Articolo apparso sul N. 3, anno 2008, di Rondò (rivista di musica classica, jazz e tecnica di riproduzione sonora) per mano di Gianluca Livi e un altro autore. Per gentile concessione del primo, viene qui pubblicata la sola versione a sua firma, priva dei contributi dell'altro.
Per analizzare la strada percorsa dai “Napoli Centrale” è necessario risalire agli “Showmen”, un gruppo molto noto alla fine degli anni ‘60 che proponeva un’originale mistura di soul, rhythm & blues e pop italiano. Un loro grande successo fu “Un’ora sola ti vorrei”, che vinse addirittura il Cantagiro nel 1968. Allo scioglimento – avvenuto all’inizio degli anni ’70 – il bravissimo cantante Mario Musella tentò senza successo la carriera solistica (morirà nel 1979 e Pino Daniele gli dedicherà l’album “Nero a metà”), mentre Elio D’Anna – che militò per breve tempo nella formazione – formò gli Osanna. Altri due membri, Senese e Del Prete, diedero vita ad una nuova incarnazione della band (ribattezzata Showmen 2) e ad un diverso suono, maggiormente influenzato da nuove tendenze prog, pubblicando un 45 giri ed un album omonimo. Il gruppo si sciolse poco dopo e nel 1975 Senese abbandonando ogni traccia di rock progressivo e adottando un genere originale composto da jazz, rock e musica popolare napoletana, creò i Napoli Centrale, facendosi accompagnare dal tastierista americano Mark Harris, dal bassista inglese Tony Walmsley e dal vecchio compagno di avventura Del Prete). Con efficaci testi rivolti al sociale (ad opera di Del Prete) cantati in dialetto napoletano (da Senese, autore di tutte le musiche), i 4 ebbero un notevole successo già con il singolo “Campagna” che stazionò a lungo nella hit parade. Successivamente i due stranieri lasciarono la band e si unirono ad una nuova versione del Rovescio della Medaglia. “Franco (Del Prete. Nda) è un grande paroliere (.) però musicalmente, come batterista, non era straordinario. Il gruppo non riusciva a decollare e a dare corpo alla musica che io avevo in testa (decollare è qui usato con riferimento all’aspetto artistico, non certo al successo di pubblico atteso che il 1975 rappresenta il periodo di massima popolarità del gruppo, mai più bissato in seguito. Nda). Questa mia insoddisfazione negli anni mi portò ad allontanare grandi musicisti con i quali avevo instaurato un ottimo feeling come ad esempio Mark e Tony: un grande errore di cui mi sono pentito col tempo. Preferii tenere accanto a me l’amico Franco, sacrificando i musicisti veri. (.) Senza loro, nel 1976, realizzai il secondo disco “Mattanza” (.) Con questo lavoro discografico i problemi vennero definitivamente a galla. Le composizioni diventavano sempre più complesse, aperte, e quindi ci volevano musicisti sempre più preparati. (.) Provammo per tre mesi ininterrottamente ma senza Franco. Per la verità provammo anche con lui ma non riusciva a suonare alcune parti di batteria.” (James Senese). Furono pertanto chiamati i batteristi Agostino Marangolo (Goblin) e Bruno Biriaco (Perigeo), mentre Kelvin Bullen fu scelto per il ruolo di bassista. “Una volta finito il disco dovevamo organizzarci per la tournée promozionale e qui ancora una volta i sentimenti presero il sopravvento sulla ragione. Chiusi le porte del gruppo ad Agostino Marangolo che desiderava suonare con noi, preferendo l’amico Franco. Così facendo però mi giocai la promozione live di “Mattanza” perché dal vivo non riuscivamo a riprodurre quello che avevamo realizzato in studio.” (James Senese). Dal vivo, per un certo periodo, suonò anche un giovanissimo Pino Daniele, con cui il gruppo si presentò anche al festival jazz di Montreux in Svizzera. Dopo lo scioglimento, avvenuto prima dell’uscita del 3° album, Senese intraprese l’attività di session man a fianco di Pino Daniele, nonché una longeva carriera solistica. Alla fine degli anni ‘80 rispolverò la sigla Napoli Centrale pubblicando altri tre album: “Jesceallah” nel 1992, “‘Ngazzate nire” nel 1994, “Zitte! Sta venenn’ ‘o mammone” nel 2001, tutti ricchi di ospiti illustri. L’opera dei Napoli Centrale ha un senso logico solo se analizzata congiuntamente a quella solista di James Senese, con la quale costituisce un unico corpo (per motivi di spazio dettaglieremo solo la prima, tratteremo a volo d’uccello la seconda), atteso che, fatta eccezione per l’album Napoli Centrale, tutti i lavori ricnoducibili al gruppo o al solista furono concepiti