A due anni di distanza dal bellissimo Una Cura per il Freddo torna il "cantastorie" Zibba, che sempre accompagnato dai fedeli AlmaLibre danno alle stampe Come il suono dei passi sulla neve, confermandosi cosi come uno dei più interessanti e profondi cantautori dell'underground nostrano.
Una parata di ospiti d'eccezione arricchiscono questo lavoro, capace come il suo diretto predecessore di muoversi tra coordinate jazz, rock e classico cantautorato italiano, sempre in bilico tra le fumose atmosfere da piano bar di un Paolo Conte o di un Vinicio Capossela, ma allo stesso tempo capace di omaggiare con la sua profondità lirica i migliori parolieri della nostra scuola. Roy Paci col suo arrangiamento ska/raggea dona una certa solarità alla bellissima "Nancy", che dopo una breve introduzione apre il disco, che è una sorta di concept album sull'amore, rafforzato dagli intermezzi parlati che sono micro poesie che vanno a connettere un un brano all'altro. Zibba dal canto suo, con quella voce che sembra resa cosi rauca e cartavetrata da decine di sigarette giornalerie continua ad essere il vero cicerone dell'opera, espressiva e profonda, emozionata e flebile come nella bellissima ballata "Come il suono dei passi sulla neve", primo apice di un'album di livello lungo tutti i suoi 47 minuti. "Asti Est" - dall'andazzo quasi funky - è una filastrocca impreziosita dalla presenza di Eugenio Finardi", capace di inserirsi nel brano in punta di piedi ma decisamente convinto nella sua performance; "Prima di partire" ci riporta a quei lenti da jazz club dove il duetto con Carlot-ta che sussura in supporto a Zibba ci immerge completamente nel dolcissimo testo supportato da un riuscitissimo inserto di violino: "Dio senza angeli al fianco, più vecchio e più stanco, / più fuori che dentro, di favole appena accennate, cantate prima di partir" "Aria di levante" alza il ritmo e la voglia di lasciarsi andare a danze gitane, mentre "Almeno il tempo" approccia allo slow blues acustico con grande nonchalance e naturalezza, risultando anche più deciso nel canto rispetto ad altre performance dove la sua voce sembra essere sempre pronta a spezzarsi come un filo. "Anche di lunedi", dove viene ricreata l'atmosfera di una festa patchanka ci da ancora la possibilità di battere il tempo col piede arrivando fino ad un solare e divertente ritornello; "Dove i sognatori sono librai" progredisce su toni più malinconici e nostalgici dove la potenza lirica sovrasta l'accompagnamento sonoro. Il disco si chiude con "Salva", dove Zibba sciorina una serie di cose che ritiene da salvare, ma non oggetti e cose futili, ma bensi sentimenti, il tempo che avanza e non è vissuto a pieno e tutto quello che rende la nostra esistenza più umana: "E tu che puoi salvati da me / e quando hai un po' di tempo che ti avanza, se puoi salva i mesi e gli anni dai rituali stagionali / da questi giorni tutti uguali / e io ti dirò tutto di me / mentendo solo sul passato". In Come il suono dei passi sulla neve niente è lasciato al caso: dagli arrangiamenti alle splendide melodie fino ad arrivare ai testi, tutto sembra rasentare una certa perfezione (certo che, tanta pacatezza continuerà a far storcere il naso a chi non ha mai digerito la sua proposta - e questo forse è l'unico limite di questo CD: non c'è la volontà di aprirsi ad un pubblico nuovo e più vasto -), uno tsunami emotivo capaci di farci riflettere e che con i suoi suoni mai invasivi ci accompagna per tutta la sua durata come un soffice vento di fine estate che arriva premonitore dall'autunno alle porte. 78/100
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Zibba: Voce, chitarra acustica e ukelele Anno: 2012 |