In un periodo storico in cui gruppi piuttosto datati si presentano sul palco con un solo membro storico (Jethro Tull, King Crimson, Orme, PFM, Banco), talvolta neanche originale (Yes, Molly Hatchett), il nuovo progetto di Nick Mason, che propone soltanto pezzi dei Pink Floyd estratti dagli album precedenti a “The Dark Side Of The Moon” (con l'esclusione di "Ummagumma"), generalmente scartati dal gruppo madre nel corso delle esibizioni dal vivo, non appare neanche tanto insensato.
Laddove tutti ostentano storici moniker con formazioni scandalosamente rimaneggiate, egli ha quantomeno l'accortezza di presentarsi con una sigla che non nomina il gruppo madre neanche in forma derivativa, puntando tutto sul proprio nome. Questa fatica discografica documenta le due date tenute a Londra nel maggio 2019, entrambe sold-out, da un organico che, oltre allo storico batterista dei Floyd, vanta anche la presenza del bassista Guy Pratt, dei chitarristi Gary Kemp e Lee Harris, del tastierista Dom Beken (il primo lo ricordiamo nella band solista di David Gilmour e nei Floyd post Waters, il secondo, qui anche cantante, è il noto deus ex machina degli Spandau Ballet). La tracklist non è scontata: 5 brani sono estratti dall'album "The Piper at the Gates of Dawn" ("Interstellar Overdrive", "Astronomy Domine", "Lucifer Sam", "Bike" e "See Emily Play", pezzo apparso nelle sole versioni americana e giapponese), 4 da "A Saucerful of Secrets" ("Remember a Day", "Let There Be More Light", "Set the Controls for the Heart of the Sun" e l'omonimo), 3 da "Obscured By Clouds" ("When You're In", "Childhood End" e l'omonimo), 2 per ciascuno degli album "More" ("The Nile Song" e "Green Is the Colour"), "Atom Heart Mother" ("If" e l'omonimo) e "Meddle" ("One of These Days" e "Fearless"). La band propone anche tre singoli, tutti inediti su album: "Arnold Layne" (poi inserito nelle raccolte "Relics" del 1971, "Masters of Rock" del 1974, "Works" del 1983, "Echoes: The Best of Pink Floyd" del 2001 e "The Early Years 1967-1972", di quattro anni fa); "Vegetable Man" (pubblicatoper la prima volta soltanto nella citata antologia del 2016); "Point Me at the Sky" (incluso soltanto nel cd bonus "The First Singles" del box set "Shine On"). Questo gruppo è puntuale e credibile. Gary Kemp, a modesto parere di chi scrive, se la cava egregiamente nel difficile ruolo di cantante e, soprattutto, di chitarrista elettrico emulo di David Gilmour, manifestando soltanto qualche sporadica legnosità imbracciando la chitarra acustica (appena riscontrata nel corso dell'esecuzione di "If"). Nulla da dire sugli altri, ivi incluso Nick Mason, come noto non un batterista particolarmente virtuoso il quale, tuttavia, stupisce qui per scioltezza esecutiva. Vista la particolarità che lo contraddistingue, questo "Live At The Roundhouse" dovrebbe in teoria appassionare i soli completisti dell'universo floydiano, generamente molto attenti anche alle uscite discografiche dei singoli membri. In realtà, il titolo ha il potenziale di essere apprezzato soprattutto da coloro che volessero avvicinarsi per la prima volta al primo periodo della band: le versioni di questi vecchi brani risultano piuttosto fresche, lineari e agevoli, rispetto a quelle dell'epoca, caratteristica che apparirà forse scandalosa ai vecchi fans, ma che, certamente, costituisce un'opportunità per le nuove generazioni, sobbarcate, reperendo questa uscita, dall'onere di dover acquistare album piuttosto datati nel sound e, per questo, non sempre pienamente fruibili. L'ascolto di questo titolo, di fatto, offre a costoro la possibilità di avvicinarsi al periodo meno accessibile dei Pink Floyd, tralasciando, per una volta, "The Dark Side Of The Moon" e tutti gli album successivi, generalmente i soli ad essere osannati dalla massa. |
Nick Mason – drums, gong, bell, percussion Anno: 2020 |