come “progetti aperti”, talvolta con medesimi, ricorrenti collaboratori. Lo stesso artista dichiarerà che il suo primo album solista doveva essere accreditato ai Napoli Centrale. Sennonché alla Ricordi, ove si era recato per far sentire il nuovo disco, gli proposero di fare ‘‘canzoni alla Pino (Daniele. Nda). “A noi non interessano più i Napoli Centrale, ma James Senese e i Napoli Centralex”. Volevano puntare solo su di me, anche perché con Pino avevo raggiunto livelli di notorietà ancora più alti’’ (James Senese). Così, quello che doveva essere il ritorno dei Napoli Centrale, fu invece il primo disco solista (“James Senese”, LP, 1983, Polygram, 2448 139), a cui fecero seguito “Il passo del Gigante” (1984, LP, Tobacco Records, TBLP 6501) e “Alhambra” (1988, LP, EMI, 64-7905191). “Abbiamo dato vita ad alcuni buoni lavori in quel periodo, altri meno, ma mai realizzati in totale libertà creativa e compositiva. Per questo motivo sono contento al 60%” dei dischi allora fatti, mancava quella vena soul black che non riuscivo a ricreare con il gruppo.” (James Senese). Il giudizio ci sembra molto severo. Gli album in questione offrono un prodotto certamente diverso da quello dei Napoli Centrale (che erano più votati alla sperimentazione), ma non per questo meno valido. La proposta del Senese solista, giusto per rendere l’idea, è effettivamente una formula canzone “alla Pino Daniele”, ma molto più contaminata di sapori soul, jazz e blues, con minori interventi vocali e, naturalmente, con più evidenti protagonismi del sax. Il prodotto è decisamente ottimo, per tutti e tre i lavori. Se il primo album era caratterizzato da “architetture musicali molto astratte e sperimentali” (lo stesso Senese lo definirà “il naturale prosieguo di Napoli Centrale”, un’affermazione francamente non condivisibile atteso che i 2 album sono molto diversi e, peraltro, separati da due lavori complessi come “Mattanza” e “Qualcosa ca nu’mmore”), il terzo, “Alhambra”, rappresentò certamente il picco più alto in termini di perfezione stilistica, eleganza, compostezza sonora (il secondo album, “Il passo del Gigante”, era giusto una via di mezzo tra i due). “Alhambra (.) è stato il disco migliore. Ero riuscito a ricreare tra di noi, in studio, quel sound che avevo in testa. E il pubblico ci premiò con vendite molto alte e addirittura con un primo posto in classifica” (James Senese). Su quest’ultimo, peraltro, suonavano Paco Serè (già con Joe Zawinul) e addirittura Gil Evans (con cui successivamente l’artista napoletano suonerà ad Umbria Jazz). “Hey James” (1991, LP, Blue Angel/Dischi Ricordi, BAR 30991) proseguiva il discorso di tre anni prima, con più marcate attenzioni alla tradizione napoletana (in “Te Fatica, te”) e addirittura con puntate reggae (in “Oggi è venerdì”). Seguiranno, nell’ordine, “Sabato Santo” (2000, Polosud, CD, PS034) “Passpartù” (2003, It-Why, 2 CD, ITCD51) e “…Jè stò ccà” (2005, Suonidelsud, CD, senza n. di cat.). Le otto traccie di “Sabato Santo” erano il “frutto di una ricerca che aveva portato l’artista dai Weather Report, gruppo da lui sempre molto apprezzato, all’amico Pino Daniele, il tutto filtrato dalla sua etnia afro-napoletana” (estratto da www.polosud.com/pagine/artisti/Senese.html). Di “Passpartù” si parla più dettagliatamente nella guida all’ascolto. Il successivo “…Jè stò ccà” è un mini-cd non in commercio contenente 3 brani live (già pubblicati in “Passpartù”) e 3 inediti. Ad oggi costituisce l’ultima fatica dell’artista. Per dovere di completezza citiamo anche l’album realizzato nel 2003 in coppia con Enzo Gragnaniello (“Tribù e passione”) nonché la composizione della colonna sonora del film “No grazie, il caffè mi rende nervoso” del 1982 (parte delle cui musiche appariranno nell’omonimo e in “Hey James”), che propone anche un inedito Senese attore, a fianco di Troisi. Nel 2005, dedicato all’artista napoletano, è uscito un bel volume intitolato “Je stò ccà.....James Senese” (di Carmine Aymone, Alfredo Guida Editore, Napoli). L’opera - da cui sono state estratte le dichiarazioni virgolettate che appaiono nel presente articolo - comprende anche l’omonimo mini-cd di cui sopra ed è commercializzata ad un prezzo davvero irrisorio (10,00 euro). Per approfondimenti si rimanda alla consultazione del sito www.suonidelsud.it. Si consiglia anche di visitare il sito ufficiale di Senese (http://james-senese.lesitedemoa.com/home.htm).
