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Pat Metheny
Appearances









Pat Metheny - Appearances


di Gianluca Livi



Nota introduttiva


La presente monografia - con riferimento alle partecipazione di Pat Metheny su lavori di altri artisti - originariamente realizzata nell'agosto del 1996 fu inviata alla redazione della rivista "Melodie e Dissonanze" ma non venne mai pubblicata per prematura chiusura di quest'ultima. Successivamente, stralci di questo scritto apparvero su un'altra rivista senza alcuna autorizzazione del sottoscritto, peraltro neanche citato quale autore. Fortunatamente, parlando di diritti d'autore, chi scrive ha conservato la corrispondenza originale con cui l'opera venne inviata per la prima volta alla redazione sopra indicata.

Va infine detto che l'esame dettagliato della discografia è aggiornato al 1996, mentre soltanto occasionalmente al periodo successivo. Chi volesse fornire un contributo, aiutando a completare l'articolo, è ovviamente bene accetto.


Analisi critica della discografia (partecipazioni su opere discografiche di altri artisti)

 


The Gary Burton Quartet with Eberhard Weber, Ring, 1974, ecm.


The Gary Burton Quintet, Dream So Real, 1976, ecm.


The Gary Burton Quartet with Eberhard Weber, Passegers, 1977, ecm.


Un Pat Metheny appena diciannovenne si affaccia sul mercato discografico con uno stile decisamente embrionale rispetto a quello attuale. Da un’attenta analisi di questi tre album, si nota il differente peso di incidenza artistica del chitarrista: dai timidi interventi del primo album, ai protagonismi più incisivi dei successivi. In “Passengers” egli compone anche tre pezzi dall’impronta indiscutibile: Nacada, The Whopper, B & G (Midwestern Nights Dream). I lavori sono caratterizzati dalla dominante e affascinante presenza del vibrafone di Gary Burton. Il bassista Ebherhard Weber, che suona congiuntamente a Steve Swallow (l’effettivo bassista del quartetto), è presente solo nel primo e nel terzo album. Su quest’ultimo è presente anche Dan Gottlieb, che sarà il batterista della prima formazione del Pat Metheny Group.

 

Joni Mitchell, Shadows And Light, 1980, Asylum.


In questo album Metheny si aggiunge ad alcuni dei musicisti presenti su “Mingus”, il precedente album in studio della Mitchell, dove militava anche Jaco Pastorius, con il quale il chitarrista aveva collaborato già nel 1976 (nell'album “Jaco” uscito a nome Pastorius/Metheny/Ditmas/Bley). Questo live è stato registrato in occasione dello Shadows And Light Tour e la presenza di grandi firme del jazz contemporaneo (suona anche Lyle Mays) si fa decisamente sentire. A Metheny è riservato anche un piccolo spazio solista, di poco più di tre minuti (che sarà invece precluso nella versione in cd). Opera rarefatta, sognante, che spazia da melodiche e rilassanti vocalità tanto care a Crosby, Stills & Nash, a soffuse e vaghe punte di jazz.

 

Toninho Horta, “Toninho Horta”, 1981, Emi-Odeon.


Disco d’esordio del chitarrista di Milton Nascimento, nel quale Pat Metheny compare in due brani, “Prato Feito” e “Manoel, O Audaz”, dimostrando di sapersi ben integrare in contesti musicali a lui non ancora abituali. A seguito della permanenza in Brasile prolungata a causa di questa collaborazione, il chitarrista approfondirà l’interesse per la musica brasiliana, rimanendone per sempre affascinato.

 

The Ross-Levine Band, “That Summer Something”, 1981, Headfirst.


Collaborazione che si limita al brano che dà il titolo all’album, un’orecchiabile ed accattivante fusion. Insieme a Metheny suonano Billy Ross (sassofoni), Mike Levine (tastiere), Peter Harris (chitarra), Jeff Carswell (basso), Steve Rucker (batteria), e Cookie Lopez (percussioni).

 

Celia Vaz, “Mutâçao”, 1981, Philips.


Conosciuta grazie a Ricardo Silveria (con il quale nascerà una collaborazione nel 1988 che sfocierà nell’album “Long Distance”) durante la permanenza di pat in Brasile che frutterà la collaborazione con Tonitnho Horta, la Vaz ha la fortuna di veder suonare Pat nel brano “Mutâçao”. All’artista era dedicato il brano “Prato Feito” scritto da Toninho Horta e Ronaldo Bastos (vedere la recensione dell’album omonimo di Toninho Horta, del 1981).

