Se a parlare bene di un gruppo è il Signor Walter Eschgfäller - noto non soltanto in qualità di proprietario di uno storico negozio di dischi di Bolzano, ma anche e soprattutto per essere stato il primissimo manager dei mitici Skanners (a lui si deve il contratto pluriennale con la CGD e il muro di amplificatori Marshall alle spalle del gruppo, nelle esibizioni dal vivo) - siate certi che le aspettative non saranno disattese. Visti dal vivo nella citata provincia bilingue, nel corso di un'infuocata e afosa giornata di inizio luglio, proprio su indicazione dell'amico Walter e, curiosamente, di spalla ai citati Skanners (recensione qui), i Bullet Proof sono riusciti a colpire l'attenzione di chi scrive con una formula che, omaggiando la scena thrash degli anni d'oro, volutamente evita di tracciare nuove strade, sublimando, invece, e con caparbia convinzione, quanto in passato seminato dai padrini dello specifico genere. Perfettamente in linea con la lezione impartita dai Megadeth inclusi nel range che separa "So Far, So Good... So What!" da "Youthanasia", questo quartetto italo-sloveno costruisce brani credibilissimi, testimonianza innegabile di talento e passione, palesati tanto in sede compositiva, quanto esecutiva. Ne consegue che i nove brani che compongono l'opera tutta, non solo non appaiono mai scontati, ma mai una volta sono soggetti a facili inciampi e sempre appaiono esenti da ingenuità, cosa piuttosto rara quando si parla di un'opera prima. Ciò vale, incredibilmente, anche quando il gruppo devia un tantino dalla strada maestra, ad esempio con "Instrum", il solo strumentale dell'intera uscita discografica, o "De-Generation", unico ad aprirsi, seppur brevemente, alle suggestioni acustiche di stampo più riflessivo. La validità di una band si misura anche e soprattutto quando essa si cimenta con l'aspirazione da classifica, valutando la sua capacità di rimanere credibile percorrendo sonorità, se non commerciali, quantomeno meno irruente, cosa che avviene in maniera sorprendentemente efficace con il brano "You (Heroine)". Le liriche di condanna nei confronti degli stupefacenti, peraltro, testimoniano anche un'apprezzata capacità di autonomo raziocinio da parte dei componenti, capaci di staccarsi dagli omologati cliché che caratterizzano il genere metal, secondo cui, purtroppo, e troppo spesso, "non è vero rock se non è dissoluto". L'opera - ed eccoci per la seconda volta a tessere la capacità della band di lanciare messaggi caratterizzati da un certo substrato morale - è esaltata da una copertina ed un artwork che condannano i mali del nostro secolo, quali l'inquinamento, il potere mediatico, la massificazione. |
Richard Hupka: chitarra, voce Anno: 2015 |