Fatta eccezione per Tony Walmsley, di cui si sono perse le tracce, gli altri membri originari dei Napoli Centrale sono oggi molto attivi: Mark Harris, dopo una carriera di session man (strumentista, cantante, arrangiatore, compositore, paroliere, produttore e, talvolta, anche direttore musicale) a fianco di molteplici artisti (tra cui De André, Gaber, Bennato, Jannacci, Pino Daniele, Renato Zero, Al Jarreau e Randy Crawford), ha fondato la Saint Rock, un’etichetta discografica volta alla promozione di nuovi artisti italiani (http://www.saintrock.com); Franco Del Prete, oltre a collaborare occasionalmente con i Napoli Centrale, ha continuato la sua attività di paroliere per diversi artisti (tra cui Eduardo De Crescenzo e Peppino Di Capri) e ha suonato, tra gli altri, con Pippo Matino e Francesco Villani, ottimi musicisti del circuito jazz italiano. Recentemente suona con Movimento Sole, “un progetto che fotografa istintivamente con musica e parole l'anima di Napoli” (estratto da http://www.casertamusica.com/rubriche/2006-B/060401_bad_habit.htm), con i quali si è esibito a Caserta, in occasione dell’ultima notte bianca.
In conclusione, riportiamo la seguente dichiarazione, con cui lo stesso Senese descrive efficacemente il senso della sua musica: “Sono nato nero e sono nato a Miano, suono il sax tenore e soprano, lo suono a metà strada tra Napoli e il Bronx, studio John Coltrane dalla mattina alla sera, sono innamorato di Miles Davis, dei Weather Report e in più ho sempre creato istintivamente, cercando di trovare un mio personale linguaggio, non copiando mai da nessuno… Il mio sax porta le cicatrici della gioia e del dolore della vita”.
GUIDA ALL’ASCOLTO / NAPOLI CENTRALE
1975 - NAPOLI CENTRALE
45 giri: Campagna / Vico primo Parise N. 8
Lato A: Campagna / ‘A gente ‘e Bucciano / Pensione Floridiana
Lato B: Viecchie, mugliere, muorte e criaturi / Vico primo Parise N. 8 / ‘O lupo s’ha mangiato ‘a pecurella
James Senese: sax tenore acustico ed elettrico, voce solista; Mark Harris: piano elettrico Fender;
Franco Del Prete: testi, batteria, percussioni, fischio; Tony Walmsley: basso chitarra.
La formula dei Napoli Centrale ingloba tecnica, rabbia, estro, improvvisazione, e si concretizza in un esordio inarrivabile per altre formazioni del periodo, pur molto valide (come Perigeo e Baricentro, ad esempio). Il gruppo (un’alchimia costituita da radici americane, inglesi e partenopee) propone la formula perfetta: musica popolare incastonata abilmente in un jazz-rock dalle contaminazioni funky e blues, con testi cantati in lingua napoletana che affrontano in maniera esplicita problemi sociali. Non a caso, Napoli Centrale fu uno dei dischi più ascoltati e venduti in Italia nel 1975 (80.000 copie vendute ed una lunga permanenza in classica). La serrata ‘A gente ‘e Bucciano supera il migliore jazz-rock statunitense di quel periodo. Completamente strumentale, Pensione Floridiana richiama ambientazioni black music dei primi anni settanta. Viecchie, mugliere, muorte e criaturi è un brano con un incedere lento e cadenzato, con testi di sicura incisività sociale che offrono anche l’occasione a Senese di mostrare le sue potenzialità vocali ed intepretative. Vico Primo Parise n. 8 si sviluppa in 8 minuti di ritmica articolata e incalzante. ‘O lupo s’ha mangiato ‘a pecurella si apre con una lunga introduzione strumentale composta da strutture musicali liquide, misteriose, oniriche e si chiude con un finale attinto dal mercato partenopeo, fatto di urla sguaiate, percussioni scombinate, rumori di strada. Il punto forte dell’album resta il brano di apertura, Campagna (qui volutamente analizzato per ultimo), un folgorante ed efficace mix di variegati elementi: il ritmo dinamico, peraltro molto ricco di abilità al rullante; l’accompagnamento sferzante al pianoforte (quest’ultimo e la batteria si intrecciano alla perfezione); le continue citazioni Coltraniane del sax; il basso sempre protagonista, come fosse un martello pneumatico che non cessa mai di battere. Il testo, infine, di forte impatto sociale, è la ciliegina sulla torta: “Campagna, campagna, com’è bella la campagna – è più bella per il padrone, che si riempie le tasche di soldi e per la padrona sua moglie, che s’ingrassa sempre più – ma chi zappa questa terra per un pezzo di pane nero, in campagna si ritrova stanco, sporco e tutto rotto”. Ma i testi sono validi in tutta l’opera che appare come una sorta di concept-album incentrato da un lato sulla pietosa condizione dei lavoratori, dall’altro sul legame di ogni napoletano con la propria terra d’origine.
