In causa con l'ex manager Andrew Loug Oldham, in forte arretrato con l'Erario, sull'orlo di un fallimento economico e di un baratro artistico gli Stones lasciano Londra per la Francia-Costa Azzurra rintanandosi a Villa Nellcôte, ex fortino della Gestapo, in cerca di ispirazione lontani dalle beghe tributarie.
I problemi col fisco sono solo rimandati mentre la ricerca della vena artistica si rivela un problema più difficile del solito attorniati come sono da una “Corte dei Miracoli” formata da amanti, groupies, collaboratori-musicisti, semplici amici, e un'umanità varia composta da numerosi imbucati, pericolosi pusher e gente in cerca un briciolo di notorietà di frodo. Pur proveniendo da premesse stellari come Beggars Banquet e Sticky Fingers le buone intenzioni si riveleranno più difficoltose e più laboriose che mai perse fra gli scantinati della villa e le lunghe e infinite tavolate di amici chiuse quasi sempre da fiumi di cocaina ed eroina. Comunque il produttore Jimmy Miller coadiuvato da fratelli Glyn and Andy Johns alle macchine dello Studio Mobile, pur in questi frangenti riuscirono miracolosamente a ricavare del materiale che farà rumoreggiare di meraviglia per la varietà di stili e la decisa sterzata artistica che la band aveva avviato; una sapiente miscela di country, rock'n'roll, blues e soul music. E' sempre Keith Richards a reggere le fila del gioco anche se in realtà è il più problematico umanamente; le sue full-immersion nelle droghe, l'ingombrante presenza della “musa” Anita Pallemberg e le sue prolungate “assenze terrene” procureranno non pochi problemi all'entourage. Mick Jagger pendolare da Parigi dove risiedeva con la neo-moglie Bianca, Charlie Watt batterista presentemente assente, Bill Wyman, il bassista disperso, Mick Taylor, belloccio neo-chitarrista che con il suo arrivo aveva portato una nuova linfa creativa, non si capaciterà mai come da quella bolgia infernale potesse uscire un benchè minimo accenno di canzone Ecco comunque nel maggio del 1972 esce il doppio e immortale Exile on Main Street. Apre le danze Rock Off country rock sorretto dalla classica vena di Jagger, con Rip This Joint siamo del campo del boogie mentre Shake Your Hips e Casino Boogie sono due blues a diverse velocità con l'inserimento dei fiati di Bobby Keys e Jim Price, indispensabili collaboratori degli Stones per anni e anni. Tumbling Dice è il classico riffone, trade-mark di Richards, sorretto da pregevoli cori soul ed infatti sarà il singolo tratto dall'ellepì che trascinerà l'intero lavoro. Con Sweet Virginia, Torn and Frayed e la pregevole Sweet Black Angel, forse uno dei migliori momenti, siamo praticamente nel tipico Nashville-sound dove Jagger si cimenta anche all'armonica a bocca. Il fido pianista Nicky Hopkins apre la ballata Loving Cup, mentre un'altro classico “alla Stones” Happy è interamente suonato da Richards alle chitarre e al basso e da Jimmy Miller alla batteria per la totale assenza degli altri ma il risultato è ugualmente notevole. Con Turd on the Run, Ventilator Blues torniamo di nuovo alla tradizione americana magicamente reinterpretata da questi londinesi, I Just Want to See His Face jamming sonora guidata dal tastierista Billy Preston, Let It Loose ballatona per le meravigliose corde di Jagger, e con All Down the Line ritorna prepotentemente il sound carico di adrenalina, caratteristico mood di Keith & soci. Stop Breaking Down è un omaggio al “bluesman del diavolo” Robert Johnson (1930) che nonostante la sua breve esistenza ha influenzato praticamente tutti i chitarristi blues di oggi. Un dono di Dio, la sofferta voce di Mick, ritorna per Shine a Light, una sorta di Let It Be-gospel alla Stones, con il grande piano di Hopkins e Billy Preston all'Hammond mentre Soul Survivor in pieno Stones-sound ha piacevole ma ingrato compito di chiudere quello che era l'originale Lp degli anni “70. Sempre nell'infernale confino dorato della villa di Keith Richard durato quasi sei mesi nella quale i Rolling Stones e collaboratori hanno dato vita anche ad una serie infinita di session, sono stati ripescati una sequenza di brani, dieci per ora, ripuliti e rimasterizzati che completano la re-issue di questa nuova pubblicazione di Exile on Main Street a quasi 40 anni di distanza dalla prima uscita. Il risultato finale è un suono più elaborato trattandosi di registrazioni manipolate con le nuove tecniche mentre il precedente ascolto risulterà più grezzo e più vicino alle sonorità in presa diretta quali sarebbero state quelle realizzate a Villa Nellcôte nell'esilio della Costa Azzurra. Non aggiunge nulla a quanto già si sapeva intorno al precedente lavoro che, probabilmente avrebbe dovuto essere triplo e non solo doppio per contenere tutto il materiale, ma completa la visione artistica della band più longeva del rock'n'roll universale. Pass the Wine (Sophia Loren) è un lungo rythm'n'blues di apertura dedicato alla nostrana attrice conosciuta da Jagger a Cannes in quei giorni; potenza di due tette veraci!!! Segue Plundered My Soul altra ballatona chiaramente Jagger-style, potrebbe benissimo essere un singolo di successo, I'm Not Signifying è ancora il fedele Hopkins ad aprire al pianoforte il lento blues a cui segue Following the River con un tema che ritroveremo pari pari in Don't Call Me Up da un album di Jagger del 2003. Dancing in the Light marchettona blues mentre So Divine (Aladdin Story) rielabora il tema di Paint It Black per un beat-slow mentre Loving Cup (alternate take) e Soul Survivor (alternate take) sono registrazioni supplementari di brani già presenti sulla prima edizione qui rimesse a nuovo da suoni più elettrici, chiudono Good Time Women che avrebbe dovuto essere la prova generale per Tumbling Dice e Title 5, un corto boogie-rock che è solo una prova di studio senza titolo appunto, giusto per rilassarsi un attimo e scaldare le corde. Sicuramente ci sono anche molti altri takes realizzati nei lunghi mesi di follia collettiva che prima o poi salteranno fuori comunque per chi non possiede il long-playng degli anni “70 è un doppio cd da avere, da consigliare a scatola chiusa se non altro perchè dopo questo lavoro, passato il problematico periodo, Jagger riprenderà in mano le redini degli Stones e darà una guida più orientata verso lo show-biz che porterà grandi vantaggi in termini di vendite e di tour stellari ma perderà la spontaneità e la rozza esecuzione di questi momenti di assurda libertà creativa, momenti a cui però, diciamolo francamente, non so quanti dei Rolling Stones sarebbero sopravvissuti. |
Mick Jagger: Voce, armonica Anno: 1972 re-issue 2010 |