Syncopated Taint è una formazione costituita in prevalenza da fiati, capitanata dal poliedrico Skerik, dai più conosciuto per le numerose partecipazioni al fianco della Les Claypool's Frog Brigade.
Registrato al Sound Factory di Los Angeles, il progetto a cui i sette hanno dedicato i loro sforzi risulta del tutto particolare. Sinteticamente si può dire che esso calchi linee jazz piuttosto vicine a Duke Ellington anche se con una certa originalità si possono riconoscere commistioni underground ed elettroniche (come in Third Rail), quasi una sorta di jazz hip-hop; un risultato piuttosto spiazzante per l'ascoltatore. Ascoltando dalle prime battute l'album in The Third Rail ci sembrerebbe di scorgere sonorità piuttosto dense e scure, ma in realtà ecco apparire uno sfondo corale di sassofoni, tromba e batteria che danno vita ad un ritmo irrefrenabile. Si passa quindi al brano Go to Hell, Mr Bush (titolo di evidente protesta). Il titolo ci suggestiona notevolmente, accentuando l'idea di un brano volutamente isterico dominato in numerosi tratti dai solo di Skerik che mostrano tutte le sue potenzialità nell'improvvisazione ed il particolare gusto nelle scelte cromatiche a sostegno delle grandi qualità di questo musicista. Abbiamo poi brani jazz nel più autentico dei sensi come in Syncopate the Taint e Song for Bad ove in entrambi domina un andamento piuttosto rallentato, regolare dettato dal lieve tocco misurato delle spazzole di John Wicks e dal caldo e ricco suono dell'Hammond di Joe Doria non affatto invadente ma bensi accompagnante. Irritant, invece, ha toni piuttosto funky, fluidi e sbarazzini, carica di groove, quasi ballabile. I brani cui prestare maggiore attenzione per la particolare originalità sono Fry His Ass e Daddy Won't Taint Bye-Bye che chiude l'album. Il primo menzionato risulta essere continuamente in bilico tra melodie jazz e quelle acide e martellanti prelevate dall'ambiente hip-hop. Il risultato è tutt'altro che arido, anzi mostra una certa rilevanza dal punto di vista sperimentale. Il secondo invece si snocciola con una "logica" oscura, costituito a tratti da tinte fosche che rendono il pezzo un po' isolato dagli altri a causa delle intricate sonorità elettroniche e voci distorte che si incrociano con il cupo suono di clarinetto e tromba, un trionfo dell'asimmetricità. Per tutti gli amanti del jazz, vale la pena ascoltare questo album in quanto già soltanto per il tipo di formazione risulta particolarmente alternativo. La forza di questo lavoro risiede nella capacità di mantenere come linea guida una certa classicità, sforzandosi allo stesso tempo di introdurre sonorità apparentemente aliene ad essa ma che con un notevole sforzo compositivo riescono ad intregrarvisi a pieno. |
Joe Doria : Hammond Organ Anno: 2006 |