 

Bob Moses, When Elephant Dream Music, 1982, Gramavision.


Questo lavoro, dalla musicalità complessa e a tratti ostica, va citato solo per dovere di maniacale completezza: pat metheny, infatti, si limita al ruolo di co-produttore, insieme allo stesso Moses che invece affida le chitarre a Bill Frisell. Gli altri musicisti sono david Friedman, Nana Vasconcelos, Steve Swallow e Lyle Mays.

 

Original Soundtrack Theme, Under Fire, 1983, Warner Bros.


Particolare e apprezzata collaborazione di Pat Metheny con Jerry Goldsmith. Gli assolo evocativi del chitarrista ben si sposano con le musiche sinfoniche che si evidenziano per i ritmi incalzanti, composte e dirette da Gooldsmith. Metheny rimarrà fortemente influenzato dalle esperienze orchestrali e delle musiche da film, tanto che in futuro deciderà di confrontarsi nuovamente con ambedue.

 

David Bowie, Tonight, 1984, Emi.


L’album si segnala per la presenza del brano This Is Not America, che uscirà un anno anche nell'album The Falcon And The Snowman del Pat Metheny Group. Nell’album, oltre al group che suona solo in quel brano, sono presenti Tina Turner, Iggy Pop, Carlos Diomar e Omar Akim. Tra gli altri brani famosi vanno ricordati gli indimenticabili Absolute Beginners e Blue Jean.

 

Pedro Aznar, Contemplation, 1984, Emi.


Particolare artista argentino che propone una musicalità sapientemente in bilico tra un elegante pop ed il jazz americo-latino tanto caro alle produzioni fine anni ’80 dello stesso Group. Stona, purtroppo, l’uso di percussioni elettroniche e programmate. Pat Metheny e Danny Gottlieb suonano in due brani: “Verano De Nueva Inglaterra” e “23” (soltanto secondo appare anche Lyle Mays. Inutile dire che ambedue i pezzi suonano fortemente Methenyani. L’artista collaborerà con il Group, influenzandone non poco le sonorità, in “First Circle” dello stesso anno, in “Letter From Home” del 1989 e in “The Road To You” del 1993. Sull’album suonano anche Osvaldo Fattoruso e Pomo.

 

Michael Brecker, Michael Brecker, 1986, Mca/Impulse.


Seconda delle tre collaborazioni con Michael Brecker: nel 1980, infatti, i due avevano già collaborato in “80/81” (lavoro qui evocato massicciamente), insieme a Haden, Dejohnette e Redman mentre nel 1997 Metheny suonerà nell’album “Tales From The Hudson” di Brecker (i due, comunque si reincontreranno come ospiti in “Moonstone” di Horta e in “Wilderness” di Tony Williams). Metheny suona in tutti i brani insieme a Charlie Haden, Jack Dejohnette e Kenny Kirkland. Due brani sono dello stesso Brecker, uno di Stern, due di Grolnick, uno di tutti e tre, e una bonus track (presente, peraltro, soltanto nella versione in cd) a firma di di Wood e Mellin.

 

Mike Metheny, Day In – Night Out, 1986, Impulse.


Secondo album per il fratello di Pat Metheny, Mike, apprezzato filicornista del circuito jazz. Sul disco, oltre allo stesso chitarrista, che a tutt’oggi ha collaborato con il fratello solo in quest’album, sono presenti anche Dick Odgren al piano e alle tastiere, Rufud Reid alla batteria, Tommy Ruskin alla batteria (con quest’ultimo Pat aveva suonato nel 1970, nel gruppo di John Elliot). Il disco si evidenzia per la presenza di una versione particolarmente riuscita di Segment, di Charlie Parker, e del brano Lakeview Ballad, composto da Mike e dedicato alla via Lee’s Summit, dove la famiglia Metheny visse per oltre 25 anni.

 

Milton Nascimento, Encontros E Despedidas, 1985, Polydor.


