Tutte le composizioni, estremamente precise, di Mark Feldman esigono un grande coinvolgimento dei musicisti, che in questo contesto sono chiamati a dare prova del loro potenziale ai più alti livelli. What Exit mette soprattutto in evidenza il percorso singolare di questo violinista dotato che suona disinvoltamente jazz passando dallo swing al free, classico muovendo dal barocco al contemporaneo e che non disdegna effettuare sessioni di registrazione di musica country di Nashville.
Feldman si è sempre segnalato per il suo considerevole interesse nell'oscillare tra differenti idiomi musicali, come testimonia candidamente lo stesso brano d'apertura, Arcade della durata di quasi ventitrè minuti, che appare molto più tributario della musica contemporanea che del jazz, come nelle due composizioni seguite da un tema di ispirazione yiddish.
Il pezzo tortuoso e trascinante inscena cavità sonore, ascensioni furiose e riposi sognanti assieme ad un identico bisogno di avventure, annunciando altresì d'incanto il principio d'incertezza sul quale si regge l'intero album.
Attorno al violino di Mark Feldman i tre musicisti riescono con sensibilità e destrezza musicale a disegnare l'istante fugace che subito si affaccerà. Questa musica labile, che per molti versi non può realmente definirsi jazz a tutto tondo e che non si esaurisce nemmeno per intero nei canoni dell'estetica classica, emana costantemente una sensazione di sorpresa, lascia campo libero ad una moltitudine di combinazioni armoniche.
Accanto a momenti d'attesa, Everafter, dove tutto appare ancora possibile, s'insinua con prepotenza una strana sensazione di inquietudine diffusa, Elegy, come se gli strumenti potessero letteralmente entrare in disaccordo.
Ecco perchè, nonostante il suo carattere imprevedibile, What Exit non cessa giammai di apparire un lavoro sereno: Maria Nuñes e arioso. Gli incessanti spostamenti ritmici, la complessa esposizione tematica e delle sonorità, contribuiscono ad ideare una affascinante poetica dell'irrisolto.
Siamo dunque piuttosto lontani dalla tradizione del violino jazz come lo intendono i Francesi, alla Grappelli e Lockwwod per intenderci. Tuttavia questo lavoro dagli accenti audaci è carico di una emozione misteriosa e risulterà particolarmente interessante e degno d'interesse per gli ascoltatori dalle orecchie avventurose e curiose al contempo.
Mark Feldman: Violino
John Taylor: Piano
Anders Jormin: Contrabbasso
Tom Rainey: Batteria
Anno: 2006
Label: ECM
Genere: Jazz
Tracklist:
01. Arcade
02. Father Demo Square
03. Everafter
04. Ink Pin
05. Elegy
06. Maria Nuñes
07. Cadence
08. What Exit