Il percorso che ha portato Mario Percudani a produrre questo disco è molto lungo e frastagliato: nel 1997 forma gli Hungryheart, prepara un disco che però non gli viene pubblicato, nel 2002 incontra Marco Tansini, con cui forma un'altra band, i Blueville, ma per riuscire ad affacciarsi sul mercato della musica dovrà addirittura rilevare la Tanzan Music nel 2007.
Da quel momento potrà finalmente prendersi le sue soddisfazioni dopo anni di gavetta: nel 2008 esce il disco degli Hungryheart, nel 2010 l’esordio coi Blueville Butterfly Blues ed un nuovo lavoro con la prima band, One ticket to paradise. Sempre nel 2010 pubblica il primo album solista, New Day, le cui registrazioni erano iniziate due anni prima. Protagonista assoluto dei dieci brani è la dolce voce di Mario che ricama melodie assolutamente rilassanti e piacevoli, formalmente impeccabili, vaporose ed affascinanti, ben alternate a ritornelli vivaci e di facile presa. L’impianto vocale ha lo spazio centrale nei brani ed il livello qualitativo discretamente alto non può far altro che giovare grandemente al disco, che si inserisce in spazi pop rock soffusi, quasi sussurrati, sempre gentilissimi nel presentarsi alle orecchie dell’ascoltatore, sfumati di jazz e blues qua e là. Il signor Percudani è un compositore coi fiocchi! Lo accompagnano in questo lavoro molti amici e membri delle due band Hungryheart e Blueville, ma nonostante il numero elevato di musicisti (6 – 7 elementi), le canzoni non si fanno notare per le parti musicali; gli accompagnamenti sono di classe, raffinatissimi e sempre perfettamente in sintonia con le dinamiche del cantato, ma questa perfetta armonia comporta una pressoché totale mancanza di spunti creativi “anarchici”, che spezzino, almeno momentaneamente, gli equilibri. Significativo in questo sento è il ruolo svolto dalla chitarra in “Standing In The Pouring Rain”, timidissima nell’abbozzare qualche assolo. Può essere una scelta, ma un maggior virtuosismo strumentale avrebbe fatto spiccare il volo a questi ottimi brani. Se a ciò si aggiunge il fatto che le melodie sono sì belle e curate, ma anche abbastanza monocordi e sostanzialmente ripetitive nel binomio strofa dolce - ritornello energico, ne esce una prova certamente sufficiente, ma che non riesce a fare il famoso salto di qualità. Si consoli il bravo Percudani, le capacità ci sono, se continua su questa strada aggiungerà di certo qualche perla al panorama di qualità del pop rock italiano (ma non italofono). In chiusura, un plauso particolare per l’episodio finale, la splendida “God Bless The Child” (di Billie Holiday e Arthur Herzog Jr), un jazz fumoso che non rinuncia ad un melodismo intrigante e di classe. Con un finale così, si può ben sperare per il futuro! 65/100
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Mario Percudani: Voce solista, chitarre, dobro, lap steel guitar e seconde voci Anno: 2010 |