Home Recensioni Live Jethro Tull - Roma, 7 Novembre 2019

Jethro Tull
Roma, 7 Novembre 2019

Roma, 7 Novembre 2019 - Auditorium Parco della Musica

L'attuale moniker, "Ian Anderson presents Jethro Tull" (il quarto, dopo "Ian Anderson plays Jethro Tull", "Ian Anderson's Jethro Tull" e "Jethro Tull by Ian Anderson") non può suonare ipocrita se si considera che l'assunto secondo cui Ian Anderson è i Jethro Tull non risponde propriamente al vero. Forse sarebbe il caso di dire che i Jethro Tull senza il flautista non sarebbero tali, così come non lo sono senza Martin Barre.
Precisiamo che questa formazione capitanata da Anderson richiama lo storico moniker in maniera derivativa a causa della scissione del 2012, determinata da dissapori intercorrenti tra i due musicisti. A seguito di ciò, probabilmente, entrambi, singolarmente, non poterono usare l'antico vessillo senza l'altro.
Da allora, almeno formalmente, i Jethro Tull si sono sciolti.
Di fatto, tuttavia, Ian Anderson ha semplicemente cambiato batterista e chitarrista e ha continuato a suonare il repertorio della storica band mentre Martin Barre ne ha formata una tutta sua, tenendosi il batterista Doane Perry, richiamando Jonathan Noyce, penultimo bassista dei Tull, aggiungendovi due nuovi membri (successivamente, questo organico cambierà, includendo anche Bunker e Palmer, due storici membri).
Ma torniamo ai Jethro Tull "attuali".
Il Líder Máximo
non ha più voce, cosa che possiamo pure accettare, visto che il canto non è mai stato il punto di forza di questo gruppo.
Giganteggia ancora, invece, con il flauto e con gli altri strumenti (armonica e chitarra acustica).
Gli altri musicisti sono dei gregari necessari, piuttosto capaci, con la sola eccezione del batterista che, a modesto avviso di chi scrive, non pare all'altezza dei predecessori.
Il chitarrista Florian Opahle non emula affatto Martin Barre ma è piaciuto: la sua chitarra è moderna, aggressiva, molto virtuosa, anche se evidenti ordini di scuderia gli impediscono di prendere la tangente come verosimilmente vorrebbe. Rimane il fatto, come detto sopra, che il sound dei Tull era costituito da un'alchemica combinazione che includeva, quale conditio sine qua non, il (mai troppo) citato Martin Barre.
Parlando del repertorio, è apparsa piuttosto singolare la scelta di suonare una manciata esigua di brani con due musicisti/cantanti virtuali: non da disprezzare, seppur non propriamente originale.
La tracklist, in ogni caso, è ben lontana dal celebrare i 50 anni della band (come è invece strombazzato nella locandina), giacché i brani eseguiti sono tutti attinti dagli anni '70, con la sola eccezione di "Budapest", dall'album "Crest of a Knave" del 1987.
La selezione dei pezzi è apparsa rassicurante, perfettamente in linea con le aspettative del pubblico: del resto, se quest'ultimo accetta questo comportamento da un oltranzista come Robert Fripp, che per anni si è rifiutato di proporre il repertorio degli anni '70, cambiando idea soltanto ultimamente, figuriamoci se non lo apprezza in chi, come Ian Anderson, sui pezzi storici ha sempre incentrato i propri show.
In conclusione, uno show gradevole che, tuttavia, se ci fossimo persi, non avremmo certamente rimpianto.



Ian Anderson – vocals, flute, acoustic guitar, harmonica
Florian Opahle – electric and acoustic guitars
David Goodier – bass, vocals
John O'Hara – keyboards, accordion, vocals
Scott Hammond – drums

Data: 07/11/2019
Luogo: Roma - Auditorium Parco della Musica
Genere: Progressive Rock

 

 

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