A volte ritornano…agli antichi amori? Come i connazionali Big Big Train (con arrangiamenti meno complessi e con un parco strumentale inferiore) riescono ad abbinare una invidiabile perizia strumentale con una facilità di scrittura che talvolta sfiora il pop (mai lo tocca però…) per poi approdare in lidi più consoni ( che si chiamino Yes o Genesis poco importa) e più strutturati. L’apertura è affidata alla lunga “Lighthouse”. Atmosfere brillanti, impasti vocali, dosati passaggi strumentali, gran lavoro di Beggs al basso, di gran gusto le tastiere di Young e tanto tanto Bault ( si, i “solos” non sono di Hackett) nel sontuoso finale. Notevole il tappeto di tastiere ed il lavoro ritmico in “Telephone” con un breve e delicatissimo assolo di Young. Sonorità che ci riportano ai Genesis di Wind and wuthering e Phil Collins alla voce non ci sarebbe stato male. “Fridge full of stars” è un altro gioiellino con Thijs Van leer a “dipingere” ed ultimare con il suo flauto, una tela iniziata dalla band tutta. Superbo il finale banksiano su cori molto andersoniani. Di fronte a cotanta beltà quasi passa in secondo piano la successiva “At the end of the world “, più malinconica, ma con un crescendo finale delizioso. E che dire del refrain? “Carousel” rappresenta la quinta ed ultima traccia. Incisive le parti strumentali, riuscitissime ed ispirate le linee vocali, un vero “trademark” del gruppo. Un album che si rivela sempre più gratificante ad ogni ascolto con le raffinate soluzioni che Young e soci sanno creare per il loro, ma anche per il nostro, piacere. 80/100 |
John Young: Tastiere, voce Anno: 2013 |