E’ il 1985, David Lynch sta per realizzare uno dei suoi più celebri capolavori cinematografici, “Blue Velvet” ed il giovane filmmaker Peter Braatz viene invitato dallo stesso Lynch per documentare la realizzazione di questo noir “multisfaccettato”. Il risultato di questi tre mesi di lavoro sono ore ed ore di footage, interviste e foto che solo in parte sono confluite nel documentario “No Frank In Lumberton” dello stesso Braatz, pubblicato nel 1988 ma con forti limiti di distribuzione. In occasione del trentennale dall’uscita di “Blue Velvet”, Braatz decide di realizzare “Blue Velvet Revisited”, un documentario più completo e approfondito del precedente, con materiale mai visto. La colonna sonora è affidata ai Cult With No Name, duo londinese dedito ad un electro-pop molto raffinato. I due musicisti decidono di coinvolgere i Tuxedomoon, band che da sempre li ha ispirati e con cui hanno già avuto modo di collaborare in precedenza, per creare una soundtrack particolare per un film particolare. Le due band hanno una visione molto simile per quanto riguarda la ricerca sonora e l’electro dei CWNN si sposa perfettamente con la visione “cameristica” dei Tuxedomoon. I sei polistrumentisti creano ambientazioni sonore scure e decadenti, sempre con una certa raffinatezza, non scadendo mai nell’ovvio. Per quanto riguarda l’aspetto ritmico possono contare talvolta su un solido Peter Principle il cui basso sostiene tutta l’architettura in brani come “The Slow Club” o “So Fucking Suave”; altre volte è un synth dal suono grave a fungere da fondamenta per mille evoluzioni sonore (“Do It For Van Gogh” o “Alligator Briefcase” ad esempio). “A Candy Colored Clown” è l’unico episodio musicale sostenuto da una batteria elettronica (per lo più suonata sui piatti) ed è il momento più groovy che riporta alla mente alcune colonne sonore di film fantascientifici. Ospite di questo progetto è John Foxx, vera e propria icona nel panorama di ricerca legato alla New Vawe. Foxx compone ed esegue “Lincoln Street”, un brano in cui la ritmica è totalmente assente per lasciare spazio ad un flusso di suoni, echi ed accordi perfetto per creare una atmosfera sospesa, rarefatta e lugubre. Blue Velvet Revisited si presenta, dunque, come un disco molto coerente al suo interno ed allo stesso tempo molto variegato. Le soluzioni compositive sono le più diverse, gli spunti creativi possono nascere da una cellula ritmica, da un gruppo di note o semplicemente da un determinato suono. Il tutto risulta ben misurato e calibrato con episodi più rarefatti, alternati a tessiture più ricche e momenti cameristici che strizzano l’occhio al minimale e all’ambient. I Cult With No Name sono da anni apprezzati da parte di grandi artisti (basti pensare che all’artwork del loro “Above As Below” ha lavorato tra gli altri lo stesso David Bowie) e con questo disco sicuramente amplieranno ancora di più il loro pubblico. I Tuxedomoon si confermano ancora una volta un gruppo di artisti unici per la loro visione della musica a 360 gradi e per la loro abilità di unire la ricerca sonora ad una notevole efficacia compositiva e di arrangiamento. |
Erik Stein: Tastiere, Synth Anno: 2015 |