Chiamarsi come un vibratore a vapore ideato dalla mente di Borroughs per il suo “Il Pasto Nudo”, potrebbe far pensare a un gruppo punk, ma gli Steely Dan sono invece stati (e sono tutt’ora) gli alfieri della miglior fusione tra rock e jazz.
Dopo due album più “rock”, ma contenenti hit quali “Do It Again” e ”Bodhisattva”, Donald Fagen e Walter Becker spostano l’asticella su coordinate più vicine al jazz, dando alle stampe quello che, assieme ad “Aja” del 1977, risulta uno dei loro lavori più riusciti. Il curioso titolo deriva da un modo di dire statunitense che viene utilizzato per descrivere un ragionamento lacunoso e confuso, mentre la copertina sfoggia una foto in bianco e nero di un venditore di pretzel a Central Park. L’album contiene il secondo cavallo di battaglia del gruppo (il primo è “Do It Again”), “Rikki Don’t Lose That Number”: nel brano, dopo una flebile introduzione di flapamba (una variante della più nota marimba) da parte del percussionista jazz Victor Feldman, uno che ha suonato con Miles Davis, Cannonball Adderley e Shelly Manne, fa la sua entrata il basso di Becker, che ricalca il riff della celeberrima “Song For My Father” di Horace Silver, standard jazz del 1963, riff che verrà utilizzato anche da altri artisti (provate ad ascoltare “Don’t You Worry ‘Bout A Thing” di Stevie Wonder); un’enfatica strofa anticipa lo splendido refrain, cantato da un Fagen in stato di grazia (e pensare che agli albori della band aveva il terrore di cantare, tanto da assoldare per il primo tour David Palmer in veste di vocalist!). Ma non è solo la presenza di questo brano a fare di “Pretzel Logic” un album imprescindibile: in esso, infatti, convivono altri brani riuscitissimi, dalla forte vena melodica e contrappuntati dai fiati dei numerosi ospiti (Ernie Watts, Jerome Richardson,..) per dare al tutto quell’impronta jazz caratteristica della band; su questo versante fanno bella mostra di sé “Night By Night”, l’ispirata title-track e “Monkey In Your Soul”. Ma la band trova anche il tempo di piazzare l’effervescente country di “With A Gun” e una rivisitazione di “East St. Louis Toodle-Oo” di sua maestà Duke Ellington (che morirà circa tre mesi dopo l’uscita di questo album), nella quale Becker simula con la chitarra il suono della tromba con la sordina, Fagen si diletta al sax contralto e il chitarrista Jeff “Skunk” Baxter tenta di imitare il suono del trombone: il risultato finale, manco a dirlo, è eccellente. Citazione anche per la baldanzosa “Parker’s Band”, nella quale il riferimento a Bird non si ferma al titolo, ma prosegue anche nella struttura del brano, riprendendo i tipici fraseggi del grande sassofonista. Nell’album appaiono anche i futuri Toto David Paich e Jeff Porcaro, che diventeranno collaboratori abituali del duo assieme a una pletora di musicisti ospiti che andrà aumentando di album in album, raggiungendo la quarantina su “Gaucho”. Concludendo, “Pretzel Logic” rappresenta la prima prova di maturità musicale di una delle migliori band degli anni ’70. |
Donald Fagen: voce, tastiere, sassofono Anno: 1974 |