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Caffiero
Moscagrande

Il disco dei Caffiero si apre con dei buoni brani ("A Damn Fine Cup Of Coffee" per la sua semplice e oniricamente placida conformità e "Bullshit" specialmente per un buon connubio tra ritmica e atmosfere distorte e calibrate a puntino in un groove ineccepibile).

Certo il genere a cui vogliono appartenere (o non appartenere...) non è dei più assimilabili e commerciali, trattasi infatti di una commistione ampia di dub, psychedelia, elettronica, ambient, noise e lo fi a tratti convulsa e ficcante fatta di substrati ed in altri frangenti atmosfericamente pacata e plastificata, ma pur sempre musicalmente minimale, dove nella maggior parte dei brani il basso determina le linee predominanti del sound secco e ossessivo (fatta eccezione appunto per "Caffiero Nei Boschi Secchi" che esce fuori dal coro nella sua apparente linearità atmosferica al confine con la chillout), tuttavia ci sono altre tracce più che degne di nota che si distinguono per un modo inusuale di far musica.
Loro sono Italianissimi, precisamente di Fano, e questa potrebbe sembrare una sorpresa vista la notevole voglia di sperimentare e di 'alchemizzare' vari generi e stili in un diverso senso di concepire la musica del secondo millennio, ma ciò che mi lascia perplesso è la presenza di alcuni brani davvero brutti, inutili e poco appetibili, ad esempio "ChinaBoy" un pò noiosa e ripetitiva, o la troppo convenzionale "3 By The Gin" di certo un pezzo di riempimento di solo relax. Medesimo discorso per "Tubi: Ceci N'Est Pas Une Pipe" stavolta al contrario, troppo 'cozzante' sul contrasto tra ritmica ossessiva, mood da videogiochi anni Ottanta e distorsioni elettriche; colma questo buco l'asimmetrica "Secondo" disturbante nella sua anomala modulazione ed anch'essa assai monotona nonostante l'intermezzo finale di groove elettronico stridente...

Molto degne di attento ascolto invece sono la strana e pazzoide "Violence In The Kitchen" con il suo incedere sincopato e la crescente aria progressive-psichedelica (brano che preferisco tra tutti e che mi ricorda certe cose del Mike Patton più sperimentale) o la seminale "John Starks" il secondo pezzo forte del set dopo la precedentemente nominata, soprattuto per il pesante manto di sovraincisioni di elettronica stratificata e per le piacevoli (ai miei orecchi) sinistri e plumbei riecheggi...
Come bella e piacevole all'ascolto è "My Skeleton Is Older Than My Father" che ha un incedere quasi British e vagamente 'darkwaveggiante' questa volta accompagnata anche da voci, cosa non molto riscontrabile nel maggior tempo del disco. "Van Der Kraftcshe" (non presente nelle versioni scaricabili online, credo...) è una song finale che lascia molto l'amaro in bocca con la sua impostazione dissonante quasi apocalittico/marziale ed i vocalizzi sofferti un pò in vena Fields Of The Nephelim, ma musicalmente easy e semi acustica.    

Assolutamente encomiabili per il coraggio e la voglia di rigenerare uno stile, per questo meritevoli di attenzione e rispetto, capaci di destreggiarsi in un ambiente a loro congeniale (l'elettronica) ma ancora con troppe facce da smerigliare e un percorso univoco da delineare in chiaro, in un paesaggio musicale ancora troppo contorto nel quale si rischia di perdersi.

Al prossimo disco allora, per un giudizio più chiaro e illuminante, buon proseguimento.

60/100


Alessandro Gobbi: Voce, batteria
Andrea Gobbi: Basso, contrabbasso Contrabass
Mattia Beltutti: Synth, samples

Anno: 2012
Label: Autoprodotto
Genere: Elettro Low Fi/Dub Music

Tracklist:
01. A Damn Fine Cup Of Coffee             
02. Bullshit             
03. Chinaboy             
04. Violence in the kitchen             
05. 3 by the gin             
06. Tubi: ceci n'est pas une pipe             
07. Secondo             
08. John Starks             
09. My skeleton is older than my father             
10. Caffiero nei boschi secchi             
11. Van Der Kraftcshe

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