In piena epoca di pandemia esce il nuovo (quarto) album in studio dei Submarine Silence Vi troviamo i soliti protagonisti Cristiano Roversi e David Cremoni ben coadiuvati dalla bella voce di Guillermo Gonzales (che ho avuto il piacere di incontrare ed apprezzarne la genuina spontaneità anni fa davanti ad una succulenta polenta con salsiccia) e dagli ospiti Valerio Michetti, Davide Marani, Manuela Milanese e Alberto Zanetti che si alternano agli strumenti ed alla voce nei diversi brani.Sin dal primo ascolto non si può non sentire l’ispirazione al classico prog rock dei ’70, Genesis in testa, sia come stile delle composizioni che come scelta delle sonorità affidate agli strumenti. Il primo brano in particolare sia per l’uso della voce, le armonizzazioni e lo spettacolare assolo di chitarra che farebbe invidia anche ad Hackett riporta alle atmosfere di “Nursery Cryme”. Ottimi anche la dolce e delicata “Echoes of Silence” e la successiva cavalcata di "Runaway Strain", che parte veloce ed aggressiva per alternarsi a momenti acustici dove chitarra, tastiere e voce si fondono a riposare l’ascolto ricordando maggiormente le atmosfre di Abacab.Unico brano che si discosta dal sound complessivo dell’album, perché più tetro e ridondante, è “Deeper kind of Cumber" in cui l’ascolto si fa più pesante ed ossessivo. Interessante comunque, quasi un esperimento (riuscito) di fusione di Genesis e Gentle Giant, di prog rock classico e hard prog. Con la successiva “Aftereffect” si torna al new-prog degli anni ’80, una ballad che forse è il punto meno riuscito di un album che comunque rimane ottimo sia dal punto di vista dell’ascolto che dal punto di vista realizzativo, con un perfetto lavoro di produzione che permette di godere di ogni suono e di ogni sfumatura. Bella anche la finale “Echoes II, The answer” che partendo da sonorità mediterranee torna poi alle dolci alchimie sonore di Gabriel e compagnia. Un disco che riporta il rock progressivo alle sue basi, sei tracce che lasciano che le influenze disegnino i loro paesaggi sonori e che i testi catturino l’attenzione non solo raccontando ma creando mondi paralleli. Un disco coinvolgente, forse il più maturo e bello della band. Un disco da “respirare” sia da chi rivuole rivivere un periodo storico della musica rock, sia da chi vorrà iniziare a frequentarla per non rimanerne ignaro. Oramai la “reunion” dei Genesis non è più così necessaria, ci bastano i Submarine Silence. Non posso non concludere questa recensione con un ricordo personale di Emilio Pizzocoli, membro cofondatore della band, e dei suoi occhi felici nel vedere l'ultimo disco "journey through mine", allora appena appena stampato e non ancora uscito nei negozi, che gli avevo portato da Milano. Manchi a tutti. RIP |
David Cremoni: 6 & 12 Electric and Acoustic Guitars, Paradise Guitar Anno: 2020 |