8 studio album non sono niente male per una band underground, sembra ieri quando acquistai ‘The silence of December’ che ancora custodisco con maniacale accuratezza tra la mia collezione di imprescindibili dischi … nonostante fosse un disco carico si originalità, ma caratterizzato da momenti di incertezza e poliedrica inesperienza …
… Eppure di strada ne ha fatto il nostro buon caro e cattivo Marco, album diversi si sono susseguiti, sempre con l’aggiunta di qualcosa e il cambiamento di qualcos’altro alla ricerca di uno stile che manteneva sempre le sue coordinate precise e le fattezze di un quadro sul quale si cercano di imprimere le pennellate vincenti in modo compulsivo e di getto, ebbene, con questo “Warfare Machines” il nostro polistrumentista ha colpito il segno e al centro di netto. Immaginatevi che una band possa finalmente riuscire a ricoprire il posto lasciato libero dai mitici, e mai dimenticati, conterranei Asphyx (ai tempi dell’omonimo) e a riproporre le atmosfere d’impatto dei Katatonia di “Dance of December Souls” o la vena epico monolitica di “Pentecost III” degli inglesi Anathema senza per questo snaturare l’aspetto fondamentale della sua essenza ovvero quel senso di costrizione e patologica disperazione che ha sempre contraddistinto le uscite discografiche di Marco. Stavolta però ci sono delle novità e non di poco conto … ovvero la presenza di un certo Giuseppe Orlando dietro le pelli in maniera come al solito ineccepibile e che al contrario di come si potrebbe credere ha un trascorso anche da batterista di black metal (e qui lo dimostra ampiamente) e poi con l’innesto di Jurgen Bartsch dei Bethlehem e qui mi sembra di ripiombare di botto nelle torpide spire del capolavoro che fu “Dark Metal” degli stessi tedeschi. Che dire quindi, “Warfare Machines” è l’album che racchiude in se la cattiveria più nera del marciume umano, le armi della guerra con la sua pestifera ala distruttiva non potevan che essere il soggetto primario di questo piccolo capolavoro di assassinante/micidiale doom black apocalittico con richiami sludge e death lentissimo, quasi allo stato gassoso e letale, ossessivo ma non per questo semplice e diretto. Questo è un album fatto con gusto e capacità, una maturazione che traspira da tutti i 33.17 minuti del cd, e non importa se alcune linee che si ascoltano potranno sembrare involute perché il bello è proprio questo: fare qualcosa di unico senza perdere lo spirito della propria essenza! Non perdono un colpo i tre, tutte interessanti le tracce del disco, dalla prima all’ultima, quasi come si trattasse di un filo conduttore che non prevede la successiva se non con la presenza della precedente, il sound è cupo come una cappa apocalittica ma pulito, registrato con sapienza (negli studios di Giuseppe a Roma) ed effettato dei soli suoni elettrici e distorsioni, cori baritoni abbelliscono il tutto, vocals (growl, scream e parlato sempre molto bassi) azzeccate e adeguate al sound accompagnano un uso dei riff taglienti e ossessivi che s’intrecciano alla sezione ritmica sibilante dall’incedere ‘polifemico’ e dovunque il messaggio del torpore prima della morte che si dilata e prende forma. Da avere a tutti i costi. Sentite l’inno black metal “MG-34” oppure la marcia in preambolo alla battaglia finale e conseguente morte del nemico senza possibilità di scampo di “Napola” ( … pezzo più bello del disco). Semplicemente KILLER! 85/100
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Marco Kehren: Chitarra, Voce Anno: 2007 Sul web: |