1976 - MATTANZA
Lato A: Simme iute e simme venute / Sotto a’ suttana / Sotto e ‘n coppa / ‘O nonno mio
Lato B: Sangue misto / Forse sto capenno / Chi fa l’arte e chi s’accatta
James Senese: voce, sax tenore, sax soprano, flauto, cimbali, woodwind, percussioni; Kelvin Bullen: basso; Giuseppe Guarnera: piano Fender e acustico; Franco Del Prete: gran cassa, piatti cinesi, cimbali olandesi, campana (in soli tre brani), testi;
ospiti:
Agostino Marangolo, Bruno Biriaco: drums; Marvin: drums, boogaloo; Alan e Tokioma: voci atù (in Simme iute e simme venute)
Il secondo lavoro della band prosegue il discorso iniziato con l’esordio, con più evidenti e complesse costruzioni sonore, e si segnala anche come banco di lavoro inteso quale “progetto aperto”: un modus operandi, quest’ultimo, tipico degli anni ‘70 che ha interessato anche formazioni di un certo spessore, come Area, Canzoniere del Lazio, la stessa PFM di fine anni ‘70. Ma mentre costoro vi approdano volutamente, allo scopo di percorrere nuove strade musicali, Senese vi giunge “per necessità”, resosi conto dell’impossibilità di creare una band stabile che condividesse il suo personale linguaggio. Il risultato finale, sebbene un poco al di sotto delle aspettative, è comunque di pregio. L’album è in gran parte strumentale e tocca il suo vertice con i 13 minuti di Sangue misto, forse la summa del messaggio musicale del complesso: svariati cambi di tempo, fraseggi tra piano e sax, sezioni ritmiche molto sostenute, citazioni free-jazz. Non mancano momenti più intimisti proposti in ‘O nonno mio, un breve e malinconico intermezzo con un approccio molto delicato, anche ai testi (il messaggio che un anziano in punto di morte rivolge alle giovani generazioni). Maggior dinamicità in Simme iute e simme venute, un classico brano in stile jazz-rock, con un nervoso intreccio tra piano elettrico, fiati e, a tratti, vocalizzi di Senese. Un ripetitivo giro di basso e di tastiere sostiene il funky-blues che chiude il lavoro, Chi fa l’arte e chi s’accatta, un brano che si evidenzia anche per il suo messaggio sociale promosso dal bravo paroliere (sempre Del Prete, impegnato anche alle percussioni in tre brani). Da quest’album in poi, Napoli Centrale sarà un progetto aperto, sempre sinonimo di James Senese (e viceversa).
1978 - QUALCOSA CA NU’MMORE
Lato A: O nemico mio / O specchio addo’ me guardo / Qualcosa ca nu’mmore
Lato B: A musica mia che r’è / A musica si tu / Nun song na vacca
James Senese: Echo Roland, sax tenore, sax soprano, woodwinds, vocal; Franco Del Prete: testi, drums, barattolo;
Pippo Guarnera: piano acustico, organo Hammond C/3; Ngtù Mabutu: bass Fender, MXR90
Da molti ingiustamente sottovalutato (lo stesso Senese, nel libro biografico a lui dedicato, si limiterà a farne un fugace cenno), il terzo lavoro della band si caratterizza di contesti ancor più rivolti all’esasperazione sonora. La tecnica di Del Prete (ritornato alla batteria), certamente non di stampo jazzistico, ma più rock, costituisce uno dei punti di forza dell’intero lavoro. Gli altri strumentisti, infatti, si votano alla sperimentazione, talvolta all’improvvisazione. Lo stile del batterista, invece, che pure intesse complicati tappeti sonori soprattutto giocando con il rullante, richiama alla mente certa matrice rock che invece gli altri membri sembrano voler rinnegare. Ne consegue un inaspettato equilibrio che rende credibile l’opera tutta, comunque la più ostica degli anni ’70. La band è approdata ad un jazz molto nervoso, soprattutto per quanto concerne i fiati, sempre più esasperati. Ciò è palese in alcuni parti di O specchio addo’ me guardo e, soprattutto, in A musica mia che r’è dove la sperimentazione è spinta al limite massimo. Esperienze fusion vengono proposte in A musica si tu, che si evidenzia per l’accattivante e dinamico solo al piano. Atmosfere soul e più abbordabili ritornano invece nell’ironica e allegorica Nun song na vacca (“non sono una vacca e non voglio morire”). Malinconico il pezzo che dà il titolo all’album, un brano intimistico ricco di intermezzi minimalisti al piano. Siamo in territori tipici della ballata jazz, in cui la melodia portante del brano non è mai lineare, ma segue percorsi tortuosi. Il sax sembra girare intorno a tale melodia, lasciandola, riprendendola, accennandola e infine abbandonandola bruscamente dopo appena 4 minuti, quando il brano si interrompe. Un disco di jazz rock, più jazz che rock naturalmente, di certo non facilmente assimilabile, che si consiglia di ascoltare ripetutamente prima di giudicare.
