Home Recensioni Masterpiece Tears For Fears - Songs from the Big Chair

Tears For Fears
Songs from the Big Chair

Sono poche le band degli anni '80 che, a modesto parere di chi scrive, possono vantare la qualità e la competenza della maggior parte dei gruppi appartenenti al decennio precedente. Non è proprio una questione di genere musicale, pure profondamente diverso, quanto di suoni e arrangiamenti, divenuti irrimediabilmente plastici e artificiali, capaci di rovinare idee anche interessanti, con imbarazzanti banalizzazioni e pericolosissimi stupri sonori.

Non è il caso dei Tears For Fears, gruppo capace di personalizzare soluzioni validissime, sublimandole con arrangiamenti sensati e suoni che, pur moderni, risultano sempre assai godibili ed oltremodo sensati.
Questo album né una genuina dimostrazione: i brani che lo compongono sono il frutto di una capacità compositiva mai banale, pur interessante svariati generi musicali.
Se è già eloquente la complessità del singolo “Shout”, strategicamente posto in apertura dell'album (si tratta di un brano in cui vengono perfettamente bilanciate esigenze da classifica e arrangiamenti elaborati e maturi), il sax evocativo che introduce il secondo pezzo, “The Working Hour”, prepara l'ascoltatore ad una inusuale e multiforme complessità che tocca vari generi musicali senza mai segnare il passo: si passa dai modernismi quasi industriali di “Mothers Talk”, all'ambient mistico e riflessivo, a tratti etnico, di “Listen”, interessando il pop elaborato di “Everybody Wants to Rule the World”, per poi giungere all'apoteosi creativa, una suite complessa e stratificata che, unendo i primi tre brani del secondo lato in un unicum espressivo (“I Believe”, “Broken”, “Head over Heels”), fonde la ballata jazz con il soul e le ritmiche dance, richiamando sporadicamente una chitarra vagamente hard rock, permettendosi infine il lusso di omaggiare credibilmente la lezione beatlesiana. 
Sublimato dalla presenza di ben quattro hit (“Mothers Talk”, “Shout”, “Everybody Wants to Rule the World” e “Head over Heels”), questa fatica discografica non risulta oggi per niente invecchiata, rappresentando ancora, dopo 32 anni dalla sua pubblicazione, uno dei rari esempi di musica eighties in cui sono perfettamente complementate qualità sonora, successo di pubblico, apprezzamenti della critica.

 


Roland Orzabal: chitarra, tastiere, voce, grand piano (5), vocalizzi (8), basso sintetizzato e LinnDrum Programming (1)
Curt Smith: basso, voce (principale sulle tracce 3 e 8)
Ian Stanley: tastiere, sintetizzatori, LinnDrum programming, arrangiamenti su Listen
Manny Elias: batteria
Chris Hughes: produttore, batteria e MIDI programming (1;3)
Dave Bascombe: ingegnere del suono
Paul King: manager
Tim O'Sullivan: fotografo di copertina
Sandy McLelland: coro (1;7)
Jerry Marotta: percussioni (2)
Will Gregory: sassofono solista (2;5)
Mel Collins: sassofono (2)
Andy Davis: grand piano (2;7)
Neil Taylor: chitarra (3;4;6)
Stevie Lange: coro (4)
Annie McCaig: coro (7)
Marilyn Davis: coro (7;8)

Anno: 1985
Label: Polygram
Genere: Pop


Tracklist:
01. Shout
02. The Working Hour
03. Everybody Wants to Rule the World
04. Mothers Talk
05. I Believe
06. Broken
07. Head over Heels
08. Listen

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