Il grave incidente che ha segnato l'esistenza di Robert Wyatt nel 1973 rendendogli impossibile l'impiego degli arti inferiori ha contribuito ad accelerare lo sviluppo la sua carriera di cantante, anche se essa è risultata centellinata.
Cuckooland, viene inciso a ben sette anni dal precedente Shleep, ma in realtà può essere considerato l'ideale continuazione di un impegno originato con il superbo Rock Bottom del 1974. Ciò che rende raro Wyatt nel panorama musicale è la singolarità della sua musica collocata in un tempo che vive di vita propria, del tutto estranea alle tendenze oltre che alle catalogazioni. Da sempre è il suo timbro vocale particolarmente roco ad esserne elemento di inconfondibilità, sempre adagiato su strati strumentali decisamente spogli costituti in prevalenza da tastiere, e talora impreziositi dall'intervento dei fiati. L'aria che si respira è bizzarra, soffice pazzia, vuoi per i testi, vuoi per la sezione musicale evanescente, anche se talora presenta rinvii alla drammaticità, come per la ninna-nanna destinata al fanciullo iracheno venuto alla luce nel corso di un attacco militare, o per la canzone palestinese conclusiva dell'album, nella quale Wyatt si avvale della collaborazione di due strumentisti israeliani. Ciascuno dei pezzi è denotato da una grazia ultraterrena sia per quanto riguarda la composizione che l'interpretazione, ma l'elemento spiazzante è dato dal fatto che Cuckooland suona come un lavoro estremamente moderno: le ambientazioni sono proprio quelle estasiate del jazz e della musica cameristica, anche se tracce quali Beware sopravanzano per profondità qualsiasi suono "space”, si tratti di Radiohead o di Pink Floyd. Wyatt è capace di collocare strumenti classici quali fisarmonica, tromba, trombone o l'amata cornetta all'interno di una cornice sonora evoluta, distante miglia dalle frenesie ritmiche, ma prossima all'incedere dei nostri tempi. Nel mentre l'album scorre fluido, la musica filtra e le lettere delle parole si rendono sempre più sottili, sino a estinguersi nella già citata conclusione di La Ahada Yalam, soluzione “muta” di una toccante canzone araba. 70/100
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Robert Wyatt : Vocals, Trumpet, Cornet, Piano, Keyboards, Drums, Percussion Anno: 2003 |