La prima delle due collaborazioni col brasiliano Nascimento, che dal 1981, insieme ad altri artisti brasiliani, sarà uno dei punti di riferimento del Group. L’apporto di Pat si limita a solo “Vidro e Corte”, brano lento e cadenzato scritto dallo stesso Nascimento, che si contrappone, a causa delle ambientazioni soffuse, alla vivacità dell’intero album, talvolta pericolosamente vicina al pop. Presenti, tra gli innumerevoli ospiti, anche Ricardo Silveira e Robertino Silva.

 

Bob Moses, The Story Of Moses, 1987, Gramavision.

Di chiara ispirazione biblica, questo album vede la partecipazione di Metheny in soli due brani: “Overture: Go Down Moses” e “Song Of Moses”. Il chitarrista si dichiara molto soddisfatto della partecipazione e indica Moses come uno degli artisti che maggiormente lo hanno influenzato ed ispirato.

 

Ricardo Silveira, Long Distance, 1988, Verve/Forecast.


Altro artista brasiliano che richiede la presenza di Pat, ormai quasi completamente affascinato dalle sonorità colte del sudamerica, nel brano “Terra Azul”, scritto da entrambi. Il resto dell’album - che vede la partecipazione, fra gli altri, di Armando Marçal, dall’1987 al 1989 nel Group - suona estremamente godibile e gioioso, più vicino alla fusion che alle sonorità brasiliane.

 

Leila Pinheiro, Olho Nu, 1989, Polygram.


Album ricco di collaborazioni per la vocalista brailiana Leila Pinheiro che si fa accompagnare da Wilson Jorge Nunes alle tastiere, Jamil Joanes al basso, Ricardo Silveira alle chitarre, Pat Metheny alle chitarre, Teo Lima alla batteria, Chacal alle percussioni.

 

Tulio Mourao, Teia De Renda (ep), 1989, Visom Digital.

 

Pat Metheny compare nl brano “Depois Da Paixão”. Gli altri musicisti coinvolti sono Tulio Mourao (keyboards), Joao Batista (bass), Robertinho Silva (drums).

 

Steve Reich, Different Trains, 1989, Wea.


Uscito con il titolo “Steve Reich/Different Trains - Kronos Quartet/Electrick Counterpoint - Pat Metheny”, vede il Kronos Quartet impegnato su un lato del disco e Pat Metheny sull'altro. In realtà, è un album accreditato al solo Steve Reich, qui autore, assieme al Kronos Quartet, di musiche e ambientazioni tipicamente avanguardistiche.

 

Toninho Horta, Moonstone, 1989, Polygram.


Seconda collaborazione, a distanza di otto anni dalla prima, tra Horta e Metheny. L'americano è presente all'acustica nel brano che dà il titolo all'opera. Decisamente superiore all’omonimo dell’81, l’album ricalca le atmosfere soffuse e delicate tanto care a Milton Nascimento (con il quale, del resto, Horta ha collaborato per anni), e si segnala per la presenza di alti jazzisti americani: Randy Brecker nonché (componenti o ex del group) Steve Robdy, Armando Marçal, Mark Egan, Danny Gottlieb, Nana Vasconcelos.

 

Akiko Yano, Welcome Back, 1989, Midi.


Album registrato a New York nel novembre del 1988 con la seguente formazione: Akiko Yano (vocals, piano), Peter Erskine (drums, percussions), Chalie Haden (bass). Metheny vi suona in due brani: “it's For You Watching You” e “how Beautiful”.

 

Jack Dejohnette, Parallel Realities, 1990, Mca Records.


Bellissima opera che prosegue la collaborazione professionale di questo grande batterista con Pat Metheny ed Herbie Hancock, inaugurata con l’album “80/81”. Sette brani (tre di Metheny, tre di Dejohnette ed uno composto in coppia), di jazz non sempre tradizionale, con punte di new age e fugaci sperimentazioni.

 

Silje Nergaard, Tell Me Where You're Going, 1990, Lifetime Emi.


Elegante cantante norvegese dedita ad un pop raffinato con vaghe punte di jazz. Alla fomazion composta da Silje Nergaard alla voce, Nils E.Vinjor e Knut Reiersrud alle chitarre, Reidar Skar alle tastiere, Neal Wilkinson alla batteria, Audun Erlien al basso e Armando Marcal alle percussioni si aggiunge Metheny nel solo brano che fornisce il titolo all'album.

 

Gary Burton, Reunion, 1990, Grp.


