I russi Ram-Page (cacchio, un solo trattino centrale per differenziarli da almeno altre 13 band esistenti dal medesimo nome ...NDA) sfornano questo album nel 2013 dal titolo The Depths Of Rage, e trattasi del loro terzo disco ufficiale dopo i due 'the keeper of time' e 'blooming rust'. La copertina sa di gruppo deathgore, e mi aspettavo un thash marcio e tendente al death ed invece leggo che si tratta (o dovrebbe) di blackened thrash metal, la cusiosità aumenta ma ascoltando poi il disco mi son dovuto ridimensionare nelle mie aspettative; pur essendo attivi solo dal 2010 i four horsemen dimostrano di aver voglia di prolificità anche se le idee non sono poi così copiose, dopo 3 album in studio direi che una band dovrebbe intraprendere una linea univoca, uno stile proprio, io tuttavia non ho sentito grandi novità sebbene la proposta non sia del tutto da buttare via. Il cantato è proprio quello che forse da la definizione di 'blackened', essendo il singer Vlad Privalov un mix di scream e voce lontanamente purulenta con una piccola vena di growl, il tutto però va stridendo con il thrash sporco e dal sapore live che si dipana dalle 12 tracce senza lasciare un'impronta indelebile, il cd suona come una buona esibizione underground dal vivo con qualche riff e spunto di interesse ("Show") talvolta il debole filo conduttore quasi si spezza e si cade sulla monotonia e sul versante piatto senza nessun sobbalzo degno di farci sollevare il capo. Il mood è catchy e il riffaing si sussegue anche coinvolgente anche se non mi sono piaciute le distorsioni abbastanza piatte e old school con copo spirito e sentimento nel sceglierle e con qualche sparuta linea sottostante melodica e certi arpeggi simil epici e melodicio. Non voglio per questo togliere al disco la sufficienza dato che tra un pezzo e l'altro si capisce che la band abbia ancora da crescere e che il livello è comunque medio perciò forse con il prossimo album sentiremo dei progressi. Per ora mi soffermo a sottolineare che ci sono i compitini a casa già fatti e che i 12 pezzi del cd sono più di riempimento che di sostanza, qualcosa li rende piatti e poco distinguibili, ma di 'blackened' c'è davvero poco essendo di solito questo un genere (o la commistione di questo) potente e se vogliamo molto ben delineato, e poi la scelta del thrash in funzione americana più che europea stride ancora di più con la proposta e le sue finalità, alcuni spazi regalati a solos di chitarra e fraseggi e aperture 'heavy' non sono da buttare via e fanno 'ridestare' un poco, ergo nel complesso si potrebbe lavorare in tal senso modulando anche la voce a seconda del contesto visto che alcune volte si ha l'impressione di ascoltare un unico lungo pezzo. Questo lavoro è composto, suonato e registrato con un sufficiente appeal, c'è poca pienezze e poco devastante impatto, invece di articolare e ridefinire il loro stile i Ram-page si sono concentrati di più sulla quantità e questo alla lunga secondo me non paga, meglio fare un unico buono disco in 5 anni che 3 piatti e noiosi da ascoltare. Comunque non tutto è perduto, ci sono alcuni momenti dove si evince che il quartetto può avere delle frecce al suo arco, non certo i nostri moriranno con questo thrash tagliente e acidulo, c’è del riffage heavy da sfruttare e alcuni occhiolini strizzati al metal nordico che potrebbero risultare utili per il futuro di questa band, ed anche in varianti come il pezzo "Fog" con un incedere diverso quasi più lento e acustico in modo marcio e contemporaneamente ipnotico. Certo l'unico neo è il fatto che si tratti del 3° album, molte bands valide spesso non riescono ad esordir e questo fa non poco rabbia, ad alcuni gruppi italiani che non riescono a trovare spazio nella loro terra natia propongo di trasferirsi in Russia, magari le chance da quelle parti potrebbero moltiplicarsi. Lascio la parola ai fan e consiglio come track campione la opener "Laceration", "Fog" e "Song of Night", a qualche affezionato del thrash in tutte le sue forme magari potrebbe piacere di più che a me. Alla prossima con la speranza di udire notevoli miglioramenti, la capacità tecnica da quello che si sente non manca, manca solo un pelo di esperienza e originalità aggiuntiva e magari una vera apertura al death metal d'autore 60/100
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Dmitriy Dolgov: Basso Anno: 2013
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