1992 - JESCEALLÀH
Acquaiò l’acqua è fresca / Jesceallàh / Viecchie, mugliere, muorte e criaturi / Zanzibar
Str. San Sebastiano / Ululu na, na, na / D’int’ ‘a nuttata / Ngu ngu ngu / Campagna / Mamadù
James Senese: voce, sax, synth a fiato;
ospiti
Lester Bowie: tromba; Agostino Marangolo, Freddy Malfi: batteria; Famoudu Don Moye, Peppe Sannino: percussioni; Lello Somma, Rino Calabritto, Gigi De Rienzo: basso elettrico; Rino Zurzolo: contrabbasso; Savio Riccardi, Joe Amoruso: tastiere; Nicola Di Battista: chitarra elettrica;
Un lavoro di sicuro spessore e assai eterogeneo, più in linea con la produzione anni ‘80, poco sperimentale ma stilisticamente perfetta, che non con quella dei ‘70, improvvisata ma decisamente più “sporca”. Per le nuove composizioni, Senese trae ispirazione dalla cultura orientale (come nel brano omonimo), dal reggae (Ululu na, na, na) ma non disdegna di proporre anche ambientazioni tipiche del soul (Acquaiò l’acqua è fresca), della Fusion più intimista (Str. San Sebastiano) o di quella più dinamica (come nell’efficace rilettura di Campagna e nel brano Mamadù, molto vicine a sonorità Weather Report, gruppo da lui sempre apprezzato). Abbraccia, infine, anche la formula della nuova canzone partenopea, tipica del primo Pino Daniele (Ngu ngu ngu e, soprattutto, D’int’ ‘a nuttata, un bellissimo brano dai toni caldi e avvolgenti che non avrebbe certo sfigurato in uno dei primi album del più noto collega). Non compare Del Prete, neanche ai testi - unico caso nella discografia del gruppo - sebbene lo stesso sia virtualmente presente nella rivisitazione di “Campagna” e “Viecchie, mugliere, muorte e criaturi” (del primo lavoro). L’album si segnala anche per la prestigiosa presenza di Lester Bowie in 2 brani (Ngu ngu ngu e Jesceallàh).
1994 - ‘NGAZZATE NIRE
‘Ngazzate nire / Papule t’è scetà / Malasorte / …E magnate ‘o limone / Buona sera Marì!
Credo / È ‘na bella jurnata / ‘Ngazzate nire (street version) / Donna Flora
James Senese: voce, sax, synth, electronic valve instrument, synth bass, synth drums, rhythmic drums; Franco Del Prete: testi;
ospiti
Agostino Marangolo: drums; Manolo Badrena: percussioni; T. Di Francia: cello; Alfredo Paixao: bass; Mitchell Forman: keyboards, acoustic piano; Michele Ascolese: acoustic guitars
La proposta musicale è più meno la stessa della precedente fatica, sebbene vengano abbandonate del tutto sonorità orientali e reggae a favore di quelle sudamericane, comunque mai predominanti, promosse dall’illustre percussionista Manolo Badrena (Weather Report e Joe Zawinul). La sua presenza impreziosisce, tra gli altri, il brano che dà il titolo all’album (il quale, se adeguatamente promosso, sarebbe di certo divenuto un efficace hit). Quanto detto per D’int’ ‘a nuttata del precedente album vale qui per Malasorte, un brano stupendo, nelle musiche e nei testi, finemente arrangiato, il cui ascolto andrebbe consigliato al Pino Daniele più lezioso e commerciale (auspicando che ritrovi la vena artistica tipica del suo primissimo periodo). Presenti anche brani più dinamici, ricchi di abilità percussive e dotati di un pizzico di orecchiabilità, ma non per questo meno efficaci (E magnate ‘o limone e Buona sera Marì!). Non manca anche un momento intimista, Credo, caratterizzato da un motivo al piano appena accennato, un delicato solo di sax accompagnato da vaghe tastiere e un testo tanto breve quanto intenso (non cantato, bensì recitato). Veramente bello.