Album di ritrovo che vede la presenza di Pat Metheny, Mitch Forman, Will Lee e Peter Erskine. Metheny vi compare, oltre che come esecutore, anche come autore di tre brani. Un buon album di jazz, sicuramente diverso, per impostazione e sonorità, dalla trilogia alla quale aveva partecipato il chitarrista agli inizi degli anni ’70, più indirizzata verso ambientazioni vagamente new age. La sua presenza, comunque, è decisamente più incisiva che in quella dei lavori citati e non soltanto nei tre brani da lui composti.

 

Akiko Yano, Love Life, 1991, Epic.


Seconda collaborazione con l’artista giapponese, per un gradevole album pop: la particolarissima voce femminile appare spesso soffice e delicata, talvolta leggermente tediosa. Oltre a Metheny, che suona le chitarre in tre brani, “good girl”, “lots of love”, “love life”, tra gli ospiti compare anche Charlie Haden al basso.

 

Gary Thomas, Till We Have Faces, 1992, Jmt.


Complesso album del sassofonista Gary Thomas, sempre al tenore e in un’occasione al soprano, che richiama alcune sonorità tipiche di un Coltrane del periodo pre-free, talvolta impreziosite da modernismi mai fuori luogo. Oltre a Metheny, che vi suona in sette degli otto brani, compaiono Tim Murphy al piano, Ed Howard e Anthony Cox al basso, Terri Lyne Carrington alla batteria, Steve Moss alle percussioni.

 

Original Soundtrack Theme, Toys, 1992, Geffen.


Colonna sonora del film Toys con il compianto Robin Williams. Pat Metheny appare nel brano “Let Joy And Innocens Prevail” scritto dalla coppia Hans Zimmer/Trevor Horn e prodotto da quest’ultimo (noto produttore, già con i Buggles e gli Yes) e dallo stesso Metheny. Il brano non stonerebbe affatto nella produzione methenyana più efficace. Nell’album anche Tori Amos, Grace Jones, Enya, Franke Goes To Hollywood, con brani vecchi e nuovi.

 

Paul Wertico, The Yin And The Yout, 1992, Canyon International.


L’ex batterista del Pat Methny Group, per il suo primo album solista molto eterogeno, con qualche predominanza di fusion, riunisce un cast d’eccezione chiamando a sé Dave Liebman, Dave Holland, Mino Cilenu, Victor Bailey e Yu Gno Whu ovvero Pat Metheny, qui celato per la prima e forse unica volta dietro uno pseudonimo. Il nostro appare naturalmente alle chitarre e, soltanto nel brano “Don’t Look Back”, scritto dallo stesso Wertico.

 

Joshua Redman, Wish, 1993, Warner Bros.


Album pesantemente (e meraviglioamente) ancorato al suono del Coltrane più ispirato. Pat Metheny, che vi compare insieme al bassita Charlie Haden e al batterista Billy Higgins, si concede periodicamente queste “sortite” di jazz tradizionale con risultati eccellenti. Due brani sono di Pat Metheny, uno di Charlie Haden (più di dodici minuti registrati dal vivo a New York), tre dello stesso Redman. LA tracklist è completata da cover di Steve Wonder, Ornette Coleman, Eric Clapton, Charlie Parker.

 

Bruce Hornsby, Harbor Lights, 1993, Bmg.


Ottimo pianista, Bruce Horsby ci regala un album di elegante pop con qualche sporadica sfumatura jazz su ritmi funkeggianti. Metheny vi compare come chitarrista solista in quattro brani. Tra gli altri ospiti illustri anche Phil Collins (in un pezzo addirittura insieme a Metheny) alle percussioni e alle background vocals.

 

Various Artists, Stone Free: A Tribute To Jimi Hendrix, 1993, Reprise Records.


