Sarebbe fuori luogo dire che -musicalmente- questo EP di cinque canzoni è nullo, dato che si sta discorrendo di una punk rock band, e quindi dobbiamo mettere da parte qualsiasi pretesa strettamente musicale (“è punk rock, che pretendi?”), però si può tranquillamente dire che in questi dieci minuti di musica non si trova proprio niente fuor che delle cose elementari, insomma quanto basta per voler scrivere una qualsivoglia canzone. Butta giù due accordi e tirala avanti a tutta velocità, la canzone è fatta, tanto se ti dichiari “Punk rock band” tutto è consentito.
In Italia solo due categorie di persone hanno licenza di fare quello che vogliono senza mai essere responsabili o suscettibili di giudizio negativo: i parlamentari, le cinque più alte cariche dello stato, ed i musicisti punk. Se poi scrivi pure che l’età media è di vent’anni, allora è automatica l’indulgenza. Non si può pretendere tanto, perché semplicemente la band vuole sparare più basso possibile, al massimo si potrà distinguere gli Antefatti per via del timbro vocale del cantante (essendo tutto il resto piattamente uniforme al minimum punk rock popparolo che tutti -purtroppo- ben conosciamo, semplicemente guardando qualsiasi programma musicale per ragazzini), e invece non possiamo fare neanche quello, visto che il timbro del vocalist è quanto di più anonimo di possa trovare. Ma anche questo fa parte del gioco, è “Do It Yourself!”, fai tutto da solo e decidi tu come farlo, e proprio perché lo fai da solo, ciascuno può farlo, e per questo non occorrono grandi capacità ne troppe riflessioni. Quindi non sarà per i demeriti strettamente musicali che valuterò questo lavoro, ma per scelte pratiche della band. Il cantato in italiano è estremamente rischioso, ma certo se opti per la lingua italiana devi aver proprio qualcosa di interessante da dire (o almeno devi avere un testo efficace, anche se incomprensibile o palesemente illogico). E invece i testi sono di gran lunga peggiori della musica. Ma non voglio nemmeno giudicarli per i contenuti da loro espressi, non giudico quantomeno infantile (se non addirittura diseducativo) avercela con una multinazionale proprio perché è -appunto- una multinazionale (e poi anche perché fa ingrassare); non voglio dire che i loro argomenti contro i fast food sono tutt’altro che progressisti, bensì un misto di tradizionalismo e modi di dire da vecchietto (“la vecchia birreria non esiste più!” o “è tutto un brutto giro”) senza contare la noiosa retorica sui valori (suvvia ragazzi, non venite a parlarmi pure voi dei valori della “famiglia”, perché non fa molto punk rock band!); poi non voglio rimproverare questi tre ragazzi di essere snob nello scagliarsi contro un locale solo per i suoi odori (ma quanta puzza sotto al naso hanno questi punk! Solo io me li ricordo lerci, ignoranti e selvaggi ? Questi addirittura criticano la puzza di fritto); e non voglio arrivare a dire che non c’è nulla di male nel sorridere per un panino, perché ognuno si diverte come può, non siamo tutti palati buoni come gli Antefatti, che escono solo per andare a teatro o a mostre d’arte; non voglio dire che è banale la retorica contro i calendari e le modelle, e non voglio dire che una polemica del genere, condotta in quei termini così morbosi (parlando di “tette a balconcino”, di “bel culetto” che fa rima con “ti sfili il reggipetto” e della gente che “si fa le seghe con te”) è consona al compiacimento da confessionale (signorina, mi dica tutti i suoi peccati, confessi tutto fin nei minimi particolari!) e non ad una polemica contro la “Bella Vita” delle belle ragazze. Insomma non voglio criticare tutto questo, si tratta di opinioni, visioni del mondo, modi di esprimersi che non è il caso di discutere in una recensione, critico solo la scelta di presentarsi per metà “impegnati” e contestatori, e per metà simili a certo pop teenageriale da classifica, che si evince dall’episodio intitolato “Andrea”, che ricalca il modello di riferimento dei Finley, senza nulla aggiungere, e parla di una delusione d’amore in termini così generali ed astratti da poterla adattare a qualsivoglia contesto storico, sociale e generazionale, la vuotezza fatta a canzone, puro sentimento generalizzato ed abbozzato nelle sue linee minime, tanto per fare qualche rima tipo “Andrea era un ragazzo come tanti / amava il calcio e gli amici importanti”. Valeria Rossi con “Tre Parole”, in confronto, sembra Ludwig Wittgenstein. Le ragazzine non vogliono sentir dire peste e corna sui calendari (non ci pensano nemmeno a queste cose), ne vogliono sentire filippiche sui fast food, ne sono interessate agli espropri proletari (cui inno è “Pirati”, che come al solito banalizza in modo imbarazzante), vogliono solo sentire canzoni semplici e veloci, più che altro c’è da curare il look, prediligendo il trucco con la matita sugli occhi (e magari anche dentro), capello piastrato e in costante erezione, magari proprio dovuta alla presa visione di un calendario. 20/100
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Fausto: Voce e chitarra Anno: 2009 Sul web: |