Bologna, 12 Novembre 2015 - Bologna Jazz Festival - Unipol Auditorium Photo courtesy: Vanni Masala
La notte è madre di tutti gli eventi misteriosi, con le sue epifanie visive e sonore che il giorno misconosce. Non è un caso che la musica jazz si tinga idealmente di un blu simile a quello di un cielo notturno, analogo al blu di Prussia, dove il sentimento e la conoscenza fanno da costellazione ad un disegno simbolico che prende forma d'invenzione. Mi piace aprire così questo mio breve commento all'esperienza vissuta in compagnia del "Mark Turner Quartet", visto il 6 novembre presso l'auditorium Unipol. Il gruppo, che fa riferimento ad uno dei più brillanti tenoristi sulla scena internazionale, Mark Turner, assieme ad Avishai Cohen (tromba), Joe Martin (contrabbasso) e a Obed Calvaire (batteria), ha cucito in un'ora e mezza di spettacolo un articolato tessuto sonoro, paragonabile ad un panneggio marezzato cinquecentesco, di quelli in cui lo scintillio della luce vibra a seconda del punto di vista in cui ci si trova. E' così che questa metafora prende forma, nella profusione straordinaria del corpo musicale di cui il quartetto si è fatto testimone, mescolando magnificamente il suono "stellare" della tromba di Cohen, con quello pastoso e poeticissimo di Turner; ancora, i ritmi metamorfici del batterista, con quelli profondi e incalzanti del contrabbasso, per attivare nuovi impasti armonici, che tanto ricordano alcune soluzioni estetiche non distanti da uno specifico filone-sentire letterario, dove la finzione e la realtà diventano un tutt'uno. E' sulle campiture dense dell'album "Lathe of Heaven" che i musicisti hanno intinto i loro strumenti: alcune di struggente lirismo, altre apparentemente più sconnesse, per ricordarci degli spazi vertiginosi di certo bop, che da sempre a New York trovano humus naturale. Al susseguirsi dei brani -si è trattato evidentemente di un unico progetto- ho come avuto la sensazione di essermi allontanato per un'ora e mezza da Bologna; insomma, da quella cultura musicale, squisitamente italiana, che sembra sempre rischiare qualcosa in meno rispetto ad altre realtà, oltre i confini di uno spazio espressivo che sappiamo essere, per sua definizione, straordinariamente infinito.
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Mark Turner: Sax tenore Data: 12/11/2015
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