A due anni di distanza dall’esordio, “Asylum”, la formazione umbra dei Kpanic torna in sala d’incisione e sforna un e.p. dai sapori multiformi, che personalmente definirei un misto di grunge con influenze dark wave, un po’ come se gli Alice in Chains si unissero ai Cure. Premetto che a livello esecutivo il gruppo dimostra di essere formalmente corretto, quindi nulla da eccepire sulla buona volontà del quartetto che si cimenta con grinta, in particolare si segnala la prova del nuovo cantante, Simone Pannacci, che sostituisce Marco Riccio.A livello compositivo, però, i ragazzi sembrano non mettere a fuoco il loro discorso: veramente lodevole l’energia profusa in tutte le canzoni, ma il problema grave sta nella loro struttura, perché non bastano arpeggi e ritmiche già sentite a costruire un buon album, ci vuole coraggio nello sperimentare, nell’osare di più, magari un assolo di chitarra, un cambio di tempo, insomma impiegare più tempo in sala prove per creare una forma musicale che vada oltre la pura estetica, altrimenti diventa sin troppo facile perdersi nell’oceano di proposte discografiche analoghe. Alla fine, anche dopo ripetuti ascolti, quello che resta più impresso sono i ritornelli di “Ana” e della title-track, peraltro quest’ultimo più adatto alle discoteche che ad un gruppo con chitarre hard. Spiace dirlo, ma il resto dell’album scivola nella totale indifferenza perché non riesce a catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Comunque, mi auguro che i Kpanic tornino a farsi sentire con una prova più personale e matura, sarebbe davvero un peccato sprecare tanta energia ed esiliarsi dal mondo musicale. Artwork e produzione più che decorosi. Tracklist: 01. Play Hard 02. Ana 03. Panic Station 04. U'n'Me 05. Farce [The first dawn] Formazione: Simone Pannacci: voce Michele Tassino: chitarra Dave Tavanti: basso Simone Migliorari: batteria
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