Tributo ad Hendrix da parte di artisti di differente estrazione musicale. Pat interpreta il brano “Third Stone From The Sun”, originariamente presente su “Are You Experienced?” del 1967. Oltre, naturalmente, alla chitarra, suona il basso, le tastiere, il Drum Loops, il Programming e il Synclavier. Sul brano suonano anche Jack Dehonette all’additional drums (ma solo nella seconda parte del pezzo), Jaco Pastorius e Mattews Garrison al basso. Il brano poteva rappresentare un’ottima occasione per arricchire il cd di una bella ed accattivante interpretazione jazz, unico genere musicale assente nell’album. La rivisitazione, invece, sebbene molto particolareggiata, risente del freddo drum programming che fa accostare il pezzo a qualcosa di vagamente funkeggiante adatto a vocalità rappeggianti (?). La stessa chitarra di Pat, nient’affatto in evidenza, sembra relegata ad un ruolo di mero contorno e di margine, risultando, forse, troppo asettica e distaccata. Fortunatamente, ad alzare la media, c’è lo splendido final wamp dell’impeccabile Jack Dejohnette. Valido il discorso di personalizzazione dei brani sviluppato da Body Count, The Cure, Nigel Kennedy, P.M. Dawn e Pretenders che ci regalano inedite e belle versioni di grandi classici come Hey Joe, Purple Haze, Fire, You Got Me Floatin’, Bold As Love. Molto fedeli agli originali le interpretazioni degli altri artisti (Eric Clapton, Spin Doctors, Buddy Guy, Jeff Beck/Seal, Slash, Paul Rodgers, Buddy Miles e Billy Cox della Band Of Gypsys, Belly, Living Colour, M.A.C.C., Buddy Guy).

 

Trilok Gurtu, Crazy Saints, 1993, Cmp Records.


Un album stupendamente eterogeneo nel quale vengono miscelate, senza storpiarne la differente natura, svariate culture musicali: si passa indistintamente da atmosfere soffuse a ritmi serrati, dal jazz tradizionale ad ambientazioni tipicamente indiane, il tutto condito dalle stupende percussioni di Trilock Gurtu, dagli atipici interventi al sax e al clarinetto di Louis Sclavis e dalla voce affascinante di Shoba Gurtu. Sull’album suonano anche Marc Bertaux al basso, Ernst Reijseger al cello, Daniel Goyone al piano e Joe Zawinul alle tastiere. Due brani sono proprio di quest’ultimo, il resto dello stesso Gurtu, da solo o in coppia con Goyone. Il chitarrista americano suona in soli due stupendi brani, gli unici con interventi per chitarra, “manini” e “crazy saints”.

 

David Bowie, The Single Collection, 1993 Emi.


Doppia raccolta di singoli per il Duca Bianco, che ripercorre l’intera carriera, da “space oddity” ad “absolute beginners”. Il Pat Metheny Group vi compare con l’elegante e raffinato compromesso tra pop e jazz, This Is Not America, già presente nel loro album “The Falcon And The Snowman” e in “Tonight” dell'inglese.

 

Various Artits, Carnegie Hall Salute The Jazz Masters, 1994, Verve.


Album ricco di presenze che documenta un concerto del 1994, registrato al Carnegie Hall, New York. Pat Metheny vi compare nei brani “the eternal triangle” assieme a Roy Hargrove, Jackie Mclean, Stephen Scott, Christian Mcbridge, Al Foster e “How Insensitive” in coppia con Jobim (il brano appare anche nel triplo cd “Man From Ipanema” di quest'ultimo Jobim con il titolo “Insensatez”).

 

Roy Haynes, Te Vou!, 1994, Disques Dreyfus.


Ci sarebbe poco da dire su questo imponente lavoro del più classico jazz. L’album è veramente bello e Pat Metheny vi compare anche come compositore di tre memorabili brani (di uno è coautore insieme a Lyle Mays). Gli altri musicisti sono il bassista Christian Mcbride, il sassofonista Donald Harrison e il pianista David Kikoski.

 

Noa, Noa, 1994, Geffen.


Anche quest’album, come “When Elephant Dream Music” di Bob Moses, va citato solo per dovere di curiosità: Metheny, infatti, lo produce, in coppia con Steve Robdy e vi compare solo come background vocalist. L’album, però, ospita artisti che gravitano, hanno gravitato o graviteranno nel circuito methenyano: Lyle Mays, Steve Robdy, Luis Conte, Dan Gottlieb, Armando Marçal, Luis Conte. In effetti, buona parte delle ambientazioni, nonostante nessuno dei suddetti artisti, nè tantomeno lo stesso Metheny, sia autore o coautore dei brani, cita percorsi già esplorati dal Group, facendo pensare che la cantante si sia limitata a ricercare solo le melodie vocali, lasciando lo sviluppo delle atmosfere, dei crescendo e dei fraseggi a ben altre teste. Non a caso, l’album successivo dell’artista, prodotto da Rupert Hine, suonerà in maniera completamente diversa.

