Lenny Kravitz ne è sicuro, questo per lui è il suo migliore album in 22 anni di carriera.
Nato per essere un disco di 8 tracce e poi arrivato a 16 ("La creatività mi ha preso, ed alla fine ho deciso di inserire tutte le canzoni incise" ha detto il 47enne rocker di colore in merito), Black and White America è il suo nono disco in studio, e giunge sul mercato a 3 anni e mezzo di distanza da It Is Time For A Love Revolution, lasso ti tempo che ha dato la possibilità al musicista newyorkese di esprimersi al meglio delle sue potenzialità attuali. Niente di nuovo sotto il sole, musicalmente parlando, Kravitz continua a contaminare il suo (hard) rock con funk, soul e pop, ma questa volta lo fa con decisione e accompagnato da un songwriting concludente e molto vario (quanto meno nella maggior parte degli episodi). Il disco parte bene con la title track, un funk leggero e melodico che narra la storia d'amore tra suo padre e sua madre ("lei di colore e cattolica, lui bianco ed ebreo. Quando camminavano mano per la mano in strada, la gente li guardava male. Ma alla fine sono stati accettati, anche dai partenti."), mentre in "Come Togheter" esplode tutta la sua passione per le sonorità più dure e ritmate, accompagnate bene da inserti di sax. In "Liquid Jesus" fa riemergere il suo falsetto seducente, facendo un pò il verso al suo maestro Prince, ma che alla fine dei giochi risulta essere solo un mero scimmiottamento; nella successiva "Rock Star City Life" viene preso di mira Paul Stanley dei Kiss, con gli stessi ammiccamenti vocali immerse nelle più classiche partiture hard rock imbevute di synth. In "Boongie Drop", una sorta di esperimento dancehall ospita l'amico Jay-Z, che però non riesce a far decollare un brano piatto e noioso, mentre va decisamente meglio con "Superlove", dalle dolci melodie '70s dove soul e funky vanno a braccetto con la voce di Kravitz. L'album a dire il vero non presenta niente di clamoroso, però i brani di buona fattura sono molti, e quelli che risultano riempitivi sono ridotti al minimo (nonostante l'album duri 72 minuti), anche se a volte si ha la sensazione che l'offerta sia vasta e allo stesso tempo dispersiva, portando l'ascoltatore a distinguere con un po' di difficoltà le cose migliori. "Sunflower" è ben orchestrata e offre una divertente atmosfera carioca/caraibica, e l'ospite Drake ne impreziosisce la trama vocale, "Dream" è la classica ballata scarna è pomposa che tanto successo ha dato negli anni '90 a "Mr. Cab Driver", e la canzone di chiusura ("Push", ancora con la melodia dettata dal piano, è un pop rock che cresce quasi epico nel suo incedere. Piacevole, ma niente più. Pur essendo quindi una raccolta di canzoni che alterna momenti di buona scrittura ad altri un pù più statici e noiosi, Black and White America è una prova tutto sommato positiva ma che forse non completa il tentativo di Kravitz di tornare a far brillare del tutto la sua musica. Tutto sommato si, l'idea di fare un disco con solo 8 canzoni poteva anche essere buona. 64/100
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Lenny Kravitz Voce, chitarra acustica e elettrica, basso, batteria, piano e sintetizzatori Anno: 2011 |