“The sky was all purple there were people running everywhere” recitano alcuni versi che compongono il quinto album di Prince. Potrebbe sembrare un testo estratto dal disco Purple Rain, nonché colonna sonora dell’omonimo film (il disco è recensito qui), ma si tratta invece della traccia di apertura dell’album 1999. Pubblicato nel 1982 come doppio LP, 1999 è di fatto la fatica discografica che ha portato alla ribalta l’artista di Minneapolis e che forse lo rappresenta al meglio nelle sue molteplici sfaccettature. Interamente dotato di un package in tinta violacea, o meglio porpora (colore evidentemente molto amato da Prince), l’album si presenta con una copertina, artigianalmente disegnata presumibilmente da egli stesso, nella quale fanno capolino alcune figure che riproducono esplicitamente organi sessuali di vario genere, oltre ad una serie di simboli che verranno poi riproposti a più riprese dal musicista nella sua futura carriera ed indissolubilmente legati alla sua immagine. Altrettanto in tema sono i testi degli undici brani che compongono l’opera: trasgressivi, ambigui, provocatori, licenziosi. Testi peraltro riportati nelle pagine interne della confezione, adottando, per ogni parola, una successione discontinua di stili diversi di scrittura. Nei suddetti aggettivi può peraltro riassumersi l’intera carriera dell’estroso, geniale e controverso musicista. Noto al secolo come Prince Roger Nelson, il musicista ha infatti sempre esaltato la sua incontenibile ambiguità: dotato di una timbrica vocale androgina e di movenze effeminate, eppure sempre circondato da donne bellissime. Votato ossessivamente al sesso nelle sue più provocatorie varianti, tanto da riproporre spesso nelle sue incisioni amplessi o comunque liriche e suoni riconducibili ad atti sessuali di varia natura, come ad esempio in “Lady cab driver” dove la musica viene accompagnata in sottofondo da un vero e proprio rapporto intimo completo. Paragonabile ad un vulcano in eruzione per la sua verve compositiva, Prince si è sempre inoltre contraddistinto per essere l’unico e solo esecutore delle sue musiche, a meno di sporadici e contenuti contributi di altri artisti, i quali hanno inoltre potuto beneficiare del suo appoggio per promuovere progetti solisti, come Wendy & Lisa, Bangles, Sheila E, Time e tanti altri. Artisti questi che sono stati inoltre spesso omaggiati dal loro beniamino, come membri delle pseudo-formazioni di accompagnamento ai suoi album e nel caso specifico, per la prima volta infatti, il nome Prince viene affiancato a '….and the revolution' (scritto capovolto nel corpo della “I” in copertina), per poi, molti anni e avvicendamenti dopo, mutare in 'New power generation'. Ottimo e poliedrico musicista quindi, capace di destreggiarsi ai vari strumenti con una padronanza difficilmente riscontrabile in una sola persona, ed in grado di inserire nelle proprie composizioni elementi provenienti dai generi più disparati. Sia chiaro che la sua musica è fondamentalmente funky-pop ed in tale chiave va letta. Potrebbero infatti restare delusi tutti coloro che avendo sentito parlare di rock, groove, jazz o fusion nella musica di Prince, non troveranno mai nella sua produzione brani interamente riconducibili a tali stili. Eppure in tutta la sua musica sono presenti chitarre rock, come ad esempio nei bellissimi assoli in “Lady cab driver” o “Little red corvette”, o atmosfere pianistiche jazz-fusion come per “International Lover”. È comunque tanta e tale la varietà musicale proposta dal nostro, che giudicarlo sulla base di un solo album sarebbe quanto mai riduttivo. Nessuno potrebbe comunque vantare nella propria produzione, una spasmodica ricerca musicale al pari di Prince: in ogni sua singola incisione, ogni brano è dotato di una propria peculiare sonorità, acustica o meno che sia, e l’utilizzo dell’elettronica viene sempre affiancato alla manualità dell’esecutore. Questo è l'album nel quale la musica pop diventa un’arte e dove l’elettronica si pone al servizio del musicista e non viceversa. |
Prince: All instruments and voices |