Spalmato su tre capitoli, il concept "The Songs & Tales Of Airoea" è firmato dall'organico The Chronicles of Father Robin, supergruppo che include artisti attinti dall'attuale scena scandinava, già apprezzati in altre valide formazioni contemporanee, non soltanto di rock progressivo (Wobbler, Tusmørke, The Samuel Jackson Five e Jordsjø). L'opera, strutturata su 18 brani, ha asseritamente richiesto trent'anni di lavorazione ed è nata da lunghe jam session prima di essere realizzata nella versione definitiva oggi divulgata al pubblico. I primi atti di questo progetto monumentale - "Book 1: The Tale Of Father Robin (State Of Nature)" e "Book II: Ocean Traveller (Metamorphosis)" - sono pubblicati dalla Karisma Records, sebbene i tre lavori siano stati già stati editi dalla misconosciuta label Old Oak Records in un unico e raro box set limitato e numerato. A livello tematico, l'opera narra le vicende di Padre Robin e dei suoi pellegrinaggi nel contesto immaginario che fa capo al mondo arcaico di Airoea. Il "Book I" è straordinariamente avvincente, bilanciando sognante poetica espressiva ed incisivo dinamismo posturale, un archetipo oculato tipico, tra gli altri, degli ormai storici Änglagård, il cui sound è riproposto con una certa ricorrenza, sempre in termini ottimamente contestualizzati (fanno eccezione il prologo inziale, a vocazione squisitamente bucolica, e "The Tale of Father Robin", breve inciso connotato da un substrato quasi barocco). "Eleision Forest" esalta la tradizione progressiva svedese di stampo epico, con tastiere protagoniste che subiscono il chiaro ascendente degli Yes dei primi anni '70, evocati peraltro, anche a livello vocale. "Twilight Fields" è una suite ombrosa che pare volga lo sguardo al lascito plumbeo degli Anekdoten, pur in totale assenza di sonorità frenetiche e nevrotiche tipiche dei King Crimson più deliranti, da quel quartetto puntualmente evocate, specie nei primi lavori. "Unicorn", invece, si sostanzia quale episodio dolce, chiaramente riconducibile al romanticismo anglosassone post Beatles, peraltro connotato da un flauto estremamente ammaliante e suadente: il brano si colloca in bilico tra il rock progressivo di stampo sinfonico e un alveo tipicamente pastorale. "The Death Of The Fair Maiden" è stato volutamente menzionato per ultimo da chi scrive, in quanto contiene l'unico passo falso dell'intero album, che si concretizza in una batteria introduttiva totalmente decontestualizzata, lontanissima da qualsiasi archetipo progressivo: un vero peccato, giacché il pezzo si evolve in maniera appassionante, analogamente riprendendo la vecchia tradizione settantiana, pur di stampo soffuso, tradendo le ascendenze degli Yes e dei Genesis più eterei ed intangibili. Quanto sopra è sublimato da una copertina assai suggestiva, perfettamente in linea con la tradizione immaginifica del rock progressivo più incantato, che si consiglia di apprezzare acquistando l'immancabile e più fascinosa edizione a 33 giri (una per ciascun Book). |
Andreas Wettergreen Strømman Prestmo / Vocals, Guitars, Bass, Synth, Organ, Glockenspiel, Percussion |