Non si contano più le volte che Milano è stata fonte battesimale per nuovi cantautori, vantando tradizione prestigiosa. Entra nell’elenco anche Pollio il quale, tralasciando il nome Fabrizio, arriva come solista all’opera-prima con Humus dopo aver fondato e militato nell’indie-rock band 'Io?Drama', con uno “score” di circa mezzo migliaio di concerti. Direi che di esperienza ne ha incamerata per poi sentire la necessità di riportarla nel suo cd, prodotto con cristallina passionalità ed evidente mood emotivo. Gli sfoghi sono tanti, più o meno autobiografici: dalla fastidiosa sensazione che talvolta ricorre nel sentirsi poco concreti, all’urlo impaziente di attendere quel fatidico momento di svolta che non arriva mai. Pollio ti arriva tosto allo stomaco già dalle prime battute di “Oggi è domenica”, ricco di amaro sarcasmo per ogni estremismo ecclesiale, dominato da campane a go-go che fanno da sfondo verso la speranza di un’assoluzione che passi senza intercessioni. E’ un brano dall’impatto forte che avrebbe rinunciato volentieri a scrivere se il testo non lo avesse eletto triste vaticino per il mesto destino del padre, facilmente intuibile. Durante l’ascolto del cd ci si rende conto che il Nostro raramente ritrae le unghie, pronte volentieri al graffio docile, ma incisivo, che richiama l’ugola di Rino Gaetano nella spinta vocale e Capossela nelle note basse, riscontrabile sia in “Generico” sia in “La comparsa”. Difficile trovare quadretti tutt’altro che idilliaci ma non per questo che sia un lavoro propriamente pessimistico. Piuttosto ha la volontà di essere realistico con il raggio di luce in tasca e pronto all’occorrenza. Gli episodi culminanti passano per “Il figlio malpensante” - in cui s’immerge profondamente nel suo traffico interiore per tentare di capire quanto, finora, sia stato (eventualmente) inconcludente o meno - e attraverso la conclusiva “Angelus” con la sua splendida cavalcata di mandolini al galoppo ed un messaggio da perfetto ribelle, che ne se infischia della confessione e, in generale, di ogni verità e legge inattaccabile. La sua scrittura fomenta, pulsa, batte forte e vive come la dedica che fa all’Humus, in quanto capisce che le cose migliori rinascono dagli scarti, dai frammenti vitali, dalle fisiologiche dissipazioni amorose, dal deja-vu intimistico e non dal persistere su convinzioni intellettuali o da regole schematiche che portano alla logora conformazione dell’individuo. Pollio ne ha mangiata di noia a fissare soffitti ma se, all’epoca, pareva un’odiosa e frustrante perdita di tempo ora è cosciente che in quei vuoti maledetti stava maturando il suo cielo in una stanza.
Anno: 2016 FORMAZIONE:
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