con estensioni strumentali tirate troppo a lungo. Chi pensa che i testi dell’album siano marginali, rispetto alla musica, compie un grosso errore poiché, da essi, parte tutta la stesura del progetto teorico di Alessandro, che sa manipolarli con efficacia per destinarli, poi, a svariate declinazioni d’arte. Consiglio caldamente di ascoltare, con estrema attenzione, i contenuti di Micromega in quanto le nove tracce contenute rappresentano, implicitamente, nove ordini di grandezza della materia circostante. E se riusciremo ad estrapolare le loro recondite concettualità, noi e la scimmia della copertina non ci copriremo più gli occhi per il timore di vedere la luce della verità.
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Anno: 2017
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