Parlando di musicisti attivi negli anni '70, la storia vissuta da Claudio Canali, tuttora in itinere, è certamente tra le più incredibili. Vocalist e flautista del Biglietto per l'Inferno, gruppo minore ma validissimo della scena prog nazionale - con i quali ha pubblicato un album omonimo nel 1974 e un paio di postumi nei decenni successivi - decide, nel 1990, di dedicarsi all'eremitaggio secondo la regola benedettina, presso l'Eremo della Beata Vergine del Soccorso di Minucciano, un paesino arroccato tra la Garfagnana e la Lucchesia, sotto le pendici del monte Uccello in provincia di Lucca. |
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Artista a tutto tondo, Fra Claudio è oggi anche poeta, disegnatore, intagliatore di legno, scultore di marmo.
Gianluca: come si vive qua, Claudio? Fra Claudio: si vive bene, in pace con Dio, nella preghiera e nel lavoro. Gianluca: parlando con uno dei confratelli, mi è stato detto che tu non scappi dai fan che ti vengono a trovare e il modo in cui mi hai accolto me ne fornisce piena conferma. Fra Claudio: perché dovrei scappare? Vengono tutti a farmi visita animati da positive intenzioni e io sono felice di rapportarmi come sono ora. Gianluca: eri a conoscenza di queste attenzioni nei confronti del Biglietto dell'Inferno e di altri gruppi analoghi dell'epoca? Fra Claudio: all'inizio non sapevo nulla della riscoperta del disco del Biglietto e di altri 33 giri di quel periodo. Qui non ci sono mai stati televisione, radio, internet e io non sospettavo minimamente di quanto stesse succedendo al di fuori di questo angolo di pace. Diciamo che per circa 5 anni ho vissuto da inconsapevole “protetto”, nel senso che nessuno sapeva dove mi trovassi e cosa facessi. Gianluca: immaginavi che saresti invecchiato in un monastero, vestendo il saio da monaco? Fra Claudio: no, ma ora posso dirti che questa strada era già stata scritta per me, soltanto che io non riuscivo a vederla. In fondo, ho fatto la prima media in seminario e da ragazzo, assieme ad altri del gruppo, ho partecipato ad un ritiro spirituale di circa un mese, durante il quale mi sono trovato benissimo. A dirla tutta, ero un discolo di prim'ordine (risate). Gianluca: come mai questo percorso si è interrotto? Fra Claudio: avevo tanti interessi che mi hanno distolto: la musica, il gruppo rock, altri impegni.
Fra Claudio: lo era certamente ma non credo che fosse questo il motivo del mio distacco. Altrimenti, se avessi voluto seguire delle mode, delle tendenze imperanti, sarei caduto nel tranello delle droghe, che in quel periodo imperversavano non poco. Pur tuttavia, noi del Biglietto non ne abbiamo mai fatto uso: eravamo infatti convinti che fosse meglio un buon bicchiere di vino piuttosto che una canna.
Fra Claudio: assolutamente no. Vedi, io ero alla ricerca di una strada e quello compiuto con il Biglietto era un passo fondamentale per giungere dove sono ora. Gianluca: credo di capirti. Quella strada sembra oggi così evidente, ascoltando i testi dei brani di allora. Io sono convinto che il vostro primo album fosse, a suo modo, un disco religioso Fra Claudio: certo, con alcune ingenuità di stampo teologico, ovviamente, ma sicuramente trattava temi di spessore afferenti alla religione. Gianluca: i tuoi testi erano certamente espressione di un disagio. Sembrava che fossi pervaso dalla irrefrenabile esigenza di trovare risposte. Non mi stancherò mai di ascoltare “Confessione”, pensando alla tua scelta odierna. Fra Claudio: non soltanto “Confessione”. Credo che “L'amico suicida” sia un brano molto profondo. Hai ascoltato la nuova versione? E bellissima! (si riferisce al rifacimento che compare nel recentissimo lavoro del Biglietto dell'Inferno, “Vivi. Lotta. Pensa.”, che contiene nuove versioni dei vecchi brani, come il precedente album, “Tra l'assurdo e la ragione”. NdA.). Gianluca: non ho ancora ascoltato l'ultimo disco. Hai collaborato anche in questo? Fra Claudio: mi è stato chiesto e io ho accettato, limitandomi a riscrivere brevi passaggi di alcuni testi che, alla luce degli insegnamenti teologici che ho appreso nel corso della mia esperienza da religioso, erano incoerenti.
