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Caffè dei treni persi
Reincarnati male

Quanti caffè si ingurgitano per consolarsi da frustrazioni e occasioni mancate? E’ un po’ il senso del nome dei bolognesi Caffè dei Treni Persi che, con il loro secondo album “Reincarnati male”, lasciano la doppia interpretazione del titolo, a seconda di come si sposta l’accento sulla “a” e con l’intento principale di auspicare, a certi personaggi tirannici che regolano la vita lavorativa, di rinascere nelle stesse condizioni di chi lacrima sudore con lena alacre ma con scarse soddisfazioni ricevute. Questi sei onesti artigiani del pentagramma, cercano di rendere difficile la vita agli aguzzini con un disco che ha il sapore innegabile dell’invettiva pura e dura, seppur con strati di necessaria e azzeccata ironia. La formula, proposta dai Treni, sbuffa forte su innovative miscele cantautorali che viaggiano sul binario parallelo di moderato swing e spruzzate prog. A nostro avviso, l’unica incertezza dell’album è la scelta del singolo “Mani in pasta”, molto meno accattivante degli altri pezzi in elenco. Tuttavia, il risultato che ne scaturisce, è di dieci pezzi ben strutturati con testi che parlano di disincanti sociali e dei gridi di rivalsa di personaggi spremuti come limoni. I toni sono all’agro-amaro, seppur dettati dal proposito di esorcizzare la narrazione e auspicare cambi direzionali, propositivi e più edificanti, per chi sputa sangue e si spezza la schiena. Con un’esperienza notevole di Live e rilevanti collaborazioni, la band ci propone un’aneddotica e un’ascolto comunque piacevolissimo. Come detto, l’invettiva è (quasi) onnipresente e “La fabbrica di pneumatici” è un’eloquente portabandiera, rabbiosa e corrosiva, contro le angherie sociali e lavorative. Come pure “Luoghi extracomuni”, che dà l’idea di un illusorio clima più disteso, con annessa una fischiettata su linee swing e finale di caotica intensità.

Si deliziano, inoltre, ricorrenti sorprese compositive. “Shoeshine” e “Gambe tra la coda” sono gradevoli pop scanzonati, con inserti di flauto che mirano a stuzzicare il jazz con andature di contenuta jam-session . A metà strada, arriva “Topinambur”, virtuoso strumentale giocato sulla snellezza di chitarre acustiche. Merita attenzione la notevole rilevanza stilistica di “Scrittori e conigli”, decisamente la perla dell’album, appoggiato su accordi di bossa-nova che si mescolano a meraviglia con archi e fitto flauto, senza disdegnare lodevoli zeppe prog. Non c’è dubbio che il contesto, fin qui proposto dai Treni Persi, si era fatto alquanto acre e, sapientemente, ne hanno consapevolezza. E quindi, scelgono il miglior congedo da offrire con “L’amore del ciclope”, ambientato in clima favolistico, con il flauto che svolazza leggiadro, qua e là, a mò di vispa-Teresa, per stemperare i loro chiari propositi di optare (contro malvagi padroni) per la Legge del taglione: quella dell’occhio per occhio, dente per dente.

 

 

 

Year : 2016

 

Label : Dischi persi

 

Genere: Pop, rock, swing

 

TRACKLIST :

 

1 – La fabbrica di pneumatici

 

2 - Luoghi extracomuni

 

3 – Mani in pasta

 

4 - Shoeshine

 

5 – Gambe tra la coda

 

6 – Topinambur

 

7 - Turista

 

8 - Scrittori e conigli

 

9 – Morti di fama

 

10 – L’amore del ciclope

 

 

 

FORMAZIONE :

 

 

 

Francesco Loro : voce, chitarre

 

Antonio Renna : flauto, ottavino

 

Gabriele Palumbo : violino

 

Giacomo Rubin : chitarre

 

Vincenzo Germano : bassi, tastiere, elettronica

 

Jonathan Sanfilippo : batteria, percussioni

 

 


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