Glenn Danzig ama stupire i suoi fan: il suo quinto album, "Blackacidevil", dove abbandonava l'idea di gruppo per avvicinarsi a quella del progetto solista, peraltro a vocazione inaspettatamente techno-industriale, e gli album della serie "Black Aria", di stampo ambient e/o neoclassico, sono un esempio lampante di questa sua volontà di meravigliare la platea ad ogni costo.
L'ultima stravaganza è "Skeletons", un album di cover di dieci brani, metà dei quali mai ci si aspetterebbe sentir cantati dall'ex Misfits. Va preliminarmente chiarito che questo è un lavoro solista, piuttosto che dei Danzig come band (non più in azione, di fatto, a partire dal citato "Blackacidevil") giacchè il nostro non si limita a cantare, ma suona pianoforte, chitarra e basso su tutte le tracce, addirittura la batteria su metà dell'album, facendosi aiutare da Tommy Victor per le parti di chitarra solista e, occasionalmente, di basso, nonché da Johnny Kelly per la batteria, nell'altra metà del disco. La produzione è scarsa (la voce risuona lontana, quasi ovattata) ma l'album è permeato di grezza energia: la sua versione rustica del pezzo di Elvis Presley "Let Yourself Go" è straordinariamente efficace, così come credibile appare l'intepretazione di "NIB", non fosse altro per le attitudini cupe e oscure che lo accomunano ai Black Sabbath; la psichedelia a vocazione garage dei The Litter, tributati con una riuscitissima versione di "Action Woman", è inoltre azzeccata per un rusticone come l'italo-americano (sapevate che in realtà si chiama Glenn Allen Anzalone, vero?). Non tutto è perfetto, ovviamente: ci si chiede perchè coverizzare "Lords of the Thighs" degli Aerosmith, mentre "Girl Like You" dei Troggs è caotica e confusa e "Rough Boy" degli ZZ Top proprio non funziona. Insomma, l'intenzione che si cela dietro a questo album di cover è buona e va certamente rispettata ma l'album va doverosamente segnalato ai soli completisti del singer (e dei Misfits, viste le attitudini horrorifiche manifestate in copertina e quelle punkettare espresse in alcuni dei brani della tracklist). In ogni caso, lontanissimo dalla validità artistica delle prime due fatiche discografiche (i magnifici "Danzig" del 1988 e "Lucifuge" di due anni più tardi), questo nuovo lavoro è certamente tra le cose più stravaganti di tutta la discografia del nostro. |
Glenn Danzig: voce, piano, chitarre, basso, batteria (3, 6, 7, 8, 10) Anno: 2015 |