Drusilla Foer ha qualcosa da dire, una capacità certamente non dovuta, nell'odierno mare magnum di persone che hanno poche cose da comunicare, pur parlando a profusione. Si tratta di esperienze non scontate che, esposte, non volano via, inafferrate, ma restano nella mente alimentando il substrato. Nessuno sproloquio soggettivo, è bene chiarirlo. Ad esempio, la frase “Ho capito che notare qualcosa di ingiusto nell’altro, non fa di me una persona nel giusto” suona come una presa di coscienza sul delicato tema dell'arroganza pretenziosa e tendenziosa che alimenta pericolosamente i nostri frettolosi giudizi. La soppressione del pregiudizio, invece, è più una preghiera, necessaria, doverosa, impellente. Poi c'è l'invito alla introspezione. Una certa ritualità, nelle esternazioni di Drusilla - che ricorre ad un uso sapiente delle pause, dei sospiri, del non detto - spinge alla valorizzazione del silenzio, processo sublimato dall'espressione "l'ascolto del silenzio", quasi un brocardo, lanciato inaspettatamente e sussurrando, che allude ad un approccio riflessivo valido più di mille parole. Il faceto, segnatamente a vocazione autoironica, è anch'esso manifestazione di intelligenza sottile, sublimato dalla destrezza impavida della Foer di gestire il palco con maestria, tenendo in pugno un numero assai corposo di astanti. Infine la musica, meravigliosamente a vocazione jazz, profferta da esecutori pregevolissimi e impreziosita da una voce che, partendo da prodromi inevitabilmente maschili e sfruttando magistralmente la tecnica del falsetto, peraltro mai stucchevole, percorre con efficacia un range di ottave decisamente esteso. Al riguardo, colpisce la perizia dell'ensemble di donare nuova veste al classico "I Will Survive" di Gloria Gaynor, un tempo genuina testimonianza della spensierata compagine danzereccia settantiana, oggi espressione di intima sensibilità, grazie all'arrangiamento rinnovato a firma di Franco Godi, chitarrista, produttore e direttore artistico. Gestualità e postura della Foer, peraltro, permettono anche ai profani della lingua inglese di capire perfettamente l'alveo tematico tratteggiato dal malinconico testo. Sempre con riguardo alla musica, preme segnalare il brano "The Second", un'apoteosi di virtuosismo al piano (Loris Di Leo) e al clarino (Nico Gori, anche autore del pezzo), che subisce chiaramente le ascendenze del Glenn Miller più brioso e movimentato. E' un campionario artistico, quello sopra descritto, incredibilmente vasto, capace di includere tout court recitazione, musica, canto, comicità, finanche l'opinionismo più schietto, e che, per i motivi sopra ampiamente dissertati, è adatto a chi risulta permeato di ricettività, buon senso e spirito costruttivo. Un solo appunto: è mancato Giorgio Gaber, nominato ma scartato, asseritamente per evitare di risultare prevedibili. Vengono invece i brividi ad immaginare come Drusilla avrebbe potuto interpretare brani come "I soli" o "I mostri che abbiamo dentro" o "Quando sarò capace di amare" o "Il tutto è falso", giusto per citarne una manciata. |
Drusilla Foer DRU WHO? Ho un certo numero di anni che tendo a non prendere in considerazione.
|