 

Milton Nascimento, Angelus, 1994, Warner Bros.


Anche il brasiliano Milton Nascimento, cede alla tentazione delle collaborazioni blasonate e arricchisce “Angelus” di presenze di prim’ordine. A parte Metheny, che compare in tre pezzi (pezzi che piaceranno a coloro che amano il periodo di “Letter From Home”), sono presenti jazzisti del calibro di Jack Dejohnette, Nana Vasconcelos e Herbie Hancock. Presente anche James Taylor, nonché artisti prog come Jon Anderson (alcuni suoi lavori da solista strizzano decisamente l’occhio ad atmosfere brasiliane e latino americane) e Peter Gabriel (da sempre attento, con la sua Real World, alle realtà musicali di altre etnie). Tutti gli artisti, jazz o prog che siano, sono perfettamente integrati in questo eterogeneo contesto, nel quale primeggiano situazioni calme e soffuse. Sebbene i pezzi del solo Nascimento, accusino forse una lentezza eccessiva, si tratta comunque di un cd di elevatissimo spessore.

 

Bruce Hornsby, Hot House, 1995, Bmg.


Ancora un album di questo pianista pop che non disdegna puntatine nel jazz e nella fusion. Egli ripercorre le orme del precedente “harbor lights” del 1993 e chiama Metheny solo come esecutore in cinque brani (in uno suona il sithar). Tra gli altri ospiti, Chaka Khan, Jimmy Haslip, Jerry Garcia, Randy Jacobs.

 

Antonio Carlos Jobim, Man From Ipanema, Verve, 1995.


Bellissimo triplo cd, pieno zeppo di ospiti di rilievo della scena colta brasiliana, nonché del mondo jazz, ivi compreso, naturalmente, Pat Metheny, così ricettivo alla cultura musicale brasiliana, che suona nel brano “Insensatez”, registrato dal vivo alla Carnegie Hall di New York nel 1994. Il brano è già apparso nel cd Carnegie Hall Salute The Jazz Masters della verve con il titolo How Insensitive.

 

Abbey Lincoln, A Turtle’s Dream, 1995, Verve.


Altro capolavoro molto classico. Stupenda la voce, per niente limpida e cristallina, della Lincoln, autrice tra l’altro di buona parte dei pezzi. Metheny suona solo su quattro pezzi: superflue le note nel segnalarlo. Presenti su tutto l’album Charlie Haden e Christian Mcbridge al basso (il secondo soltanto su due pezzi), Victor Lewis alla batteria e Rodney Kendrick al piano.

 

Kenny Garret, Pursuance: The Music Of John Coltrane, 1996, Warner Bros.


Tributo a Coltrane per Kenny Garret (sassofonista da non confondere con il più easy Kenny “G”), che per l’occasione si avvale dell’aiuto di un Metheny sempre più avido di nuove collaborazioni ed esperienze. Tutti i pezzi sono di Coltrane tranne “Latifa”, del duo Garrett/Metheny, brano che si discosta notevolmente dai canoni coltraniani. Molto jazz, genuino, a volte un po’ estremo, tendenzialmente molto fedele agli originali, sicuramente indirizzato ad un pubblico già rodato. Gli altri due musicisti sono Brian Blade alla batteria e Rodney Whitaker al basso.


Tony Williams, Wilderness. 1996, W Ark21.


Ospiti di lusso in questo album dell’ex batterista di Miles Davis (purtroppo scomparso poco prima della pubblicazione del disco): Metheny alla chitarra, Michael Brecker al sax, Stanley Clarke al basso, Herbie Hancok al piano. Un album eterogeneo nel quale si alternano momenti di jazz tradizionale a percorsi musicali leggermente più sperimentali o avanguardistici. C’è anche un brano di musica classica suonato da un’orchestra. Treici brani in tutto: sette di Williams, tre di John Van Tongeren, e uno a testa rispettivamente per Metheny (The Night You Were Born), Lyle Workman e Stanley Clarke.

 

David Liebman, The Elements Water Giver Of Life, 1997, Arkadia.


