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Bathory. La band che cambiò l'heavy metal
Fabio Rossi

Cimentarsi nella pubblicazione di un testo che celebra una band oscura come i Bathory, non è cosa da poco.
Non esistono, nel mercato editoriale, libri specificatamente dedicati all'organico, che risulta invece soltanto citato in antologie di settore (tra queste, preme citare "Blood, Fire, Death: The Swedish Metal Story (Extreme Metal)" di Ika Johannesson e Jon Jefferson Klingberg, "True Norwegian Black Metal" di Johan Kugelberg e Peter Beste e "Swedish death metal" di Daniel Ekeroth.  L'ultimo dei tre, peraltro, è l'unico del lotto ad essere stato tradotto e pubblicato anche in Italia).
Si aggiunga che quanto scritto in passato su riviste e fanzine di settore non è stato nel tempo digitalizzato, come avvenuto invece per altre band di nicchia, con la conseguenza che le informazioni oggi presenti in rete non soltanto scarseggiano, ma appaiono piuttosto generiche, quando non omologate del tutto. 
Ne consegue che l'opera in questione si segnala quale vero e proprio evento editoriale.
Nel merito, l'autore procede in parallelo, percorrendo il doppio filo della ricostruzione biografica e dell'analisi discografica, effettuando un esame dettagliato che aiuta il lettore a muoversi nei meandri di un genere musicale seminale, anche grazie a rimandi attendibili a band europee altrettanto oscure quali Venom, Hellhammer, Mercyful Fate, Celtic Frost, tanto per citarne una manciata.
Valgano, al riguardo, due esempi: con riferimento alla compagine biografica, è fondamentale quanto osservato dall'autore in ordine all'importanza che questa questa band ha avuto sulla nascita e sullo sviluppo rispettivamente del viking metal e del black metal, generi entro i quali il leader Quorthon ha sempre operato con evidente disinvoltura, senza ovviamente tralasciare le incursioni verso il thrash e l’alternative, cui lo svedese volle incedere da solista; per ciò che afferisce alla discografia, invece, lo scrittore dettaglia, tra le altre cose, le differenze estetiche tra la prima stampa dell'esordio discografico, edito in sole 1000 copie nel 1984 dalla Black Mark Label con copertina "Yellow Goat", poi seguito dalla versione "black and white" della seconda tiratura, peraltro sempre edita lo stesso anno.
Quanto sopra è largamente sublimato dall'approccio tipico del giornalismo di inchiesta, che si caratterizza, nel caso di specie, nell'apprezzata attitudine maniacale in possesso di chi ha la capacità di ricostruire vite ed eventi spulciando negli archivi cartacei, non soltanto italiani, evidentemente in possesso dell'autore, dai quali vengono estratte dichiarazioni dello stesso Quorthon, del padre (suo boss e discografico durante gli esordi), della loro cerchia di amici e colleghi musicisti.
Soltanto un appassionato di stampo oltranzista avrebbe potuto offrire ai lettori un'opera dedicata ad una band cosi marcatamente di nicchia, mantenendo un approccio espositivo che può essere apprezzato anche da un pubblico meno specifico, pur animato da interesse a 360 gradi per la musica, che qui deve necessariamente comprendere anche quella a vocazione estrema.




Autore: Fabio Rossi
Anno: 2021
Pagine: 134
Prezzo: 15 €

Editore: Officina di Hank (Chinaski S.r.l.)
Vico S. Giorgio 1 (int. 2, sc. destra)
16128 - Genova 
https://officinadihank.com/
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