Persone naturali e strafottenti
Roma, Teatro Vittoria, 14/19 Gen 2020

Pare ormai del tutto riscoperta la validità della rappresentazione teatrale "Persone naturali e strafottenti". Scritta da Giuseppe Patroni Griffi nel 1973 e portata in scena per la prima volta un anno dopo, permane in uno stato di letargo per 29 anni, salvo poi rivivere più volte negli anni 2000.
Erroneamente spacciata per una commedia, presenta in realtà connotazioni assai drammatiche: elementi tragici, segnatamente legati alla solitudine e alla disperazione dei protagonisti (quattro persone che si collocano trasversalmente rispetto alla tradizione popolare partenopea), si alternano a profusioni ilari dovute maggiormente alla stravagante e bizzarra attitudine di almeno due protagonisti.
Narrando di vicende legate alla rassegnazione, allo squallore, al cinismo, la tragicommedia assume connotazioni provocatorie e dissacranti e si caratterizza per un linguaggio piuttosto diretto, a tratti scurrile.
Considero la prima parte molto debole (è una critica rivolta all'autore, non certo agli attori) a causa di una lentezza narrativa legata principalmente alla presenza di dialoghi spezzati che fungono, il più delle volte, quale mero pretesto per lanciare monologhi incentrati su questioni squisitamente esistenziali: Fred è un omosessuale che cerca di affrancarsi dalle omologazioni e dalle paure, Byron è un colto scrittore nero che ha patito molte umiliazioni e che, per questo motivo, è animato da un odio profondo verso i bianchi.
Quando, nella seconda parte dello spettacolo, i quattro protagonisti sono tutti nuovamente sul palco, l'opera prende finalmente vita, con colloqui vivi, frizzanti, animati, tra cinismo e grottesco
E' un'opera difficilissima da portare sul palco, sia a causa dell'anticonfromismo e della trasversalità che la contraddistingue (è spogliata di ogni comune stereotipo), sia per le diversificazioni caratteriali dei protagonisti. 
Byron e Fred (Livio Beshir e Guglielmo Poggi) sono personaggi chiaramente drammatici mentre Violante (Marsa Laurito), una vecchia affittacamere con un passato di serva in un bordello, è una figura contradditoria ma poetica, fragile e forte, cinica e sensibile, appassionata e distaccata al tempo stesso.
Rimane il travestito
Mariacallas, vero protagonista dell'opera, che unisce, alle connotazioni caratteriali degli altri, anche una buona dose di grottesca attitudine: è certamente il personaggio più completo e, per questo motivo, è quello più difficile da interpretare.
Tutto quanto scritto fino ad ora - non me ne vogliano gli altri co-protagonisti - serve a segnalare la superba interpretazione di Giancarlo Nicoletti, estremamente efficace nell'interpretazione della funambolica Mariacallas.
Non amo questi personaggi eccentrici, collocati fuori dall'ordinario, in bilico tra eccesso e bizzarria, ma l'intepretazione eccellente offerta da questo attore mi obbliga a riflettere estasiato: la camaleontica capacità di far uscire il personaggio dalle connotazioni comiche e di farle piombare tout court in un contesto drammatico è a dir poco proverbiale.
Desidero chiudere questa recensione con le parole che la stessa Mariacallas pronuncia a fine spettacolo, mentre guarda allo specchio l'immagine di sé stessa completamente stravolta dai suoi eccessi emotivi e dalle sue verbose profusioni e sommessamente pronuncia: "che spettacolo!".
E' vero: è uno spettacolo ammirare le capacità interpretative di questo attore così incredibilmente efficace nel rappresentare un personaggio teatrale caratterizzato da una tale eccessiva e stratificata personalità.





Teatro Vittoria
dal 14 al 19 Gennaio 2020.

regia di Giancarlo Nicoletti,

interpreti:
Marisa Laurito (Violante)
Giancarlo Nicoletti (Mariacallas)
Livio Beshir (Byron)
Guglielmo Poggi (Fred)


Teatro Vittoria
Roma, piazza Santa Maria Liberatrice


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