Con questo nuovo disco dei francesi Jack Dupon ho ritrovato il mio vecchio amore per il prog ed in particolare quel prog “acido” che fu caratteristico della psidechelia dgli anni 60/70.
Una musica complessa ed allo stesso tempo ludica che ci accompagna in classici paesaggi onirici e favolistici incentrati attorno alla città chiamata Randan, vicino a Vichy, ed al suo castello diroccato nella misteriosa foresta … immerso nella leggenda. Una leggenda fatta di paure, di morti ammazzati, di incendi, di rovine “simboliche” (illustrate anche all’interno della copertina) …
Un racconto (storytelling si direbbe oggi) fatto di episodi e personaggi non necessariamente legati tra loro, se non per il sapore fantastico dell’elemento di raccordo, le rovine “sgarrupate” dal fuoco. Non un concept, quindi, ma una serie di racconti sullo stesso tema. Racconti, come la stessa band ci rivela, che si possono “cantare vicino al camino dai bambini di qualsiasi fede ed orientamento sessuale”.
Passiamo alla musica. Le tracce mantengono la vena progressive dei precedenti lavori della band, sulla scia del rock di matrice psichedelico-jazz dei Gong o dei meno noti Smell of Incense. Un approccio sincopato alla costruzione dei brani rende omaggio all’ottimo lavoro della base ritmica di Thomas Larsen alla batteria ed Arnaud M'Doihoma al basso: un continuo fraseggio precisissimo e coinvolgente che sorregge l’ascolto anche nei momenti meno felici di una trama melodica complessa ed un timbro vocale aspro e gutturale.
Una musica fatta di nervi, di ripetizioni ossessive di pattern, talvolta flebili e talvolta dirompenti (che mi ricordano i Magma) che rispetta le caratteristiche di follia e di imprevedibilità che da sempre hanno contraddistinto i Jack Dupon.
Una musica che non sai mai come “girerà”, cosa verrà dopo … che sorprende per i passaggi tra una stanza sonora e l’altra. Cinque brani lunghi e dalla complessa struttura in cui spicca “Broken House” che inizia richiamando l’immagine di una catena di montaggio con basso e tastiera a scandire il tempo ed accompagnare la melodia tra il cantato ed il parlato … Intrigante anche la strumentale “Six feet random” che ricorda sonorità vicine al progressive rock nordico degli anni 90 (Anekdoten, Landberk, Isildur Banes e compagnia bella) piena di cellule ritmiche a volte ossessive intervallate da momenti di sospensione evocativa.
Ma tutto l’album rimane su buoni livelli, con un’atmosfera diversa da quelle che di solito si ascoltano. Un disco ben congegnato e ben suonato, per amatori del genere.
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Thomas Larsen: batteria e voce Gregory Pozzoli: chitarra e voce Arnaud M’Doihoma: basso e voce Philippe Prebet: chitarra e voce
Anno: 2016 Label: La Boite a Malice Genere: Progressive Rock
Tracklist: 1. Flowery way 2. Burst balloon 3. Broken house 4. Six feet in Randan 5. The king Hedgehog
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