Dalla sola cenere nominativa dei Diemmebi, il trio piemontese dei Van Gogh Post Scriptum cambia identità e prosegue imperterrito il suo viaggio musicale, senza mai essere stati un’araba fenice, poiché mai sciolti, ma semplicemente facendo un re-styling di scelte per nuovi indirizzi di scrittura, incentrati sugli inediti del debut-album Lovemarks. Indizi di fitto impegno sono palpabili già dal packaging ben curato del cd e dalla voglia di rigettare il termine “alternativo”, puntando molto alla concettualità del “personale”. Se già nel primo lavoro fosse tutto a fuoco ci imbatteremo in fenomeni cristallini. Però, questo power-trio sa spillarci belle lodi per gridare alla mezza impresa: per l’altra metà, occorrerà mettere a punto certe ingenuità compositive e canore che lasciano, talvolta, la sensazione di forzare troppo la mano sui bulloni interpretativi, col timore di non dimostrare abbastanza. Per il resto, nulla da eccepire se non per “Il tuo fruscìo (è la mia sete)”, episodio alquanto anonimo che non segna il territorio più di tanto. Staccando questo neo, non è stato male aprire l’opera con "DNA" in cui la cupezza iniziale è marcatamente 'Cure' e sa mostrare un po’ di muscoli con chitarra ruggente e buon slancio in assolo. Con non troppa fantasia ma per nulla “fuorimoda” appare “Demodè”, con aspra entree a braccetto con la vocalità accorata di Marco Deambrogio.
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