2001 - ZITTE! STA ARRIVANNE ‘O MAMMONE
Zitte! sta arrivanne ‘o mammone / Go away / L’ultimo apache / Malaffare / Ecce homo / No more / Maria Maddalena / ‘E cinque ‘a sera / Il popolo dei cartoni / ‘O nonno mio
James Senese: sax & synth EWI, voice, Rodhes piano & bass programming; Franco Del Prete: testi, drums;
ospiti:
Lucio Dalla, Enzo Gragnaniello, Raiss, Luca “Zulù” Persico: leader voices; Cristina Barone: Supporter vox; Rino Zurzolo: Acoustic bass; Alfio Antico, Alfonso Adinolfi, Berger Campos, Mazuk Shibab, Tommaso Arì: percussions;
Questo lavoro potrà forse piacere ai più giovani, non certo a chi segue l’artista da parecchio tempo. Due soli i momenti da salvare: ‘E cinque ‘a sera con un intervento al sax che ricorda il passato del gruppo e la toccante Maria Maddalena, decisamente un’espressione artistica di livello, con percussioni intimiste, una melodia portante davvero convincente e la voce di un eccellente Lucio Dalla. Per il resto, l’album è da dimenticare (la presenza di altri artisti famosi, come Gragnaniello, Raiss degli Almanegretta e Zulù dei 99 Posse non solleva le sorti di questo lavoro): gli arrangiamenti sono scarni, quasi elementari; la ritmica è semplice, talvolta imbarazzante (come in Go Away, che ricorda alcune cose del più banale De Piscopo); le sonorità parrebbero attinte dalla (sub)cultura musicale degli anni ‘80 con refrain che sembrano suonati da una tastiera giocattolo (Malaffare e No more) o con sperimentazioni elettroniche alla voce di dubbio gusto (Il popolo dei cartoni); in alcuni brani, infine, i fiati sono inspiegabilmente assenti: una vera offesa per chi acquista un prodotto di Senese o dei Napoli Centrale. Peccato, perché i testi sono sempre validi (il gruppo resta ancora un potente megafono di denuncia sociale). Ottimo, invece, il successivo doppio album intitolato “Passpartù”, accreditato al solo Senese (che lo considera un disco “alla Napoli Centrale”): il primo Cd contiene 10 pezzi in studio con una formazione da capogiro (che comprende, tra gli altri, Marangolo alla batteria, Badrena alle percussioni, Gragnaniello alla voce). Fatta eccezione per “I pensieri tuoi”, forse un po’ troppo commerciale, e “Area 51”, una lunga sperimentazione alle voci e alle tastiere, comunque assai interessante, l’album si caratterizza per un sound molto delicato, con un sax molto discreto e le percussioni di Badrena mai invasive e dirompenti. Il secondo Cd è composto da 7 pezzi registrati dal vivo (stranamente, gli applausi sono tagliati e un brano, In my room, è sfumato in uscita) a Catania, nel 2001, con una formazione a quartetto. L’artista propone un jazz di classe, interamente strumentale, con grande stile e gusto per gli arrangiamenti, talvolta sconfinante anche nell’improvvisazione, come ai vecchi tempi (Mysterious to 167). Finalmente, il sax è ritornato protagonista assoluto.
NAPOLI CENTRALE / Discografia
33 Giri (LP)
1975 - Napoli Centrale Napoli Centrale Dischi Ricordi - SMRL 6159 Euro 50,00 (C) (1)
1976 - Napoli Centrale Mattanza Dischi Ricordi - SMRL 6187 Euro 45,00 (C) (2)
1978 - Napoli Centrale Qualcosa ca nu’ mmore Dischi Ricordi - SMRL 6187 Euro 45,00 (C) (3)
45 Giri
1975 - Napoli Centrale Campagnia/Vico primo Parise N. 8 Dischi Ricordi - SRL 10756 Euro 15,00 (C) (4)
CD
1992 - Napoli Centrale Jesceallàh Blue Angel - CD BAR 40592 Euro 18,00 (B) (5)
1994 - Napoli Centrale ‘Ngazzate nire Blue Angel - CD FDM 70494 Euro 18,00 (B) (6)
2001 - Napoli Centrale Zitte! Sta arrivanne ‘o mammone PDG - 503051 2 Euro 15,00 (A) (7)
Note e curiosità discografiche LP/CD
È stata presa in considerazione la discografia ufficiale della band. La valutazione si intende per il disco/CD in condizioni Mint.
