Ha un caratterino tutto pepe e zucchero questo quinto album dei torinesi Nadar Solo “Semplice” ( che tale lo è solo in parte), in quanto la band l’ha cresciuto cullandolo nell’isolamento della produzione e viziandolo non poco, con ricche attenzioni e sfumature esclusive, tipiche di quei genitori intelligenti che ci tengono molto alla singolarità del loro pargolo ma senza l’affanno di piacere a tutti i costi.
E l’indole di questo lavoro è chiara e lapalissiana: ti devi beccare la moina come lo schiaffo, il piacere come lo sberleffo, senza alibi e scusanti: si accetta e basta, con la fiducia che dietro all’argento vivo caratteriale fomenta un cuore d’oro, che ti ripaga delle sfuriate passeggere con ammiccamenti e carezze. Molto di questo simboleggia “Semplice”, che apre proprio con l’omonima traccia, con un bel duello tra chitarra e batteria e fila via con una sua precisa individualità, con dichiarato gesto scaramantico da compiere in zona bassa. Rituale necessario per distanziare i gufi che, semmai, dovessero aggrapparsi sui rami dei brani per deturparli, verrebbero presto scalzati dai riff punk e dalle grintose parentesi in stile Biffy Clyro di “Diamanti” o di “Week-end” . E il vocalist Matteo è molto abile nel seguire con le parole la dinamicità ritmica. Con “Cattivi pensieri” e “Week-end” si corre il rischio della delusione, perché partono con un andamento alquanto asettico ma poi I Nadar Solo affinano la malizia e gli sanno dare aperture ariose nei passaggi che contano. Trasformisti quanto basta, la band ti estrae l’inno dell’album con fantasiosa miscela di genuino rock misto ad accattivante pop, con tanto di svisate della sei corde per abbellire il quadro. Benchè “Il coltello” non desti grande interesse, ma comprendiamo che si aveva voglia di una blanda parentesi intimistica, ecco che ritornano in vetta con “Da un altro pianeta”, sicuramente il pezzo con l’arrangiamento migliore, che fa volare pedissequamente su lande sognanti, con pentagramma convincente e appassionato. Esausti ma felici, si tuffano nell’oasi delicata di “A modo mio”: giusto un paio di minuti per ricaricare le pile e proiettarsi sul sesto lavoro che verrà. I Nadar Solo ci dicono che questo è un disco che non ha paura di avere paura di fare cattiva figura? Giusto !
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