A soli due anni e mezzo dall’uscita del discusso e da molti considerato mainstream See You On The Other Side, ecco che i KoRn ci regalano la loro ottava fatica (la seconda con la Virgin/Emi) che li vede ulteriormente cambiati nella line-up.
Questa volta, infatti, a mancare all’appello (anche se si crede solo temporaneamente) è il batterista David Silveria rimpiazzato per la lavorazione a questo album da Terry Bozzio, in passato al fianco di importanti musicisti quali Steve Vai, Frank Zappa, Vivian Campbell e dello stesso Jonathan Davis nella registrazione di alcuni brani per la colonna sonora del film "La Regina dei dannati". E’ facilmente intuibile, dunque, come questo disco rappresenti una prova importante per la band californiana che attraversa un periodo piuttosto delicato: su di esso pesa l’onere di mostrare la stabilità creativa dei KoRn. La scelta di lasciare l’album senza titolo vorrebbe quasi far intendere una nuova rinascita, un voler ripartire da zero rimettendosi in gioco senza essere limitati da un titolo … è una libertà che la band si è concessa e ha concesso anche agli ascoltatori, in quanto ha dichiarato che ognuno di noi potrebbe assegnare all’album un nome, in base al particolare significato che trova in esso. Untitled è strutturato in 12 tracce precedute da un intro affascinante, magico, in cui pianoforte, organo e xilofono danno vita ad un’atmosfera tetra e nostalgica che le percussioni e la voce di Davis rendono sempre meno rassicurante se non minacciosa. La prima canzone “Starting Over” è caratterizzata da un ritornello molto energico (con tanto di pre-chorus in un intrigante falsetto) e da un finale più soft e riflessivo. La successiva “Bitch We Got A Problem” si avvale nelle strofe di un saliscendi emotivo dettato da un abile Davis, prima contenuto poi improvvisamente più fremente e turbato, e soprattutto di un ritornello particolarmente orecchiabile che entra in testa al primo ascolto. “Evolution” ha un ritmo molto trascinante e un testo di attualità impegnato che, come conferma la band stessa, "parla di come gli uomini abbiano distrutto il pianeta e si facciano guerra tra di loro". Per la prima volta vediamo i Korn nel ruolo di pacifisti ed amanti della natura, il che rende la canzone perfetta per essere il primo singolo, oltretutto già supportato da un video decisamente coerente con quello che è il tema centrale. Piuttosto carica è anche la successiva “Hold On” con un drumming e delle chitarre incalzanti, sebbene il ritornello corra il rischio di farsi col tempo un po’ monotono. Poi arriva “Kiss”, brano lento e introspettivo dalla bellissima melodia e un finale che si spegne delicatamente. “Do What They Say”, invece, è un pezzo con un sound molto vicino allo stile dell’immortale Issues (1999); in particolare, l’anticipare sussurrato dell’inizio di ogni verso nelle strofe ricorda molto “Hey Daddy”. In “Ever Be” Jon sfodera il suo notevole repertorio vocale (ad un certo punto dona alla canzone i tratti di una inquietante filastrocca) e Bozzio scandisce il tempo in modo deciso e più violento in chiusura. “Love & Luxury” è il pezzo spensierato dell’album, tende al pop, e si distingue soprattutto per l’immediatezza ed un inizio molto accattivante e malizioso. Riff prepotente e sound ruvido per le vigorose “Innocent Bystander” e “Killing”, particolarmente interessante quest’ultima con Jon versione death metal nella parte finale. Si può dire che è un Davis camaleontico quello di Untitled, cosa che si nota in modo evidente quando dalla dura undicesima traccia si passa alla successiva “Hushabye”, caratterizzata da strofe dolci e malinconiche che esplodono in un potente ritornello facile da imparare. “I Will Protect You”, infine, si apre con una destabilizzante cornamusa campionata e una voce calda, ma la vera chicca di quest’ultimo pezzo è senza dubbio il bridge sconvolgente e complesso, quasi caotico. In definitiva i KoRn sono tornati con un ottimo ottavo album, completo, maturo e carico di emozioni, che assumerà nuove connotazioni ad ogni ascolto. Scorre bene dalla prima all’ultima traccia e presenta pochissime sbavature. Mi sembra che esso sia una più che valida risposta a tutti coloro che ormai pensavano che questa grande band fosse diventata il fantasma di se stessa … di conseguenza il mio consiglio non può che essere di comprare il disco, non ne rimarrete delusi. 85/100
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Jonathan Davis: Voce Anno: 2007 |