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è stato registrato e missato negli studi “Chantalain” di Roma e stampato nel 1975. Mostra una confezione apribile su cartoncino ruvido (interni ed esterni) con apertura sul lato destro. In 1° di copertina non vi sono indicazioni relativi al gruppo o al titolo dell’album. “Napoli Centrale”, invece, compare su un adesivo removibile di colore giallo. Quest’ultimo era talvota apposto sul cellophan protettivo, talvolta sulla copertina, con la conseguenza che alcune copie ne sono oggi sprovviste (il disco senza adesivo vale certamente qualcosa in meno). In 2a di copertina appaiono i titoli e i testi dei brani nonché (stampato e non sottoforma di adesivo) il riquadro giallo presente in copertina, di dimensioni leggermente più grandi. In 3° di copertina appare un collage di 4 foto del gruppo in zone di periferia. In 4a di copertina sono presenti la tracklist, la formazione, i ringraziamenti, i credits, informazioni relative alla registrazione e al missaggio. Sulla costina appaiono: il numero di catalogo e il titolo (in alto); la casa discografica (in basso). La busta interna, completamente bianca (la parte esterna è ruvida, quella interna è liscia), ha i 4 angoli tagliati leggermente in obliquo e un foro circolare per ciascuna facciata, all’altezza della label. In quest’ultima – rappresentata da due semicerchi rispettivamente di colore arancione (in alto) e nero (in basso) – appaiono, dall’alto in basso: il logo dell’etichetta, la casa discografica, il numero di catalogo, l’indicazione del lato e dell’anno, il titolo dell’album, i brani (numerati), i sottobrani (indicati senza titolo ma solo con lettere minuscole), i credits, il nome del complesso. Da notare che la suddivisione in sottobrani non compare nella tracklist presente in 4° di copertina. Dalla lettura della label, pertanto, si apprende che: “Campagna”, “‘A gente ‘e Bucciano” e “Viecchie, mugliere, muorte e criaturi” sono suddivisi ciascuno in 2 sottobrani; “‘O lupo s’ha mangiato ‘a pecurella” è suddiviso in 3 sottobrani. Tale suddivisione è perfettamente rispecchiata nel vinile ove i solchi tra ogni sottobrano sono più distanti, in modo da indicare anche visivamente ove comincia o finisce un brano e/o un sottobrano. Alla fine dei solchi (run off groove) è impressa, in stampatello, la sigla “CA” seguita a breve distanza dalla sigla “S 6159” (tutte scritte a mano) a sua volta seguita dalla data (24/3/75). Il bollino SIAE impresso sulla label è di colore rosso. Esiste una seconda edizione in vinile (Ricordi, Serie Orizzonte, n. di cat. ORL 8201, euro 7,00) stampata agli inizi degli anni ‘80. Mostra una confezione a busta con apertura sul lato destro. La targa gialla con il nome del complesso è stata stampata sulla copertina. Due le versioni in CD, entrambi edite dalla BMG: la prima del 1995 (n. di cat. MPCD 32948-2, euro 15,00); la seconda, realizzata nel 2001 per la serie “Gli indimenticabili” (n. di cat. 74321860152). Quest’ultima, a fronte di una grafica scarna, viene commercializzata a prezzi davvero popolari (euro 5,90). Da notare infine, che la versione in Cd dell’album presenta 11 tracce a dispetto delle 6 orginarie. Non si tratta di bonus tracks, bensì della suddivisione in sottobrani che compare anche nella label del vinile. Ciononostante, tale suddivisione non è riportata nella track list presente sul retro di copertina, esattamente come fu per il vinile.
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è stato registrato e missato negli studi “Chantalain” di Roma e stampato nel 1976. Mostra una confezione apribile su cartoncino liscio (interni ed esterni) con apertura sul lato destro. In 2° di copertina appaiono il nome del complesso, il titolo, un collage di 4 foto di alcuni compenenti negli studi di registrazione. In 3a di copertina appaiono i titoli e i testi dei brani. In 4a di copertina è presente la tracklist, la formazione, i ringraziamenti, i credits, informazioni relative alle operazioni di registrazione e missaggio. Sulla costina appaiono: il numero di catalogo e titolo (in alto); la casa discografica (in basso). La busta interna ha i 4 angoli tagliati leggermente in obliquo. Nessun foro circolare. La label è identica a quella del disco precedente (non vi sono sottobrani, però). Alla fine dei solchi (run off groove) è impressa, in stampatello e scritta a mano, la sigla “S 6187” seguita da un “1” o un “2” a seconda del lato. A seguire, è impressa la data (31/3/76). Il bollino SIAE apposto sulla label è di colore rosso. Due le versioni in CD, entrambi edite dalla BMG: la prima del 1995 (n. di cat. 74321 89028-2, euro 15,00); la seconda, realizzata per la serie “Gli indimenticabili” nel 2001, avente stesso n. di catalogo (euro 5,90).
