Cosa c'è ancora da dire su un gruppo leggendario come i Jethro Tull, al quale, e sembra superfluo ricordarlo, sono stati dedicati innumerevoli scritti a firma di giornalisti, appassionati, biografi e quant'altro? Verrebbe da rispondere negativamente ma, ad un'attenta analisi, scopriamo che sono molti, gli aspetti di questa band, che ancora non sono stati sviscerati nel dettaglio. Soccorre, al riguardo, questo nuovo testo pubblicato da Officina di Hank (di cui abbiamo già recensito "Bathory. La band che cambiò l'heavy metal" di Fabio Rossi). Andiamo per gradi. L'autore è Giuseppe Scaravilli, che i più accorti ricorderanno quale deus ex machina e polistrumentista (voce, chitarra, flauto, basso e tastiere) dei Malibran, storica band di new prog italico. Non è finita, giacché egli si evidenza anche quale autore raffinato di pregevoli testi musicali. Fino ad oggi, oltre a quello di cui alla presente recensione, se ne contano quattro: "Gli incroci del rock. I grandi gruppi degli anni '70" per Arcana, "Jethro Tull 1968-1978. The golden years" e "Fatti e personaggi della storia", per Europa Edizioni (ai quali si aggiunge un volume dedicato alla tradizione e al folklore siciliano). Detto ciò, questo libro merita attenzione per più di un motivo. Innanzitutto è scritto da un musicista, cosa che garantisce un approccio certamente più professionale e competente rispetto a quello solitamente proposto dai biografi tradizionali, spesso "macchiato" dalla professione di giornalista, più protesa allo scoop piuttosto che al verbo musicale profuso da una band, talvolta addirittura irrimediabilmente penalizzato dai retaggi tipici del musicista mancato, cosa che talvolta si traduce in una frustrazione genuinamente deleteria per chi scrive e in una delusione scottante per chi legge. Va poi evidenziato che il libro propone un'analisi piuttosto dettagliata anche del tardo periodo dei Jethro Tull, compresi i tempi a noi vicinissimi (e con ciò si allude anche a "The Zealot Gene", ultima uscita discografica). In tal senso, l'approccio estremamente analitico palesato dallo scrittore, garantisce valutazioni dettagliate non soltanto riguardanti la discografia (ivi compresa quella in dvd e cd), ma anche le apparizioni live e quelle televisive, specie del periodo storico, cioè quello che copre il range che va dal 1967 al 1980 (gli anni successivi, come detto, sono comunque garantiti, pur in maniera sintetica). A questo si aggiunga che lo scritto propone una analisi, pur comprensibilmente contenuta, afferente all'operato dei singoli membri, il cui nome ricorre costantemente in tutta l'opera, anche in periodi che li vedono non in organico, sempre ben contestualizzati, sia che si parli di progetti individuali, sia che si parli di progetti paralleli, ivi comprese le band soliste di Mick Abrahams e Martin Barre (a proposito dello storico partner di Ian Anderson, a lui è dedicato maggiore spazio rispetto agli altri, per condivisibili motivi legati alla sua innegabile importanza in seno alla band). Queste caratteristiche del volume, che peraltro vanta un numero veramente corposo di pagine (oltre 300), ci permette di segnalare quest'opera non soltanto ai completisti, che vi potranno comunque scoprire alcuni particolari del tutto inediti, ma anche e soprattutto a chi, per la prima volta o da poco tempo, si approccia all'organico britannico con crescente curiosità, pur da profano. |
Editore: Officina di Hank |