Fra Claudio: erano stupiti. Fino a poco tempo prima ero un rockettaro che girava con i capelli lunghi fino alle spalle e poco dopo me ne andavo in giro con la testa rasata, rosario in mano. “Ma come è possibile?”, mi dicevano “Non sei più te! Cosa ti hanno fatto?”. Io indicavo il crocefisso e rispondevo sorridendo: “Non dovete chiederlo a me ma a lui” (risate). Ma non tutti capivano una risposta di fede come questa. Tu hai fede? Gianluca: no, sono ateo, sebbene provenga da un passato di credente: sono stato praticante, non soltanto con riferimento alla ricorrente celebrazione domenicale, ma anche frequentando gruppi di preghiera e militando in un coro polifonico nato per esigenze di parrocchia, che poi si è tramutato in qualcosa di più serio, giacché si è esibito in varie zone dell'Italia, all'estero in un caso, sempre in contesti religiosi. Fra Claudio: e come mai ti sei allontanato? Gianluca: è evidente che Dio ha risposto alle tue domande. Alle mie, invece, non ha mai risposto. Ad un certo punto sono successe due cose importanti: mi sono stancato di aspettare e ho visto in televisione un'intervista a Margherita Hack nella quale lei asseriva di non credere in Dio e di credere nella materia, non come entità suprema, ma semplicemente come trasformazione delle cose e delle persone: oggi siamo carne, domani polvere nella terra, ove crescono le piante che ci forniscono i frutti, e così via.
Gianluca: credo nella natura ma non in Dio. Perchè dovrei credere in qualcosa che non vedo? Fra Claudio: non vedi Dio in tutto questo? Gianluca: Tu vedi Dio? Io vedo soltanto l'esplosione della natura: tanti fiori, alberi, le nuvole, il cielo. Fra Claudio: tu non lo sai, ma sei molto più vicino a Dio di quanto lo sia io. Gianluca: Non ne sono così convinto. Claudio, spiegami perché ogni volta che qualcuno chiede un segnale della presenza di Dio, gli altri, quelli che la fede dicono di averla, rispondono che sarebbe troppo comodo credere in Dio dopo aver ricevuto una prova della sua esistenza. E perché dovrebbe essere scomodo, ribatto io? Non sarebbe più facile che Dio si manifestasse? Fra Claudio: quando la Madonna apparve a Bernadette, a Lourdes, lei corse a dirlo al prete del paese che non le credette. “Se è vero”, le disse, “chiedile di far fiorire il roseto!”. Lei corse dalla Vergine Maria alla quale riferì la richiesta. Ella sorrise. Ovviamente, non può essere questo il modo. Gianluca: perché no? Fra Claudio: perché Dio non si manifesta come vuoi te ma come vuole lui. Sta a te sapere individuare. Gianluca: Ci sono tante domande, tanti perché rimasti irrisolti. Perché se qualcuno venisse lisciato da un pianoforte che casca dall'alto, si direbbe che “è stato miracolato”, mentre se il pianoforte gli cadesse sulla testa, nessuno chiamerebbe in causa Dio? Non dico di additarlo quale responsabile della morte ma quantomeno di indicarlo come colui che è rimasto inerte di fronte ad una morte che avrebbe potuto evitare. Fra Claudio: in realtà, nel bene e nel male, sempre di disegno di Dio si tratta. Ovviamente, secondo la nostra ottica di esseri terreni, sarebbe meglio che il pianoforte non ti cadesse sulla testa. Tuttavia, la vera riposta è un'altra: qualunque cosa dovesse succedere, la volontà di Dio che oggi ti appare incomprensibile, domani sarà chiara.
Fra Claudio: certo. Suono sempre il flauto, spesso nelle corso della liturgia. Inoltre, poco tempo fa ho scritto un brano di musica sacra di cui ho composto i versi e, in coppia con Roberto Martinelli, l'arrangiatore di Gino Paoli, la musica. Ti regalerò il cd. Gianluca: Grazie. Mi impegno a recensirlo quanto prima (qui la rece). Ha un titolo? Fra Claudio: si chiama “Inno dell'Oblato” ed è una composizione per coro polifonico a quattro voci.
Nel guardare quest'uomo negli occhi, sono rimasto sorpreso dal suo candido approccio. È stato quasi impossibile scorgere in lui lo stesso uomo rabbioso che 40 anni fa scherniva e provocava l'uomo di Chiesa, il Frate Isaia presente nel brano “Confessione”, il prelato che si indignava dal senso di giustizia spiccio manifestato dall'uomo che andava a confessarsi più per provocazione che per convinzione.
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