La data romana del tour “Camminando Camminando 2017” di Angelo Branduardi – presso la sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica – è contraddistinta da un afflusso di pubblico che garantisce quasi il sold out. Sul palco, in primo piano, aspettano pazientemente di essere suonati un violino, tre chitarre e un piano elettrico. Si abbassano le luci e due figure si apprestano a raggiungere i numerosi astanti: Il Menestrello dalla folta chioma, Angelo Branduardi, e il suo fedele e storico amico di avventure musicali, Maurizio Fabrizio.
Si presenta come solo uno storico e cantautore sa fare: intona “Polorum regina”, danza medievale proveniente dal “Llibre Vermell de Montserrat”. Così si apre l’uscio della porta che ci farà presto entrare nel mondo dell’antico trovatore. La voce, come quella degli anni addietro, e le storie intramontabili che racconta, sembrano non mutare mai. Ogni traccia viene introdotta o seguita da una chiara spiegazione da parte di Branduardi, perché con lui non si ascolta soltanto ma si apprende anche, come fossimo in un'aula universitaria e non in una platea, innanzi ad un palco. L'impressione, in effetti, è proprio quella di assistere non soltanto ad un concerto ma anche ad una breve lezione di storia. Lo spettacolo, diviso in due metà tematiche, la prima introduttiva e storica, la seconda più corposa e cantautorale, sottolinea il tema del meno c’è, più c’è, ultimamente molto caro all’artista, da egli ostentato con orgoglio. Varcata la soglia del mondo antico di Branduardi, ci si trova nel vivo dell’atmosfera, guidati passo dopo passo verso un percorso di conoscenza. Il cantore inserisce tra un brano e l'altro, momenti di simpatico umorismo che smorzano il contesto impegnato della sala con pillole di curiosità che stuzzicano le menti degli spettatori. Intona “1 Aprile 1965”, brano che trae fonte di ispirazione dall'ultima lettera che Che Guevara scrisse alla famiglia. Per un attimo l’antico si fa più moderno. Nonostante non condivida le ideologie del rivoluzionario cubano, Branduardi racconta di come sia rimasto scosso dai pensieri scritti in quelle pagine per la forte carica emotiva che trasmettono. Un brano che parte dal cuore, dai sentimenti, come tutti quelli che passano dalla mente e poi dalle sue mani. Tra un sorso d’acqua e un altro, il Menestrello, a volte Giullare, a volte Maestro, prosegue con gli altri splendidi brani, tra i quali preme citare quantomeno “La ballata del tempo e dello spazio” scritta a due mani da Maurizio Fabrizio - non soltanto esecutore ma anche affermato compositore - e dal professore di Filosofia dell’Università dell’Aquila, Walter Tortoreto, che ne ha curato il testo.
Gli artisti lasciano il palco tra gli applausi degli spettatori e il concerto sembra finito, quando entrambi tornano ad abbracciare il pubblico per il previsto bis. Branduardi lascia il posto a Fabrizi che intona “I migliori anni”. Ciò fornisce un’idea dell’amicizia che scorre tra i due musicisti: stavolta il cantautore si fa silenzioso, accorto e ad occhi chiusi ascolta l’amico. Va evidenziata la scelta di inserire un brano non in linea con il tema antico delle altre tracce, essendo contraddistinto da connotazioni fortemente pop. Del resto, è impossibile non tributare il collega, visto il suo imponenente curriculum: turnista per molti artisti (tra i quali Fabrizio De André, per il quale incise, assieme allo stesso Branduardi, nell'album "La Buona Novella"), ha firmato decine di pezzi poi entrati nella storia della musica italiana (al riguardo, basti dire che egli è autore o co-autore, tra gli altri, di “Bravi ragazzi”, “Acquarello" e “Almeno tu nell'universo”, cantate rispettivamente da Miguel Bosé, Toquinho e Mia Martini, ed è il quinto autore più presente al Festival di Sanremo con ben 33 canzoni, tra cui i due primi posti di “Storie di tutti i giorni” e “Sarà quel che sarà” rispettivamente di Riccardo Fogli e Tiziana Rivale). Infine, con “Confessioni di un Malandrino” e “La Luna”, il tempo sembra fermarsi: le nostre guide in questo viaggio, Branduardi e Fabrizi, ci annunziano che il concerto è davvero finito con numerosi, profondi inchini e addirittura un saltello da parte del primo dei due, occasionalmente anche Giullare. Sul finire, questo l'unico neo del concerto, appare discutibile la scelta di ripetere un brano già suonato (“La Luna”). Considerato il vasto repertorio discografico di Branduardi, ci saremmo aspettati quantomeno un regalo, uno dei tre pezzi più famosi del violinista, “La pulce d’acqua”, “Alla fiera dell’Est” o “Cogli la prima mela”, ignorati invece dal duo. Vanificate le numerose richieste da parte del pubblico, il viaggio, comunque meraviglioso, si conclude così: due guide esperte ci hanno condotto attraverso i meandri del tempo e per gli spettatori sarà difficile accantonarne il ricordo. Branduardi dal vivo rappresenta l'ennesima esperienza per il cuore e per la mente, tra la conoscenza e il diletto.
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Angelo Branduardi: Voce, chitarra, violino Maurizio Fabrizio: Voce, chitarra, piano
Data: 10/03/2017 Luogo: Roma - Auditorium Parco della Musica Genere: Cantautorato, folk
Setlist: Polorum Regina Cara Nina Now Oh Now I Needs Must Part Damigella Tutta Bella Sì Dolce è il Tormento La Luna La Canzone di Agnus il Vagabondo Il Dono del Cervo 1 Aprile 1965 Gli Alberi sono alti La Favola degli Aironi La Ballata del Tempo dello Spazio Barbry Allen La Rosa di Galilea Sotto il Tiglio Lord Franklin Georgie
Bis: I Migliori Anni Confessioni di un Malandrino La Luna
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