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è stato stampato nel 1978 (assenti le informazioni relative allo studio di registrazione, verosimilmente sempre “Chantalain” di Roma). Mostra una confezione apribile su cartoncino liscio (interni ed esterni) con apertura sul lato destro. In 2a di copertina appaiono i titoli, i credits dei brani e una foto grande di Senese che suona il sax in uno studio di registrazione. In 3° di copertina appaire un collage di 6 foto piccole, principalmente di Del Prete e Senese, negli studi di registrazione. In 4a di copertina è presente la tracklist, la formazione, i ringraziamenti, i credits. Sulla costina appaiono: il numero di catalogo e il titolo (in alto); la casa discografica (in basso). La busta interna - con i due angoli superiori tagliati leggermente in obliquo - è completamente bianca (la parte esterna è ruvida, quella interna liscia) ed è caratterizzata da due fori circolari all’altezza della label, presenti su ambo i lati. Sulla label compare una “R” bianca attorniata da tre cerchi, uno dentro l’altro, rispettivamente di colore arancione, bianco e nuovamente arancione (quello bianco è decentrato). Nella label sono trascritti, dall’alto in basso: il numero di catalogo, l’indicazione del lato e dell’anno, il titolo dell’album, i brani (numerati), i credits, il nome del complesso. Alla fine dei solchi (run off groove) è impressa, in stampatello e scritta a mano, la sigla “S 6224” seguita da un “A” o una “B” a seconda del lato. A seguire, a breve distanza, un disegno molto semplice, fatto a mano, in cui si incastrano una “D” e una “R” maiuscole (le inziali di Dischi Ricordi). Non è presente la data. Il bollino SIAE impresso sulla label è di colore rosso. Una sola la versione in CD, edita dalla BMG nel 1996 (n. di cat. 74321441572, euro 15,00), attualmente fuori catalogo ma non di difficile reperibilità.
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il singolo Campagna/Vico primo Parise n.8 è tratto dal primo omonimo album. Mostra una confezione a busta con apertura sul lato destro. In prima di copertina compare la medesima foto dell’album, il nome del complesso (sempre su targa gialla ma impressa sulla copertina e non sottofroma di adesivo, come nell’album), il titolo del primo pezzo (scritto a mano) e il numero di catalogo (posizionato in basso a sinistra). Nella 2° di copertina (identica all’abum), non compare alcuna informazione. Nella label – che ricalca la grafica di quella presente nell’album (due semicerchi di colore arancione e nero) – appaiono, dall’alto in basso: il logo dell’etichetta, la casa discografica, il numero di catalogo, l’indicazione del lato e dell’anno, il titolo del brano e la sua durata, i credits, il nome del complesso. Alla fine dei solchi (run off groove) è impressa in stampatello la sigla “SLNS 6180” seguita dalla data (27/3/75, di tre giorni successiva a quella dell’abum) e dalle lettere “CA” (queste ultime scritte a mano). Il bollino SIAE impresso sulla label è di colore rosso. Entrambi i brani compaiono in versioni più brevi: “Campagna” dura 4:25 a fronte degli orginari 8:57 (da notare che questa versione di “Campagna” non corrisponde, nella durata, neanche al sottobrano b del medesimo pezzo presente nell’album, che dura invece 6:20); Vico primo Parise n.8 dura 4:15 a fronte degli orginari 7:37.
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è stato registrato e missato negli studi “Delta” di Napoli e stampato nel 1992. Il nome di James Senese compare in copertina unitamente al nome del gruppo e al titolo, ma è assente sulla costina. Nel booklet interno (4 pagine), compaiono l’elenco dei brani, la loro durata, la formazione, il testo di un brano. In 4° di copertina sono presenti informazioni relative alla registrazione e alla produzione. Il CD è fuori catalogo: non è raro ma non è di facilissima reperibilità.
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è stato registrato e missato negli studi “Splash” di Napoli e stampato nel 1994. Nel booklet interno (12 pagine), compaiono l’elenco, i credits e i testi dei brani, la formazione per ogni pezzo, alcune foto dei musicisti. In 4° di copertina è riportata la track list e la durata di ogni brano. Il CD è fuori catalogo: non è raro ma non è di facilissima reperibilità.
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è stato registrato e missato negli studi “Orion” di Napoli e stampato nel 2001. Nel booklet interno (16 pagine), compaiono l’elenco, i credits e i testi dei brani. In 4° di copertina sono presenti informazioni relative alla registrazione e alla produzione, l’elenco dei musicisti, i ringraziamenti. Il CD è in catalogo e non è di difficile reperibilità.
Nel 1997 è uscito un CD intitolato “Napoli Centrale featuring James Senese” (Replay Music, n. di cat. RMCD 4155). Nell 2004, con un differente titolo (Epitaffio, dal nome di uno dei brani), l’opera è stata pubblicata anche in vinile (in edizione limitata a 350 copie) da un’etichetta tedesca (Dr.Prog, n. di cat. 7105 DRPR). In entrambi i casi, non si tratta di un lavoro dei Napoli Centrale bensì degli Showmen che infatti appaiono in copertina e di cui viene riproposto l’album Showmen 2 in una versione totalmente diversa da quella orginaria, verosimilmente tratta da registrazioni demo o alternative dell’epoca.