Nuovo lavoro per gli UT New Trolls che segna un ritorno alle loro origini, a quegli anni 70 che tanto diedero al panorama musicale italiano. L’intero album è stato infatti ideato e realizzato seguendo i temi e gli approcci tanto cari al progressive rock: dalle musiche alle scelte artistiche e tecniche.
Già a partire dal titolo si sente l’aria concettuale che è il marchio di fabbrica di questo genere spesso sottovalutato: una “é” dall’accento sgrammaticato che ha una valenza e potenza simbolica nell’approccio creativo che raramente si trova nel “fare musica” di oggi. Rappresenta nella sua essenza il contrasto esistenziale tra bianco e nero, tra buono e cattivo, tra ieri ed oggi, tra passato e futuro, tra la semplicità dell’essere e la difficoltà di divenire. La musica è una miscela di rock, jazz e classica; una contaminazione di stili associata ad una costruzione dei brani con tempistica adeguata per avere preambolo, sviluppo del tema e conclusione: una soddisfazione per le orecchie e per la mente oggi troppo frustrate dalle “sonantis praecox”. I brani sono tutti di buona levatura, sempre in bilico tra la costruzione a tavolino di rigorose suite e la spontaneità creativa, un ottimo mix che difficilmente si riesce a sentire altrove. Quelli che mi sono piaciuti di più sono sicuramente “Oggi non sono spento”, divisa in due parti contrapposte, il crescente ed incalzante intro e la dolce melodia che segue “… era vero quello che si diceva …mi sento il fuoco dentro di me”. Bella anche l’iniziale “Dies Irae”, pezzo che definirei barocco nel solco delle sonorità tipiche della band, e l’intrigante “Cambiamenti” che è stata scelta anche come pezzo di lancio con un video ufficiale assolutamente “modernista” dove la storia è raccontata attraverso il punto di vista di uno smartphone, simbolo e oramai protesi digitale della maggior parte di tutti noi. Passato e presente che si incontrano, contrasto tra tradizione e nuovi media che si mescolano e che si arricchiscono l’un l’altro, che lavorano assieme per raggiungere e stimolare chi ascolta e guarda. La registrazione infatti è rigorosamente dal vivo, senza editing e sovraincisioni, ed il missaggio è in tempo reale. Per mantenere fede all’intendimento di costruire un disco “vero” anche dal punto di vista tecnico la band è arrivata ad usare tracce analogiche a nastro. Il tutto rende un gusto genuino all’ascolto dove si sente che ciò che guida è la bravura degli artisti e non un buon editing post registrazione. Il package è ricco ed in vari formati: un CD per il mercato italiano ed un altro per il mercato straniero (Giappone) con due Bonus track e diversa sequenza e due box con oltre al CD una versione in LP (gatefold), un poster autografato ed una T-Shirt a tiratura limitata. Anche il concept della copertina richiama la grafica storica: in quella luna piena ed un po’ acciaccata che mostra la lingua ritroviamo richiami dei faccioni Crimsoniani e dei Gentle Giant, narrazione nella narrazione, e comunque testimonianza della ricerca delle origini della band visto che riprende i faccioni presenti nella vecchia batteria “hollywood” di Belleno. Infine i testi, ricercati e profondi, frutto dell’infatuazione dei nostri alla letteratura di William Blake e del suo lascito, lo sviluppo del concetto moderno di immaginazione come superamento dei cinque sensi. Attenzione però a non confondere la voglia della band di ritrovare le proprie radici e ritornare ad unire musica e pensiero con una operazione nostalgica; l’album è profondamente ancorato alla vita attuale e moderno nelle cose che dice. L’utilizzo di un linguaggio diverso, oggi sconosciuto ai più, garantisce loro una eccellente qualità e stimola la curiosità.
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09. Meditazione |