David Liebman suona flauto e sassofono, tenore e contralto, con un organico composto, oltre che da Metheny alle chitarre, da Cecil Mcbee al basso e Billy Hart alla batteria. Un’ora di musica, suddivisa in 11 brani, non sempre facili e ben digeribili. Per un platea già rodata.

 

Akiko Yano, Oui Oui, 1997, Epic.


Altra collaborazione con l’artista Akiko Yano insieme a Steve Ferrone alla batteria, Will Lee al basso, Don Alias alle percussioni, Jeff Bova al programming, Kasim Sulton, Eric Troyer e Rory Dadd alla voce. I brani su cui Pat Metheny suona sono “I'm So Lonesome I Could Cry” e “Brooklyn Bridge”.

 

Michael Brecker, Tales From The Hudson, 1997, Impulse.


Terza collaborazione di Metheny con il celebre sassofonista. Ospiti di lusso anche in questo lavoro: Jack Dejohnette alla batteria, Dave Holland al basso, Joey Calderazzo al piano e, solo in due pezzi, Mccoy Tyner al piano e Don Alias alle percussioni. Un album estremamente classico, dal suono fortemente coltraniano, strutturato su nove pezzi di cui ben sei dello stesso Brecker e rispettivamente uno a testa di Joey Caderazzo, Don Groinick e Pat Metheny (“Song For Bilbao”, già presente sul doppio “Travels”, primo live del Pat Metheny Group).

 

Mark Ledford, Miles 2 Go, 1997, Verve Forecast.


Particolare album tributo a Miles Davis, da parte di un artista che sarebbe sbagliato assimilare al circuito jazz. I brani si presentano in uno stile radicalmente stravolto, nel quale predominano ritmi decisamente funky e addirittura dance, realizzati il più delle volte con una drum machine programmata dallo stesso Ledford. Ciò nonostante, il trombettista, pur stravolgendo l’arrangiamento dei pezzi, palesa una discreta tecnica alla tromba, in uno stile che ricorda il Davis dell’ultimo periodo. Pat suona nel brano “Summertine” assieme a Mark Ledford, Victor Le Comer, Jeff Haynes.

 

Jim Hall, By Arrangement, 1998, Telarc.


Godibile e particolare album che anticipa di un anno la collaborazione di Hall e Metheny nell’album acustico che porterà il loro nome. Pat è presente alle chitarre acustiche nel brano “Django”, di “John Lewis”, di impostazione classica, che si segnala per un’atipica introduzione a marcetta. Con lui sono, Jim Hall ancora alla chitarra classica assieme a Scott Colley e Terry Clarke rispettivamente al basso e alla batteria. Gli altri ospiti sono Joe Lovano, Tom Harrell e Greg Osby.

 

Cassandra Wilson, Traveling Miles, 1998, Telarc.


Ancora un album tributo a Miles Davis ove però i brani non vengono spersonalizzati come nel caso di Ledford. La brava artista di colore scrive i testi di buona parte delle canzoni tributate. Presente anche “Time After Time” che Davis aveva coverizzato nelle sue ultime performance dal vivo. “Piper”, “Traveling Miles” E “When The Sun Goes Down” sono scritte dalla stessa Wilson. Pat compare con un performance alla chitarra classica nel brano “Sky And Sea (blue In Green)”, assieme a Dave Holland al basso, Kevin Breit alla chitarra acustica, Jeffrey Haynes alle percussioni e Eric Lewis al piano.

 

 

Altri lavori

Opere in cui suona (o dovrebbe suonare Pat Metheny) sono di seguito indicati, limitatamente alle informazioni di base.

A Big Hand For Hanshin, The Rainbow Colored Lotus, Intnt'l Musicians' Fund, 1995;




Various Artists, (altra fonte: Various Artists/Pat Metheny Group), Ndr Jazz Workshop, 1979;



Various Artists, Cafe Del Mar Ibiza Vol 3, React, 1999;



Various Artists, Guitar Fire!, 1993;



Various Artists, Playboy's 40th Anniversary Four Decades Of Jazz, 4 cd, Polygram Records, 1993;



Various Artists, Wave Aid 3, Amfar, 199?;



Various Artists, Wave Aid 7, KTWV, 1995;



Robert Klein, Robert Klein Radio Show, 1981;



Tulio Mourao/Naonato Luiz, Carioca, Caju Music, 1991;



Charlie Haden, Nocturne, Verve/Universal, 2001.

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