E' ormai sensazione diffusa che dopo l'uscita di Scarsick (2007), qualcosa nel bellissimo giocattolo Pain of Salvation si sia (definitivamente?) rotto.
Gindenlow, leader creativo e non solo della band ha dovuto affrontare un riassettamento della line-up non facile, ma sopratutto, essendo obbettivamente uno dei migliori talenti europei in campo musicale degli ultimi 20 anni, dopo quel disco (comunque criticatissimo) ha imposto un cambio di rotta sonoro (- prog + hard rock, per esemplificare il concetto) che ha lasciato perplessi sia critica e pubblico. Difatti Road salt one, uscito esattamente un anno fa mostrava lacune compositive preoccupanti, e se non vi è piaciuto il primo capitolo, difficile che possa piacervi questo Road salt two, nonostante alcune intuizioni melodiche siano sicuramente più interessanti e convincenti. Nella sostanza, se dovessi racchiudere in una frase la recensione di questo disco direi che i Pain of Salvation hanno definitivamente finito di stupire adagiandosi sugli allori della loro bella carriera. Ma come detto all'inizio di questo paragrafo, le 12 canzoni qui inserite hanno anche degli spunti decisamente riusciti: prendiamo ad esempio la dinamica e solare "Conditioned", uun blues rock 70's condito da azzeccatissimi cori e forte di un riff davvero convincente, con un Gindenlow che come sempre con la sua splendida voce non può lasciare indifferente nessuno, oppure il soul sofferto di "Mortal Grind" e la bellissima "Eleven", che per quasi 7 minuti ci riporta alle migliori cose del combo svedese (con richiami netti e cristallini ai Black Sabbath), cosi come "The Deeper Cut", che progredisce drammatica e cupa per tutta la sua durata. Il resto purtroppo si suddivide tra discreto e mediocre, con tentativi sempre più palesi di americanizzare e standardizzare il proprio sound ("To The Shoriline") o come nel caso di "Softly She Cries" di arruffianarsi una fetta di pubblico maggiore. Anche la produzione, cosi come il suo diretto predecessore, appare troppo patinata e perfetta, quasi stucchevole in tal senso. Difficile quindi dare un giudizio equilibrato in centesimi a questo disco, che obbiettivamente, se fosse stato di un qualsiasi gruppo prog/rock del nuovo corso avrebbe fatto molto rumore (in positivo), ma da una formazione dalle potenzialità tecniche del genere, è sempre lecito aspettarsi qualche colpo di scena; possibile che anche questo nuovo corso sia dettato dall'ego smisurato del suo cantante e dalla sua paura di non riuscire più a far emozionare come ai gloriosi tempi di Remedy Lane, ma forse le risposte a questi quesiti li ha solo lui. Quello che è certo è che per adesso nessuno ha le risposte per riparare questo giocattolo. 60/100
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Daniel Gildenlow: Voce e chitarra Anno: 2011 |